Femminicidi, la guerra contre le donne in Europa

Un'indagine transnazionale condotta da diciotto redazioni giornalistiche in altrettanti paesi europei racconta la morte di migliaia di donne in Europa e l’aumento della violenza durante la pandemia di Covid. Più di 6.500 donne sono morte per mano del partner o di un familiare tra il 2011 e il 2021. I dati sul fenomeno sono purtroppo carenti o non coerenti. Inchiesta collaborativa di EDJNet coordinata da MIIR (Grecia).

Pubblicato il 8 Marzo 2023 alle 18:05

“Ogni volta, è come rivivere quello che hai passato tu. È terribile. Penso: ‘Oh, quella povera madre, quel povero padre, cosa stanno passando’”. Per Katerina Koti, madre della trentunenne Dora Zacharia, uccisa dall’ex fidanzato a Rodi, in Grecia, nel settembre del 2021 pochi giorni dopo la fine della loro relazione, ogni nuovo femminicidio è una tragedia che si ripete. Dora è stata l’undicesima vittima del 2021, in un elenco destinato ad allungarsi considerevolmente.

Questa sorta di “epidemia”, donne uccise dai loro partner, attuali o passati, rappresenta l’apice di una tendenza che sembra essersi intensificata durante la pandemia di Covid-19. In Grecia a metà dell’estate scorsa tre donne hanno perso la vita in meno di quarantotto ore in diverse città greche per mano dei loro partner; in Spagna, all’inizio dell’anno, ci sono stati quattro femminicidi in diverse città nello stesso giorno. Brutte notizie arrivano anche da altri Paesi europei, alimentando il dibattito intorno al femminicidio: è da considerarsi un reato a sé stante? Finora solo due paesi, Cipro e Malta si sono avventurati per questa strada.

Cosa sta succedendo in realtà? Negli ultimi anni c’è stato un aumento del numero di donne uccise da partner o familiari? Questo dato va di pari passo con l’ampio incremento della violenza di genere, in particolare quella domestica, durante la pandemia? I tassi di femminicidi in Europa sono davvero cresciuti? E quali sono i Paesi che hanno più difficoltà a contenere il fenomeno della violenza contro le donne?

La violenza di genere è un buco nero in Europa

La stima del numero totale di femminicidi dal 2010 al 2021 nei venti Paesi che hanno partecipato all’indagine è di 3232, ma mancano i dati di otto Stati membri (Polonia, Bulgaria, Danimarca, Lussemburgo, Belgio, Portogallo, Irlanda, Romania). La cifra è però un segnale preoccupante del basso numero di denunce fatte alle forze di polizia. 

Questo perché i dati Eurostat indicano invece 6.593 omicidi volontari di donne in Europa nel periodo 2011-2021, di cui 4.208 compiuti da partner e 2.385 da familiari (le cifre riguardano questi venti paesi: Austria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia).

La mancanza di dati aggiornati è un grave limite per la nostra ricerca certamente, ma soprattutto per le politiche pubbliche. I membri dell’EDJNet hanno scoperto falle significative nella pubblicazione di dati recenti da parte degli attori statali. A ciò si aggiunge la mancanza di dati con caratteristiche simili e quindi comparabili. “All’Ue non viene assegnato nessun punteggio per l’indice di violenza, a causa della mancanza di dati equiparabili a livello comunitario”, denuncia EIGE, che sta cercando di superare questo ostacolo. 

L’esplosione dei femminicidi Per avere informazioni più affidabili, a causa dell’incompletezza dei dati da un lato e dei diversi metodi di rilevazione dei femminicidi nei vari paesi in base all’indice EIGE, abbiamo scelto di mettere a confronto non i numeri assoluti, ma la variazione percentuale dei femminicidi in un certo arco di tempo. I dati inoltre sono stati estrapolati per ottenere percentuali comparabili su campioni di popolazione di 100mila persone.

La Grecia ha registrato l’aumento più consistente di femminicidi nel 2021 con un incremento del 187,5 per cento, passando da 8 casi nel 2020 a 23 nel 2021. Anche la Svezia ha fatto un “salto”, con un aumento del 120 per cento di femminicidi dal 2017 al 2018, mentre Estonia e Slovenia hanno visto un aumento del 100 per cento rispettivamente nel 2015 e nel 2020. Confrontando i dati dei due anni della pandemia con quelli del 2019, si nota che Grecia, Slovenia, Germania e Italia hanno visto un incremento significativo di femminicidi.


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Ai fini dell’indagine, i gruppi partecipanti hanno raccolto dati anche da fonti non ufficiali, come gruppi e associazioni che si occupano di monitorare i femminicidi. Queste organizzazioni si interessano per lo più di monitorarne la copertura mediatica con l’obiettivo di contrastare il fenomeno della mancata denuncia degli episodi di violenza contro le donne. Abbiamo fatto questa scelta per mettere a confronto il numero ufficiale di femminicidi con quello non ufficiale.

