Analisi Agricoltura

Chi rappresenta davvero l’onnipotente lobby europea degli agricoltori?

Nonostante sia necessaria una riforma radicale per rendere l’agricoltura europea sostenibile, per l’economia e per l’ambiente, la principale lobby agricola dell’Ue, il Copa-Cogeca, si oppone a qualsiasi politica che possa nuocere gli interessi dei grandi proprietari terrieri. A seguito delle manifestazioni del settore scoppiate in tutto il continente, c’è un elettorato in particolare che i politici conservatori hanno interesse a corteggiare in vista delle elezioni europee: gli agricoltori.

Pubblicato il 14 Febbraio 2024 alle 14:19

Quando il Partito popolare europeo (Ppe), di centrodestra e maggioranza al parlamento europeo, non è riuscito a respingere la legge sul ripristino della natura (Nature restoration law), il gruppo ha citato gli agricoltori e la sicurezza alimentare a motivo della sua opposizione. 

Durante il consueto discorso sullo stato dell’Unione, nel settembre 2023, la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen (Ppe), ha mostrato più volte il suo apprezzamento per chi lavora nel settore agricolo, senza però menzionare la strategia "Farm to fork" (F2F, dal coltivatore al consumatore), la principale iniziativa della Commissione per rendere l’agricoltura più equa e sostenibile. Il Ppe cerca di ergersi a partito degli agricoltori e sembra determinato a opporsi a qualsiasi tentativo di limitare gli impatti negativi dell’agricoltura sugli ecosistemi.

Solo il due per cento degli oltre 400 milioni di aventi diritto al voto nell’Unione, circa 9 milioni di persone, lavorano nel settore agricolo. Per la classe politica, avere il loro voto è fondamentale: da un lato perché gli agricoltori non hanno paura di far sentire la loro voce; dall’altro perché godono di una buona nomea in quanto depositari delle tradizioni rurali e del patrimonio culturale. E, in ultimo, in quanto fornitori del sostentamento quotidiano dei cittadini dell’Ue. Va da sé che un’ampia parte dell'elettorato simpatizzi e si identifichi con loro, rendendoli un potente gruppo elettorale.

Lo stato dell’agricoltura nell’Ue

Non c’è dubbio che gli agricoltori vadano sostenuti: la loro esistenza è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare e il benessere dell’Ue. Purtroppo, l’agricoltura europea non naviga in buone acque: pur essendo la voce di bilancio più importante dell’Ue, con una spesa pubblica annua di decine di miliardi di euro, fra il 2010 e il 2020 si è registrata una perdita di 3 milioni di aziende agricole, 800 al giorno. E, cosa ancora più preoccupante, non c’è un ricambio generazionale: l’età media di un agricoltore europeo è ora di 57 anni. Questi dati risalgono a prima che la guerra tra due superpotenze agricole, la Russia e l’Ucraina, alle porte dell’Europa, esercitasse ulteriori pressioni sui produttori alimentari, che da allora lottano contro il rapido aumento dei prezzi di mangimi, fertilizzanti e pesticidi.

Inoltre, agricoltori e agricoltrici sono stati colpiti duramente negli ultimi due anni: fenomeni estremi come siccità, ondate di calore, inondazioni e incendi hanno danneggiato le aziende agricole e decimato i raccolti di tutt’Europa. La comunità scientifica insiste poi sul fatto che questi fenomeni sono destinati a inasprirsi e rappresenteranno una minaccia per la produzione alimentare. 

Secondo gli esperti è quindi fondamentale che il settore agricolo non solo mitighi il proprio contributo al cambiamento climatico, ma anche che si adatti, in modo da poter sopravvivere alle  catastrofi e alle evoluzioni meno palesi nei cicli di coltura e nelle precipitazioni. Ma la lobby degli agricoltori e la classe politica, che sostengono di avere a cuore la sopravvivenza dell’agricoltura in Europa, sembrano invece intenzionati a opporsi a qualsiasi riforma o cambiamento dello status quo.

