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Furiosi e traditi, i georgiani scendono in piazza per avere indietro il loro futuro europeo

Da otto mesi, la Georgia è un paese in protesta. I manifestanti sono scesi in piazza prima per opporsi a una legislazione autoritaria, poi per contestare le elezioni. Ogni ondata ha avuto la sua scintilla, ma la causa di fondo rimane la stessa: un crescente senso di tradimento, mentre il governo mette a repentaglio il percorso della Georgia verso l'integrazione nell'Ue.

Pubblicato il 17 Dicembre 2024

I georgiani hanno manifestato a fasi alterne sin dalla primavera contro il partito al governo, Sogno georgiano, e la sua posizione filo-russa e sempre più autoritaria. Ma l'ultima ondata di proteste, cominciata alla fine di novembre, è diversa. 

L'intensità delle proteste è senza precedenti. I manifestanti sono infuriati, e la loro rabbia cresce di fronte a una risposta sempre più dura da parte delle autorità. La causa rimane la stessa, ma ora il crescente senso di tradimento è troppo evidente per essere negato, anche per alcuni elettori di Sogno Georgiano che hanno creduto alla promessa pre-elettorale di un futuro europeo.

Il fattore scatenante è stata la dichiarazione del primo ministro, Irakli Kobakhidze, del 28 novembre. Nel paese in cui il traguardo dell'integrazione nell'Unione europea è sancito dalla Costituzione e il sostegno pubblico a questo obiettivo si è costantemente attestato intorno all'80 per cento, Kobakhidze ha annuciato che il governo sospenderà i colloqui per l’integrazione nell'Ue fino al 2028. Quasi subito sono arrivati gli apprezzamenti di Mosca: Vladimir Putin ha lodato il “coraggio” del governo georgiano.

Police lined up during anti-government demonstration in Tbilisi, December 2024 | Masho Lomashvili
Polizia a Tbilisi, 1 dicembre 2024. | Foto: ©Masho Lomashvili

Per gran parte della società georgiana, l'integrazione nell'Ue significa ben più che la stabilità economica o l’apertura dei confini: è una lotta per la sopravvivenza. Molti vedono l'Ue come uno scudo contro la Russia, l'oppressore storico che da tempo incombe sulla nazione. Le attuali proteste sono quindi la continuazione di una lotta per sfuggire alla morsa del colonialismo russo, una lotta che i georgiani hanno ripetutamente pagato con il sangue.

In questo contesto le proteste sembravano inevitabili dopo l'annuncio di Kobakhidze. Ma mentre mi recavo al palazzo del Parlamento quella sera, le mie aspettative erano modeste. Le proteste di novembre per le elezioni contestate avevano perso slancio, le persone erano stanche e provavano un diffuso sentimento di sconfitta. Sembrava quindi che il governo avesse scelto il momento giusto per fare il suo annuncio, sfruttando la disillusione dell'opinione pubblica per consolidare la sua agenda filorussa. Ma ciò che ho visto quella sera mi ha colto completamente di sorpresa.

Nel giro di un'ora dopo il discorso di Kobakhidze le strade intorno al parlamento si erano riempite di gente. Nessun partito di opposizione o organizzazione militante aveva chiamato a manifestare. È stata un'esplosione spontanea e non coordinata di rabbia pubblica. Non c'erano palchi o altoparlanti, solo persone che fischiavano e sbattevano sui cancelli d'acciaio dell'edificio. All'improvviso una voce ha cominciato a ripetere “Re-vo-lu-tsia!” – "Rivoluzione!", e altre si sono unite. È stato allora che è apparso chiaro che Sogno georgiano aveva fatto male i suoi calcoli. Era anche chiaro che la sua risposta sarebbe stata brutale.

Sei turni di pestaggio

Quella notte la polizia ha usato gas lacrimogeni, spray al peperoncino e cannoni ad acqua. Decine di manifestanti sono stati picchiati e arrestati. Ora, a quasi tre settimane di distanza, le proteste si sono estese ben oltre Tbilisi, in città, paesi e persino piccoli villaggi in tutta la Georgia. Sono seguite dimissioni di peso: il viceministro degli esteri, sei ambasciatori georgiani e decine di dipendenti pubblici hanno lasciato i loro incarichi per protesta.

I giornalisti stanno abbandonando i media filogovernativi e centinaia di dipendenti pubblici hanno condannato apertamente la battuta d’arresto del processo di integrazione nell’Ue. Il governo ha già minacciato di punire coloro che hanno firmato le dichiarazioni.

Ora, a distanza di settimane, la presenza dei manifestanti davanti al parlamento è diventata una routine ogni sera. Di giorno, i manifestanti paralizzano le strade di Tbilisi con marce e scioperi. Decine di industrie e organizzazioni si uniscono per provocare disordini e diffondere il loro messaggio. Abbiamo visto marce organizzate da avvocati, medici, informatici, viticoltori, nonni e amanti degli animali che hanno occupato le strade.

