I quotidiani italiani saranno anche tra i meno interessati del continente alle vicende europee, ma c'è una passione che può spingerli a superare anche l'inveterata allergia per le polverose scartoffie di Bruxelles: la lamentela. L'ennesimo esempio lo ha fornito la prima tranche delle nomine dei capi delegazione del nuovo Servizio europeo di azione esterna. Su 29 posti in palio, all'Italia ne sono andati due, le rappresentanze in Albania e Uganda.
Troppo poche e troppo magre secondo la nostra stampa, che si è subito scatenata in un unanime piagnisteo per l'orgoglio nazionale ferito. La Repubblica: "Diplomazia Ue, schiaffo all'Italia". Corriere della Sera: "Roma penalizzata", "Così restiamo indietro". Il Sole 24 Ore: "Un altro schiaffo europeo". La Stampa: "A Bruxelles contiamo sempre meno". Persino Il Manifesto: "Figuraccia mondiale su ambasciatori Ue".
E immancabilmente è partita la caccia al colpevole: la concertazione tra i pezzi grossi dell'Unione per escludere l'Italia dalla diplomazia che conta, come nel caso della mancata elezione di Massimo D'Alema alla carica di Alto rappresentante, quell'inetta e antipatica di Catherine Ashton (che a baffino aveva soffiato il posto), il mancato gioco di squadra della politica italiana, le logiche neocolonialiste, le barzellette di Berlusconi. Il Sndmae, sindacato dei diplomatici, ha affermato che gli italiani sono stati penalizzati dal limite d'età eccessivamente basso imposto ai candidati. Per la cronaca, tale limite era di 61 anni.
Si potrebbe aggiungere che è difficile passare all'incasso quando il proprio governo coglie sempre l'occasione di saltare sul carro sbagliato, come ha appena fatto sostenendo la crociata antizingari di Sarkozy, e tira in ballo l'Ue come capro per ogni lagnanza. Ma siamo sicuri che il nostro paese avrà modo di rifarsi al prossimo giro di nomine. D'altra parte c'è ancora da assegnare il posto in Libia, dove nessuno può (né probabilmente vorrebbe) vantare credenziali migliori delle nostre.