Chi rappresenta il Copa-Cogeca?

Questo può essere in parte spiegato dal predominio del Copa-Cogeca, la federazione di sindacati agricoli più longeva, importante e influente d’Europa. Fondata nel 1959, l’organizzazione è sorta con la creazione della Politica agricola comune (Pac) dell’Ue, a sua volta basata sull’ideale postbellico che l’Europa non avrebbe mai più dovuto soffrire la fame. Nati come movimenti separati che rappresentavano l’agricoltura (Copa) e le cooperative (Cogeca), i due si sono fusi all’inizio degli anni Sessanta. Tra i suoi membri figurano molti dei principali sindacati agricoli nazionali dei paesi dell’Ue. 

Nel corso degli anni il Copa-Cogeca si è autoproclamato la voce degli agricoltori e delle cooperative agricole europee a Bruxelles, tanto che sostiene di rappresentare più di 22 milioni di agricoltori e le loro famiglie: secondo i dati della commissione europea, si tratterebbe quindi della totalità del settore agricolo.

Questa affermazione rileva più di un’ambizione che di una descrizione della realtà, come ho scoperto insieme ad altri giornalisti nei mesi dedicati all’inchiesta realizzata in collaborazione con Lighthouse Reports. Le interviste che abbiamo fatto con a quasi 120 agricoltori, fonti interne, politici, universitari e attivisti, e il sondaggio che abbiamo condotto su 50 affiliati del Copa-Cogeca sollevano importanti dubbi sulle dichiarazioni di adesione alla lobby e sulla sua credibilità nella comunità agricola.


“L'agricoltura industriale è una delle principali responsabili della maggior parte delle questioni ecologiche che dobbiamo affrontare. Bisogna cambiare il nostro modo di fare agricoltura.” – Jean Mathieu Thevenot, imprenditore agricolo


Secondo i comunicati stampa e le interviste del Copa-Cogeca stesso, in Romania, il paese europeo con il maggior numero di aziende agricole (quasi 2,9 milioni), sono 3.500 gli agricoltori rappresentati da un’alleanza di quattro sindacati membri dell’organizzazione. 

In Polonia, invece, sono circa 1,3 milioni gli agricoltori formalmente membri del Krir (Consiglio nazionale delle Camere dell’agricoltura), un affiliato del Copa-Cogeca che riceve somme considerevoli dai contribuenti senza però tenere traccia di chi rappresenta, al punto che la Corte dei conti polacca nel 2021 ha concluso che “a causa della mancanza di registri, le Camere dell’agricoltura non hanno il conto di tutti i membri dei quali dovrebbero rappresentare gli interessi”.

In Danimarca l’unico membro del Copa-Cogeca è il Landbrug & Fødevarer (Consiglio dell’alimentazione e dell’agricoltura). I suoi rapporti annuali del 2016 e del 2021 hanno mostrato un’impennata di nuove adesioni pari a 5.000 agricoltori, un aumento curioso che sembra andare contro le tendenze europee e nazionali. Il sindacato non ha voluto fornire una spiegazione esauriente, e la cifra è stata omessa dall’ultimo rapporto annuale. 

La Spagna è probabilmente il paese con i dati più completi tra quelli analizzati e, anche in questo caso, i tre sindacati agricoli membri del Copa-Cogeca rappresentano solo il 40 per cento degli agricoltori del paese.

Potere senza rappresentanza? 

L’“atavica” percezione del Copa-Cogeca come giudice indiscusso di ciò che gli agricoltori europei vogliono e necessitano si basa su dati inaffidabili, non comprovati e poco trasparenti. I piccoli agricoltori, inoltre, non sentono di essere rappresentati a dovere. “Le decisioni passano attraverso i grandi paesi, i grandi agricoltori, i grandi sindacati... Non [c’è] uguaglianza”, ha dichiarato Arūnas Svitojus, presidente del sindacato lituano LR ZUR, a sua volta membro del Copa.

