"Fanfara Kalashnikov" al Festival Orient-Express. © Oliver Paul - Théâtre National de Stuttgart.

Un teatro si aggira per l'Europa

Un treno pieno di attori turchi, romeni, tedeschi, croati, serbi e sloveni attraversa l'Europa. Scopo del progetto, avviato dal Teatro nazionale di Stoccarda, è favorire l'intesa tra i popoli. Un compito per niente facile, constata un giornalista dello Zeit salito a bordo per la tratta Istanbul-Bucarest.

Pubblicato il 22 Luglio 2009 alle 14:26
"Fanfara Kalashnikov" al Festival Orient-Express. © Oliver Paul - Théâtre National de Stuttgart.

Un vecchio cieco è seduto sulla pensilina di una stazione in Romania. Qui l'Orient Express passa ogni giorno a tutta velocità e, ogni giorno, l'uomo lo aspetta. Un giorno sua figlia, impietosita, gli mette davanti una porta arrugginita e gli dice che questa volta il treno si è fermato per farlo salire. Il cieco si aggrappa alla porta, la figlia dirige un ventilatore verso il vecchio, che si immagina in viaggio verso ovest.

Questa scena fa parte dello spettacolo teatrale romeno Occident Express, scritto da Matei Visniec, ed è stata recitata per la prima volta a Bucarest - non in teatro ma in una stazione. Orient Express – un viaggio teatrale attraverso l'Europa è un'idea del teatro nazionale di Stoccarda alla quale partecipano troupe turche, romene, serbe, croate e slovene.

Il treno-teatro viene dalla Turchia, deve attraversare sette frontiere e percorrere 3.900 chilometri. È partito da Ankara a maggio e si è già fermato a Istanbul, Bucarest, Craiova, Timisoara, Novi Sad, Zagabria, Lubiana, Nova Gorica e Friburgo. In ogni paese una troupe locale scende e recita degli spettacoli scritti appositamente per il viaggio. Di recente il treno si è fermato a Stoccarda.

Perché attraversare l'Europa con un treno pieno di attori che si comprendono a malapena? Per cercare di trovare una risposta a questa domanda ho fatto una piccola parte del viaggio sul treno, da Istanbul a Bucarest. Il teatro nazionale di Stoccarda ricorre a ogni sorta di motivo per giustificare la sua idea: incontro tra Oriente e Occidente, terrore e felicità della mobilità, paure e promesse generate dall'allargamento a est dell'Unione europea. E a quanto pare l'idea funziona.

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Ma presto ci si rende conto che sul treno servirebbe qualcuno che parla tutte le lingue o una lingua che possa essere parlata da tutti. Nei casi più difficili solo il carisma e il tabacco si rivelano utili. Fatih, il macchinista turco del treno, che trova una soluzione a ogni problema, conosce due parole di tedesco e tre di inglese ma quando si ferma nelle stazioni straniere è capace di risolvere i problemi tecnici facendo ricorso ad almeno cinque lingue diverse, un insieme di gesti, di esperanto e di molte sigarette.

"Is Ireland sober, is Ireland stiff"

Il treno ha lasciato Istanbul e ci prepariamo a un viaggio di 28 ore verso Bucarest. Alle 11 del mattino uno dei ragazzi della troupe tedesca chiede: "Qualcuno sa come fare per migliorare l'intesa tra i popoli?", "I turchi sono già in cucina", risponde un altro; "e stanno facendo le loro grigliate", aggiunge un terzo.

Bisognerà aspettare la sera per arrivare a una migliore intesa dei popoli tra tedeschi e turchi, e questo non sarebbe mai stato possibile senza l'intervento di uno scozzese neutrale e di una bottiglia di Johnnie Walker ("Is Ireland sober, is Ireland stiff", questa citazione di James Joyce a proposito del suo paese si adatta perfettamente a tutta l'Europa). La serata è stata eccezionale. Un attore del Teatro nazionale turco ha anche suonato delle magnifiche melodie sul suo oud.

In precedenza avevamo atteso otto ore alla frontiera turco-bulgara. A causa del nostro treno ci sono stati momenti di tensione tra il candidato all'adesione all'Ue, la Turchia, e l'ultimo avamposto europeo, la Bulgaria. Il problema era la mancanza di una dichiarazione doganale. La situazione è andata via via peggiorando, fino a quando "Sofia" e "Ankara" hanno finito per risolvere le cose ai più alti livelli.

Ah, l'Europa! Non sappiamo più se stupirci dell'arte dell'organizzazione dimostrata da questo continente grazie a un sistema eccezionale di vie di comunicazione, o della capacità della burocrazia di aggirare con intelligenza questo sistema. Christian Holtzhauer, drammaturgo originario di Stoccarda, dice di aver incontrato la burocrazia più spietata sulle ferrovie italiane. In Italia le ferrovie avevano chiesto 60mila euro più 6mila euro al giorno di tasse di stazionamento. Così il treno ha deciso di evitare il paese.

A Bucarest si recita vicino alla città. "Ai tempi di Ceausescu tutti i romeni sognavano di poter salire su questo treno e di andare a ovest", dice il regista rumeno Alexandru Boureanu, "per questo motivo il nostro spettacolo si chiama Occident Express".

In una scena un croato, un romeno, un bulgaro, un serbo, un bosniaco, un ungherese, un macedone e un albanese sono seduti su una staccionata. Tutti guardano nel vuoto, cioè verso ovest. Poi il bulgaro dice: "Non so come i miei vicini imprecano. Non so come un ucraino, un ungherese, un serbo o un bulgaro impreca. Ma so come impreca un americano". E il serbo aggiunge, "Fuck". "Molte cose ci uniscono", dicono l'albanese, il serbo, il croato, il macedone e il romeno. Poi mettono i loro auricolari e ascoltano musica americana.

All'aeroporto di Bucarest il viaggiatore si rende conto che la nostalgia dei romeni non è poi così irreale: gli americani sono presenti in carne e ossa. Il posto è pieno di soldati americani, indossano mimetiche e fissano con freddezza i passeggeri civili. Chiedo a uno di loro da dove provengono. "Direttamente da casa nostra". E dove vanno? "In Afghanistan". Come ex passeggero del treno-teatro Orient Express vivo questa scena con un sentimento di fastidio. E comincio a pensare che non si dovrebbe prendere l'aereo così spesso, forse sarebbe meglio continuare a spostarsi in treno.

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