Est e sud si disputano i fondi

Mentre Bruxelles prepara un piano d'aiuti per sostenere la transizione in Nord Africa, i paesi dell'est temono che la crescente attenzione per il Mediterraneo possa sottrarre risorse ai programmi per la frontiera orientale.

Pubblicato il 9 Marzo 2011 alle 16:03

Chi ha più diritto di ricevere i fondi europei? I rivoluzionari arabi o i movimenti di opposizione dell'Europa orientale? Il dibattito sta creando una spaccatura tra gli stati meridionali e quelli orientali dell'Unione europea. Nei prossimi giorni i ventisette cercheranno di trovare una soluzione alla disputa.

La recente proposta di sei paesi del sud d'Europa di trasferire agli stati della sponda meridionale del Mediterraneo gli aiuti finanziari previsti per i paesi dell'Europa orientale ha creato scompiglio nelle capitali mitteleuropee. Francia, Spagna, Grecia, Slovenia, Cipro e Malta ritengono che "non sia giustificato" che l'Egitto riceva appena 1,80 euro per abitante e la Tunisia 7 euro dai fondi Ue dedicati al sostegno dei paesi vicini, quando la Moldavia ottiene 25 euro pro capite. Senza contare che le casse destinate agli aiuti al Sud sono quasi vuote.

Gli stati membri meridionali si stanno facendo carico più degli altri del flusso di rifugiati innescato dalle rivoluzioni arabe, e fanno notare insieme ai loro alleati che gli eventi in corso in Nord Africa sono d'importanza capitale per l'Europa. Lo stesso però vale anche per quanto accade oltre le frontiere orientali, replicano i paesi dell'Europa centrale, che contestano le cifre presentate dagli stati del sud.

I paesi mitteleuropei insistono sulla tensione costante rappresentata da diversi "conflitti latenti" sul fronte orientale dell'Europa. In occasione del Global security forum tenutosi a Bratislava all'inizio del mese di marzo è apparso chiaro che tra gli stati membri dell'ex blocco comunista continua a dominare il timore nei confronti della Russia.

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La guerra tra Russia e Georgia scoppiata nel 2008 in Ossezia del sud ha lasciato grossi traumi. "E ora il Karabakh è sul punto di esplodere", ricorda Oksana Antonenko dell'International institute for strategic studies di Londra. Antonenko riscontra nel Caucaso gli stessi segni premonitori presenti all'epoca in Ossezia del sud. In più c'è da considerare che i regimi dell'Asia centrale appaiono particolarmente fragili. "Ci sono grandi segnali di pericolo nella regione, [e la situazione è destinata a peggiorare] soprattutto quando le truppe statunitensi lasceranno l'Afghanistan. Sono molto pessimista", ha dichiarato Antonenko.

In occasione del Forum i ministri degli esteri di Georgia e Moldavia hanno sottolineato i meriti del sostegno europeo alla modernizzazione dei loro paesi. Inoltre il ministro degli esteri ungherese ha lanciato un avvertimento ai suoi omologhi dell'Europa meridionale: "il sostegno al sud non può andare a scapito degli aiuti all'est".

Obiettivi più chiari

Tutto è pronto per il vertice del 10 marzo. Il commissario Stefan Füle, responsabile della politica europea di vicinato, ha cercato di rassicurare i paesi dell'Europa centrale: "Nessuno crede che l'Ue dovrebbe concentrarsi solo sul versante meridionale. Il nostro impegno nell'est rimane inalterato". Il budget attuale non permette di trasferire facilmente i fondi da una destinazione all'altra. "Tuttavia siamo riusciti a trovare 17 milioni di euro supplementari per la Tunisia. Inoltre stiamo studiando un modo per poter utilizzare più efficacemente il fondo da 80 milioni di euro per il periodo 2007-2013. Per quanto riguarda l'Egitto la riflessione è ancora in corso, ma stiamo cercando insieme alle istituzioni monetarie di individuare un approccio nuovo", ha dichiarato Füle.

Attualmente la Politica europea di vicinato non è soltanto alle prese con difficoltà finanziarie, ma è divisa tra due poli caratterizzati da un approccio molto diverso. Nel mondo arabo i regimi sono stati appoggiati e sostenuti per garantire che il petrolio continuasse a scorrere, e coloro che hanno provato a cambiare le cose sono stati tagliati fuori. Nei paesi dell'est la cooperazione è stata stabilita soprattutto con la società civile e l'opposizione politica. Nel frattempo però l'Europa orientale, vista la regressione democratica di paesi come la Bielorussia, somiglia sempre di più agli stati della sponda meridionale del Mediterraneo prima che esplodessero i moti rivoluzionari. Recentemente Füle ha presentato le sue scuse formali per il sostegno ai dittatori.

In futuro bisognerà che le cose cambino. La Politica europea di vicinato è nata per raggiungere un obiettivo. Ma quale? Per ora non è del tutto chiaro, come ha riconosciuto anche Füle. L'adesione all'Ue? L'accesso al mercato europeo? O forse lo scopo è semplicemente quello di assicurarsi che i paesi vicini non rappresentino mai una minaccia per l'Unione europea?

Una cosa è certa, una volta che le valutazioni saranno state fatte i fondi assegnati nel quadro della Politica europea di vicinato dovranno essere distribuiti in modo diverso. "Dobbiamo stabilire obiettivi chiari, come il rispetto dello stato di diritto, la democrazia, buona amministrazione e lotta al terrorismo. Quanto più gli interlocutori si muoveranno in questa direzione, tanto più saranno sostanziosi gli aiuti". Il nuovo slogan della politica europea nei confronti dei paesi vicini sarà: "Dare di più per avere di più". (traduzione di Andrea Sparacino)

Democrazia

Il piano di Bruxelles per il Nordafrica

L'8 marzo il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha presentato "un piano da 6 miliardi di euro per la democratizzazione del Nord Africa", riferisce El País. Bruxelles propone "un approccio democratico" nelle relazioni con i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Secondo il quotidiano spagnolo l'Europa è "moralmente obbligata a espiare" la propria connivenza con i regimi autoritari della regione.

Lo strumento per realizzare le ambizioni europee è l'Associazione per la democrazia e la prosperità condivisa, la cui istituzione sarà discussa l'11 marzo al Consiglio europeo. Il budget previsto di 6 miliardi di euro sarà anticipato dalla Banca europea d'investimento (Bei) e dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Berd), le cui competenze saranno estese al Mediterraneo. "Gli aiuti saranno legati alla costanza dei progressi in materia di diritti umani e democrazia", precisa El País.

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