Altri membri passati e attuali, e altre fonti interne hanno affermato che il Copa-Cogeca rappresenta soprattutto gli interessi dei grandi agricoltori industriali e delle cooperative, e non dei piccoli e medi agricoltori che costituiscono la maggior parte dell’agricoltura dell’Unione. 

Secondo Eurostat, dei 9,1 milioni di aziende agricole presenti nell’Ue nel 2020, il 63,8 per cento aveva un’estensione inferiore a 5 ettari e quella di almeno il 75 per cento era inferiore a 10 ettari. Ciononostante, il Copa-Cogeca continua a godere di un rapporto privilegiato con le tre istituzioni al centro della definizione della politica agricola europea: Commissione, Parlamento e Consiglio. In un articolo del 2019 sui sussidi agricoli, il New York Times ha affermato che i leader europei hanno sempre trattato il Copa-Cogeca “non come semplici destinatari di fondi pubblici, ma come collaboratori nella definizione delle politiche”.

Il Copa-Cogeca è infatti l’unico gruppo invitato a incontrare e parlare con il presidente del Consiglio prima di ogni riunione dei ministri dell’agricoltura dell’Unione. L’associazione aveva anche il maggior numero di seggi nei gruppi di dialogo civile che assistono e consigliano la Commissione e, sebbene la struttura dei gruppi sia stata recentemente modificata, altre fonti sostengono che il Copa-Cogeca continui a dominare nei dibattiti. Fonti interne della Commissione hanno anche parlato di “un’intesa reciproca” tra il Copa-Cogeca e la DG Agri, la direzione generale della Commissione che si occupa di agricoltura e sviluppo rurale.  


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Secondo quanto rilevato da Lighthouse Reports, nelle sue e-mail inviate ai membri del parlamento europeo, la lobby fornisce indicazioni chiare su come votare per un determinato atto legislativo e sul tipo di emendamenti da apportare. Un membro del Parlamento ha addirittura ritenuto che il messaggio del Copa-Cogeca sottintendesse una minaccia.

Questo “club esclusivo” composto da potere legislativo, potere esecutivo e gruppi d’interesse di Bruxelles che controllano la politica agricola è stato soprannominato “il triangolo di ferro”: il potere senza rappresentanza può portare a politiche distorte a vantaggio non dei milioni di persone che lavorano nei campi, ma delle poche che si aggirano per i corridoi delle istituzioni.

Nel corso del 2023 il Copa-Cogeca ha sfruttato la sua posizione per opporsi alle riforme ambientali proposte dal Green Deal e dalla strategia "Farm to fork", riuscendo per esempio a sabotare una legge per la riduzione dell’uso di pesticidi, bocciando le iniziative volte a richiedere una riduzione delle emissioni delle colture su larga scala, tentando di far respingere una legge che avrebbe ripristinato gli ecosistemi europei, e ritardando i requisiti per la rotazione delle colture e per il maggese nell’ambito della Pac. 

Il Copa-Cogeca è anche contrario a mettere in luce gli effetti che i sussidi agricoli hanno sull’ambiente e, soprattutto, non intende porre un tetto alla cifra massima che un’azienda agricola può ricevere nell’ambito della Pac, fatto che sinora ha avvantaggiato i grandi proprietari terrieri a scapito dei piccoli e medi agricoltori.

La “piccola” agricoltura

Tutto questo priva dei loro diritti i giovani agricoltori dei quali l’Unione europea ha un disperato bisogno, e perpetua il circolo vizioso che vede il numero di agricoltori che abbandonano la professione superiore a quello di coloro che possono prenderne il posto. Come Tijs Boelens, attivista ed ex assistente sociale, oggi coltiva ortaggi biologici e varietà autoctone di grano e orzo nelle Fiandre: “Noi non siamo affatto presi in considerazione. Non contiamo, perché non abbiamo soldi”, mi ha detto in una chiamata Zoom durante una pausa pomeridiana. È evidente la sua rabbia nei confronti delle politiche regionali, nazionali ed europee, che dice essere principalmente incentrate sull’agricoltura intensiva, industriale e su larga scala.