La migliore finora è stata una marcia organizzata dai tifosi del Real Madrid e del Barcellona, che hanno dichiarato una tregua per protestare insieme. Per i georgiani, che usano e abusano dell'umorismo per affrontare le situazioni difficili, è diventata quasi una barzelletta: chi riesce a trovare il titolo più divertente per una marcia?

A demonstrator intoxicated by tear gas during anti-government demonstration in Tbilisi, December 2024 | Masho Lomashvili
Un manifestante intossicato dai gas lacrimogeni durante una manifestazione antigovernativa a Tbilisi, il 1° dicembre 2024. | Foto: ©Masho Lomashvili

Ma con l'intensificarsi delle proteste, è aumentata anche la repressione da parte del governo. Più di 460 manifestanti, esponenti dell'opposizione, attivisti e giornalisti sono stati arrestati e più di 300 sono stati brutalmente picchiati.  Gli arresti non si limitano a chi è sceso in strada a protestare: la polizia è andata a cercare gli attivisti in casa.

I giornalisti sono stati particolarmente presi di mira: almeno 90 sono stati arrestati, picchiati o ostacolati nel loro lavoro. Molti di loro hanno dovuto ricorrere a importanti cure mediche, tra cui Guram Rogava, un reporter del canale televisivo locale Formula, che è stato ricoverato con fratture al volto e al collo dopo essere stato aggredito da un agente delle forze speciali.

Una fonte del ministero dell'interno, che vuole restare anonima, mi ha detto che sta finendo lo spazio a disposizione nei centri di detenzione. Le celle di Tbilisi e delle città circostanti sono così sovraffollate che la polizia sta trasferendo i detenuti nelle strutture di Kutaisi, a quattro ore di macchina a ovest della capitale.


Questa generazione – la mia generazione – conosce i fragili benefici della democrazia. Per noi, arrendersi non è un'opzione


“Dopo che sono stato arrestato mi hanno consegnato a diversi gruppi di forze speciali che mi hanno picchiato, facendo attenzione però a tenermi in vita”, mi racconta Lazare Maglakelidze, uno studente di 20 anni. Arrestato il 3 dicembre, Lazare ha perso conoscenza dopo la prima serie di botte alla testa. Si è risvegliato all'interno di un furgone della polizia. Un compagno di detenzione, che aveva assistito al pestaggio attraverso il finestrino del furgone, gli ha poi raccontato cosa era successo.

Dice Lazare: “Mi ha visto mentre, privo di sensi, due agenti delle forze speciali mi tenevano e mi prendevano a calci in testa con gli stivali, le ginocchia, i pugni – di tutto”. Nel furgone, prosegue Lazare, gli abusi sono continuati. “Vi stupreremo con i manganelli... Brutti froci, è questo che vi piace, eh?”, gridavano gli agenti mentre le chiazze di sangue dei prigionieri si allargavano sul pavimento del furgone. Quella notte, Lazare ha subito sei turni di pestaggio.

Demonstrators being targeted by police water cannon in front of the Parliament, in Tbilisi, December 2024. | Photo: ©Masho Lomashvili
Manifestanti attaccati con cannoni ad acqua davanti al Parlamento, a Tbilisi, 1° dicembre 2024. | Foto: ©Masho Lomashvili

“Non si tratta di una decisione spontanea o improvvisa... È così che funziona il sistema”, dice ancora Lazare. Decine di testimonianze confermano questa brutalità sistematica: i detenuti passano da un agente all'altro per essere picchiati in modo da massimizzare i danni evitando la morte. Questi atti vengono compiuti al riparo dagli occhi della gente, in furgoni con i vetri oscurati.

Al momento Lazare si sta riprendendo da un’operazione al naso e una commozione cerebrale, ed è ansioso di tornare a protestare. Ma prima c'è il processo, e non ha alcuna speranza di trovare giustizia tra le mura del tribunale di Tbilisi. I processi possono essere descritti solo come una farsa. Quando ho assistito al processo del mio amico la scorsa settimana, ho chiacchierato con un gruppo di avvocati. “Siamo solo suppellettili in queste aule di tribunale”, mi ha detto uno di loro, “la maggior parte dei giudici non si preoccupa nemmeno di guardare le prove che presentiamo”.

Sogno georgiano, fondato e diretto dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, ha da tempo stretto una morsa intorno al sistema giudiziario del paese. Quattro giudici sono stati sanzionati dal governo statunitense per corruzione, e si ritiene che la maggior parte dei magistrati sia coinvolta in schemi corruttivi simili. Le basi per un governo autoritario sono state gettate molto tempo fa, ma ora, con il quarto mandato di fila di Sogno georgiano e la situazione critica nelle strade, si stanno attivando tutte le risorse.