I dati Eurostat sugli omicidi volontari di donne commessi da uomini, partner o familiari, confermano per la Grecia un incremento simile, del 156 per cento nel 2021 rispetto al 2020. L’analisi mostra anche che la Slovenia, nel primo anno della pandemia, ha visto un aumento del 100 per cento di donne uccise da partner intimi e familiari rispetto al 2019. Seguivano Croazia, Austria e Ungheria con un incremento rispettivamente del 55,6 per cento, 28,6 per cento e 26,1 per cento.

Cristina Fabre Rosell, che si occupa di violenza di genere presso lo European Institute for Gender Equality, spiega che durante il primo lockdown c’è stata una relativa diminuzione del numero di femminicidi, ma il rischio non è mai scomparso del tutto: “Durante il lockdown le non donne erano ‘più a rischio’ di femminicidio perché erano bloccate in casa con il loro aguzzino, ma per il fatto che questi si sentiva più sicuro, conscio di avere nelle proprie mani tutto il potere e il controllo. La donna non poteva andare da nessuna parte, non aveva vie di fuga. Così il fenomeno della violenza da parte dei partner è cresciuto, ma non la sua forma più grave, cioè il femminicidio. Ci preoccupava di più capire quali misure adottare alla fine del lockdown per proteggere le donne che volevano scappare. Il nostro timore era che i femminicidi aumentassero una volta tolti i provvedimenti restrittivi, cosa che è successa in alcuni Stati membri. Ma non siamo ancora in grado di capire se è un fenomeno che ha riguardato tutti gli Stati dell’Ue e fino a che punto sia un effetto delle restrizioni del lockdown.”

Aumenta la violenza contro le donne

Le parole di Rosell trovano conferma nell’analisi di altri indicatori dell’EIGE sulla violenza fisica, psicologica, economica e sessuale. Il grafico seguente mostra la variazione del numero di vittime per ciascun tipo di violenza negli ultimi anni.

“Sono convinta che in un certo senso adesso stiamo concettualizzando la violenza psicologica e più persone sappiano cos’è e capiscano l’enorme impatto che ha sulla vita delle persone. Penso che la tendenza attuale sia questa: un numero maggiore di vittime sa dire ‘questo è inaccettabile, questo è un reato, questa è violenza’”, spiega Rosell.

Secondo l’EIGE, almeno il 44 per cento delle donne europee ha subito a un certo punto violenza psicologica da parte di un partner. Sembra tuttavia che ci siano paesi che sono riusciti a rallentare la diffusione del fenomeno, come la Serbia e la Germania, dove l’incremento, nel primo anno della pandemia, è stato solo rispettivamente del 3,4 e dell’1,5 per cento.

Ci sono pochi dati sulla violenza economica contro le donne, cioè una forma di controllo finanziario soffocante o di salasso finanziario che un uomo esercita nei confronti della sua partner attuale o passata. Dei dieci Paesi che avevano dati al riguardo, sei hanno registrato un aumento, e quattro una diminuzione del fenomeno dal 2015 al 2018. La Finlandia ha riportato l’incremento medio più alto (33,4 per cento), seguita dalla Repubblica Ceca (26,6 per cento), dalla Germania (12,2 per cento), dall’Austria (8,4 per cento), dalla Spagna (6 per cento) e dalla Lettonia (4,6 per cento). All’opposto, il Belgio ha registrato una riduzione media dello 0,1 per cento, Malta del 2,7 per cento, la Slovacchia del 12,1 per cento e la Serbia del 18,1 per cento.

In base ai dati Eurostat, l’Ungheria e la Grecia hanno registrato l’aumento più consistente di casi denunciati di violenza sessuale nel 2020, rispettivamente del 41,2 per cento e del 36,5 per cento, seguiti dalla Romania e dalla Slovenia. In generale, la Svezia è in testa alla classifica con 135 vittime di stupro e 197 vittime di aggressione sessuale ogni 100mila donne fra il 2015 e il 2020. 

La negligenza delle forze dell’ordine e il costo in termini di vite umane

Con una decisione storica, il 22 febbraio 2023, dopo sei anni di ritardi dovuti alla continua opposizione di vari stati membri, il consiglio europeo ha deciso che l’Ue doveva aderire alla Convenzione di Istanbul come entità transnazionale. Questa scelta fa seguito all’accordo raggiunto dal parlamento europeo, che in precedenza aveva chiesto di includere la violenza contro le donne fra i reati riconosciuti nell’Unione. In vigore dal 2014, la Convenzione è il primo testo internazionale legalmente vincolante che fissa i criteri per la prevenzione della violenza di genere, e potrebbe servire da guida per ulteriori iniziative di Bruxelles.

Il 25 novembre 2022, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la commissione europea aveva chiesto al Parlamento di adottare il prima possibile una proposta di direttiva depositata lo scorso marzo per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Fra i suoi obiettivi, la direttiva si propone di sancire nella legislazione comunitaria degli standard minimi per la qualificazione come reato di certe forme di violenza contro le donne; la protezione delle vittime e il miglioramento dell’accesso alla giustizia; il supporto alle vittime e il coordinamento dei servizi competenti; la prevenzione del fenomeno.