O come Katja Temnik, ex stella del basket diventata erborista e agricoltrice biodinamica, che durante la conferenza annuale dell’Ue sul futuro dell’agricoltura a Bruxelles ha avvertito i parlamentari, i burocrati, i lobbisti e gli agricoltori riuniti che la crescente enfasi sulla produzione alimentare tecnologica è mal riposta. Temnik ha affermato che i responsabili politici “sono lontani anni luce dalla realtà e dalle necessità […] delle persone che vivono e lavorano con la terra”.

O come David Peacock, fondatore dell’acclamata Erdhof Seewalde, un’azienda agricola mista di 111 ettari nel nord della Germania, che si sente lontano dai grandi sindacati agricoli come il Copa-Cogeca perché “quel che fanno e il modo in cui coltivano sta distruggendo il pianeta”. E aggiunge: “So che è possibile lavorare diversamente. Quindi sono piuttosto critico nei confronti di ciò che stanno facendo e delle organizzazioni dietro a tutto questo”.

O come Jean-Mathieu Thévenot e una persona a lui vicina, due giovani ingegneri che hanno aperto un’azienda agricola nel Paese Basco francese come “scelta politica” per dire che “l’agricoltura industriale è una delle principali responsabili della maggior parte delle questioni ecologiche che dobbiamo affrontare. Bisogna cambiare il nostro modo di fare agricoltura”. E aggiunge: “La maggior parte dei giovani agricoltori che conosco, e con i quali lavoro, prendono risolutamente le distanze dalla visione del Copa-Cogeca, che usa la sua influenza nell’Ue per sostenere lo status quo e l’agricoltura industriale”.

O, ancora, come Bogdan Suliman, un ex operaio romeno che si è dato all’agricoltura per mantenere i genitori e sta tracciando un percorso molto diverso da quello dei suoi vicini più anziani, che gli avevano consigliato di usare il più possibile fertilizzanti e pesticidi. Suliman sta infatti cercando di ricreare un ecosistema sostenibile che non richieda l’uso di prodotti chimici per eliminare i parassiti o aumentare la produttività. “Quello che serve è una mentalità diversa”, dice.

Anche se non tutti gli agricoltori sono entusiasti di cambiare abitudini, molti lo sono, soprattutto se ciò permette di ottenere un guadagno ragionevole, e le ricerche dimostrano che si tratta di una prospettiva realistica. Se si attua la strategia farm to fork con impegno, molti agricoltori avranno da guadagnarci e saranno solo alcuni a rimetterci. Ma questo richiede una serie di misure coraggiose, e rappresentanti degli agricoltori europei altrettanto coraggiosi e lungimiranti.

Ecco perché la mancanza di rappresentanza del Copa-Cogeca e il proporsi del Ppe come “partito degli agricoltori” sono così preoccupanti. Se questi due gruppi, importanti e potenti, continueranno a opporsi a qualsiasi riforma del modo in cui produciamo, consumiamo ed eliminiamo gli alimenti, renderanno un cattivo servizio sia agli agricoltori aperti al cambiamento sia ai consumatori che vogliono potersi permettere del cibo sano che non distrugga il pianeta. 

Il comportamento di chi ha il potere finirà per compromettere l’agricoltura europea e la capacità dell’Ue di nutrire la sua popolazione.

👉L’ articolo originale su Green European Journal
Questo articolo fa parte della serie “Breaking Bread: sistemi alimentari e idrici sotto pressione”. Il progetto è organizzato dal Green European Journal con il supporto di Eurozine e grazie al sostegno finanziario del Parlamento europeo alla Green European Foundation. Il Parlamento europeo non è responsabile del contenuto di questo progetto.

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