Contro Assad, sosteniamo Ankara

Pubblicato il 17 Giugno 2011 alle 14:12

Da quattro mesi un tiranno fa la guerra al suo popolo, a meno di un'ora di volo dall'Ue. Centinaia di civili vengono arrestati, torturati, violentati, assassinati e bombardati dalle truppe del presidente siriano Bashar el Assad, il tutto nell'indifferenza del resto del mondo. L'Europa ha imposto alcune sanzioni – restrizioni degli spostamenti per i leader siriani e sulle vendite di armi, sospensione degli aiuti economici allo sviluppo – senza produrre alcun effetto. Sporadicamente alcuni leader, come David Cameron, hanno preteso dal regime siriano l'interruzione delle violenze, ma non hanno sostenuto le loro richieste con delle vere e proprie minacce. Quanto agli intellettuali, il loro appello all'Ue "affinché cessi il massacro in Siria" al momento non ha avuto lo stesso impatto della mobilitazione per la Libia.

Eppure le premesse per un intervento in Siria esistono, e sono ben maggiori di quelle che hanno portato all'azione in Libia. [Tre mesi fa] la minaccia dell'uso della violenza contro la popolazione della città ribelle di Benghazi era stata sufficiente a convincere l'Onu a dare il via libera all'intervento in Libia. In Siria non si tratta più di difendere la popolazione da un imminente impiego della forza. Qui la forza viene usata già da tempo.

E allora perché l'Unione europea non reagisce con maggiore fermezza? Per l'assenza di immagini in grado di suscitare indignazione e solidarietà, che sono il carburante della reazione? Forse. E allora non è un caso che il paese che con più forza e credibilità pretende la fine delle violenze e l'avvio di riforme democratiche sia la Turchia. È infatti alla frontiera turca che si ammassano le migliaia di rifugiati siriani in fuga dai combattimenti, che portano con se l'orrore di ciò che hanno vissuto. Le loro sono testimonianze rare e preziose, considerando che il regime di Damasco ha impedito l'accesso nel paese alla stampa e agli osservatori indipendenti.

A ogni modo c'è anche la consapevolezza che non abbiamo i mezzi necessari per fare pressione su Assad affinché ponga fine alla repressione (che possa lasciare il potere non è nemmeno da prendere in considerazione). Non esiste un consenso diplomatico (Pechino e Mosca si oppongono a qualsiasi forma di intervento) e non è possibile adottare alcuna risoluzione al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Insomma, uno scenario "libico" non è pensabile . La via delle sanzioni economiche – l'Ue è il primo partner commerciale e il primo erogatore di fondi della Siria – ha mostrato i suoi limiti. Resta la strada della diplomazia. E se l'Ue da sola non sembra all'altezza, allora è chiaro che dovrà sostenere con più convinzione le iniziative di Ankara. Quella con la Turchia è un'alleanza inevitabile, in una regione dove l'Europa non riesce ancora a trovare il suo posto. (traduzione di Andrea Sparacino)

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