Un Euromaidan in salsa georgiana?

Il governo e la sua macchina propagandistica hanno cercato di dipingere le proteste come l'Euromaidan georgiano, facendo riferimento alla rivolta del 2013-2014 in Ucraina contro la decisione del presidente Viktor Janukovič di fermare l'integrazione nell'Ue. Janukovič è stato spodestato, ma la propaganda in Georgia si concentra sulla distruzione, i morti e la successiva invasione russa che è seguita alla rivoluzione ucraina.

Considerando il contesto molto diverso della Georgia e gli attuali fallimenti della politica estera russa, queste somiglianze sono discutibili, ma a sorprendere sono i parallelismi tra la repressione autoritaria di Janukovič delle manifestazioni democratiche in Ucraina e le mosse quasi comicamente identiche del governo georgiano.


Perdere la Georgia significherebbe perdere molto di più di un alleato strategico: segnerebbe un’altra vittoria della Russia contro la democrazia liberale


La versione georgiana dei “titushki” ucraini – teppisti sponsorizzati dal governo – è già apparsa nelle strade di Tbilisi. Nel fine settimana del 7-8 dicembre individui mascherati hanno aggredito giornalisti, leader dell'opposizione e manifestanti, mentre la polizia restava a guardare. Una giornalista è stata strangolata durante una trasmissione in diretta; il suo cameraman è stato preso a calci e calpestato. Nel frattempo, il governo ha introdotto misure per soffocare le proteste, tra cui il divieto di usare fuochi d'artificio, maschere antigas e persino semplici passamontagna, strumenti che i manifestanti usano per autodifesa.

Le multe per i graffiti sono passate da 50 lari (circa 17 euro) a 1.000 lari (circa 338 euro) e le nuove sanzioni per la partecipazione a blocchi stradali sono severe: 5.000 lari (circa 1.693 euro) se la polizia decide che la folla è ridotta, mentre i manifestanti più attivi rischiano multe fino a 15.000 lari (circa 5.000 euro). I giudici hanno ora il potere di imporre fino a 15 giorni di carcere invece delle multe, intensificando ulteriormente la repressione.

Anche i poteri della polizia sono stati drasticamente estesi. Con il pretesto della “detenzione preventiva”, persone con precedenti reati penali o amministrativi possono ora essere detenute per 48 ore per il solo sospetto che possano commettere un reato. Anche il reclutamento nelle forze di polizia è stato semplificato, con l'eliminazione dei concorsi per l'assunzione, il che segnala un potenziale aumento del numero di agenti utilizzati per sedare le proteste.

Demonstrators' barricade in front of the Parliament, in Tbilisi, December 2024. | Photo: ©Masho Lomashvili
Barricata di manifestanti davanti al Parlamento, a Tbilisi, 30 novembre 2024. | Foto: ©Masho Lomashvili

Nonostante queste misure, le proteste continuano, tra immense difficoltà. I manifestanti devono fronteggiare non solo un regime autoritario, la propaganda russa e le forze filorusse in Occidente, ma anche il gelo: le temperature di questi giorni raramente superano i 5°C la sera. Dopo dodici anni di sforzi da parte di Sogno georgiano per indebolire la società civile, l'opposizione è frammentata e molti politici non sono in contatto con la realtà sul campo.

Questo vuoto ha costretto cittadini comuni a prendere in mano le redini del movimento. L'unico leader a fare da collante è la presidente Salomé Zourabichvili, ex alleata di Sogno georgiano che ha rotto i legami con il partito che l'ha fatta entrare in politica. Ora funge da messaggero con l'Occidente, invocando il sostegno internazionale, cruciale per i manifestanti pro-Ue, e una maggiore pressione sul governo.

Credo che l'Occidente debba ascoltare questi appelli. Perdere la Georgia significherebbe perdere molto di più di un alleato strategico: segnerebbe un'altra vittoria della Russia contro la democrazia liberale.

L’appoggio internazionale è fondamentale, ma anche senza la garanzia di un intervento occidentale i manifestanti restano irremovibili. Da ovunque vengano – anche socialmente –  continuano ad affollare le strade. Sebbene il ruolo dei giovani georgiani sia particolarmente rilevante, la loro determinazione riflette una più ampia volontà sociale. Essendo cresciuta in una Georgia indipendente, questa generazione – la mia generazione – conosce i fragili benefici della democrazia. Per noi, arrendersi non è un'opzione.

Il governo ha mostrato che futuro vuole per la Georgia, ma altrettanto hanno fatto i cittadini che sono scesi in piazza. Il loro coraggio mantiene viva la speranza che la determinazione e la solidarietà – come è successo in Ucraina durante le proteste di Maidan – possano ribaltare la situazione

🤝  Questo articolo è stato realizzato nell'ambito del progetto collaborativo Come Together.
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