La direttiva propone anche di rendere finalmente obbligatoria la raccolta dei dati in tutto l’Ue. La portata del fenomeno della violenza contro le donne è sottostimata e sottoesposta nei media e, come già detto, i dati dei diversi stati non sono facilmente comparabili. Infatti la direttiva accenna al fatto che l’ultimo sondaggio pan-europeo di una certa rilevanza risale al 2014.

È chiaro comunque che senza un sistema comune europeo per la rilevazione degli episodi di violenza e il rafforzamento del sistema di protezione delle vittime, l’applicazione della legge e il riesame delle pene per i colpevoli, nonché un’educazione sistematica delle nuove generazioni all’identità di genere e alle relazioni sessuali, la violenza di genere continuerà a proliferare. Chiaramente, c’è sempre la possibilità che nessuno ne venga a conoscenza per il semplice motivo che i casi non vengono rilevati.

👉 Articolo originale su MIIR
La ricerca transnazionale di MIIR-EDJNet

Le risposte a queste domande non sono semplici da trovare, visto che l’Unione europea non ha pubblicato dati ufficiali dopo il 2018. Lo European Institute for Gender Equality (EIGE), incaricato di condurre ricerche e monitorare le politiche in materia di violenza contro le donne, ha aperto un sondaggio nel 2020, ma i risultati non saranno pubblicati prima del 2024: in altre parole l’Ue non avrà il quadro completo di un fenomeno cruciale che tocca metà della sua popolazione per un periodo di circa cinque anni.

Il Mediterranean Institute for Investigative Reporting (MIIR.org, con sede in Grecia), insieme a diciassette testate giornalistiche europee facenti parte di EDJNet, ha tentato di fornire la mappa più aggiornata della violenza contro le donne oggi in Europa. Chiedendo alle autorità nazionali competenti i dati statistici per gli anni 2010-2021, il MIIR ha creato un nuovo database che fornisce importanti informazioni sull’evoluzione della violenza di genere in Europa. I dati sono poi stati analizzati da iMEdD Lab, con particolare attenzione agli anni della pandemia.

Due fonti principali di dati
La prima sono gli indicatori dell’EIGE sulla intimate partner violence (violenza da parte di un partner intimo) e sui femminicidi, contenuti nel Gender Equality Report del 2021, che raccoglie i dati fino al 2018. L’EIGE definisce la “intimate partner violence (IPV)” come qualsiasi atto di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verifica fra coniugi o partner attuali o passati, a prescindere dal fatto che vivano sotto lo stesso tetto. Gli organismi che hanno preso parte all’indagine hanno cercato e messo a disposizione i dati più recenti, poi controllati in base alle linee guida dell’EIGE.
Per quanto riguardo il “femminicidio”, vale la pena ricordare che l’EIGE adotta la definizione statistica di “uccisione di una donna da parte di un partner intimo e/o la morte di una donna come risultato di azioni dannose nei suoi confronti” e inserisce i crimini con queste caratteristiche nell’ “Indicatore 9”, che misura le morti di vittime di femminicidi a partire da 18 anni. In Grecia non esiste una legge che regola l’azione penale contro i femminicidi:il fenomeno viene monitorato attraverso la raccolta di dati sulle vittime femminili di omicidio volontario, mentre la relazione con l’autore del reato viene estrapolata in combinazione con la legge sulla violenza domestica.

La seconda fonte per la “verifica” informale dei risultati sono stati i database di Eurostat, che forniscono dati fino al 2020 sugli omicidi volontari, gli stupri e le aggressioni sessuali, quando l’autore del reato è un partner o un familiare, nonché alcuni dettagli sulle sanzioni penali a cui sono stati sottoposti. Nel caso della Grecia, i dati sono stati raccolti dal Segretariato Generale per l’Uguaglianza di Genere, che a sua volta ha raccolto le informazioni dalla polizia ellenica e dal Ministero della Giustizia. Insieme alla Slovenia, la Grecia è stato uno dei Paesi che ha fornito dati in quasi tutte le categorie richieste. Ma il quadro che si cela dietro è piuttosto fosco.

Le testate coinvolte

Questa indagine transnazionale basata sui dati è stata organizzata e coordinata dal MIIR nell’ambito dello European Data Journalism Network. Le analisi dei dati e i grafici sono a cura di iMEdD Lab (incubatore di Media Education and Development); il controllo dell’analisi dei dati è a cura di Kelly Kiki (iMedD Lab).

Altri 14 membri di EDJNet hanno partecipato all’indagine, condotta da ottobre 2022 a febbraio 2023: Deutsche Welle (Germania), Openpolis, OBC Transeuropa (Italia), Civio, El Confidencial (Spagna), Divergente (Portogallo), CINS (Serbia), Pod črto (Slovenia), BIQdata/Gazeta Wyborcza, Frontstory.pl (Polonia), Deník Referendum (Repubblica Ceca), EUrologus/HVG (Ungheria), PressOne (Romania), Journalism++ (Svezia). Altre tre piattaforme giornalistiche hanno contribuito con i dati dei rispettivi Paesi: Atlatszo (Ungheria), Investigace (Repubblica Ceca) e Noteworthy (Irlanda). EfSyn è il principale editore partner.

👉 La metodologia completa
In collaborazione con European Data Journalism Network

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