Illustrazioni di Gianluca Constantini.

Gianluca Costantini, padre del fumetto underground

Ideatore di un festival internazionale molto popolare tra i professionisti del settore, editore di Inguine MAH!gazine, punto di riferimento per gli appassionati italiani di fumetto, disegnatore dallo stile eclettico: a 37 anni Gianluca Costantini è una delle figure di spicco del fumetto indipendente europeo. Incontro con un agitatore d'idee risolutamente anticonformista.

Pubblicato il 24 Luglio 2009 alle 14:07
Illustrazioni di Gianluca Constantini.

Lo raggiungo a Ravenna dove ha sede la rivista, nell’interrato della libreria-galleria-associazione Mirada gestita dallo stesso Costantini. Per l’occasione mi faccio accompagnare da un amico fumettista, Andrea Zoli, con il quale già avevamo avuto modo di intervistare il disegnatore per una fanzine distribuita in fotocopie (PuntoGIF, dove GIF stava per “Greatest Italian Failure”) che avevamo ideato appena qualche anno fa sull’onda dell’infatuazione per i cult magazine degli anni Settanta come Métal Hurlant, Cannibale e Frigidaire, e che poi chiudemmo ingloriosamente nel giro di un paio di numeri. Entrati nella libreria ed espletati i convenevoli seguiamo Costantini giù per la scala a chiocciola che porta nello studio-redazione, che altro non è che una piccola stanza con due scrivanie, un paio di computer, una gran quantità di schizzi e disegni malamente impilati e tavole accumulate a ridosso delle pareti. Il nostro intento principale è capire cosa sia l’underground, se sia territorio esclusivo di sognatori o sfaccendati, e se per sfondare o quantomeno vivere di fumetti sia sempre necessario abdicare ai propri ideali.

Ma cominciamo innanzitutto col capire chi è Costantini: nato alla fine del 1971, come disegnatore muove i primi passi nel 1993 quando pubblica per le prime riviste a livello nazionale «dopo aver preso tante bastonate dagli editori», ci confessa. Inizia accompagnando illustrazione e fumetto “decorativo” in un periodo di «totale crisi editoriale»: una spinta in più per buttarsi a capofitto nel mondo del web, allora ancora agli albori. Lo stesso “progetto Inguine” difatti era inizialmente pensato unicamente per la rete, lo «strumento perfetto per il disegno» pur considerando che quando «il sito cambia tutto viene buttato». E sempre il web diventa la vetrina che permette a Costantini di farsi conoscere a livello internazionale con i suoi Political Comics, una sorta di diario in fumetti di storie minori avvenute in un qualche angolo di mondo. «Dopo dieci anni di fumetto decorativo di cui mi ero rotto ho cambiato completamente strada e stile» ci racconta «ed è una cosa che non si fa solitamente se si è intelligenti a livello economico. È stato per me anche un modo per imparare le cose che disegnavo, dopo un lungo periodo in cui ero stato chiuso nello studio a disegnare, e del mondo sapevo poco o nulla. Queste immagini sono rimaste nel tempo, ogni tanto sputano nei siti, nei manifesti dei centri sociali, anche all’estero, vengono usate spesso per illustrare personaggi che non hanno facce perché il disegno dà loro un valore molto più forte. Quello era fumetto underground: non c’era un committente, c’era un pubblico che poteva usufruirne, non aveva censure e non aveva copyright».

Né censura né copyright

È forse questa svolta radicale, e il successo che ne segue, a permettere al disegnatore ravennate di guadagnarsi la libertà necessaria per portare avanti le proprie sperimentazioni, un’attitudine irrequieta che rappresenta un altro dei tratti distintivi dell’underground: Stop Georgia War. Stop Georgia War. «Fare qualcosa di diverso, di assolutamente diverso, che nessuno ha mai fatto; se vuoi uscire dai canoni devi rompere qualche paletto. Non deve mai succedere che trovi uno stile e sei a posto per la vita; la cosa più interessante è utilizzare ogni volta uno stile diverso» pur senza dimenticare che «la tecnica viene prima di tutto, bisogna disegnare un sacco come facevano i pittori del Quattrocento. Io disegno otto ore al giorno da quando ho 15 anni». Ma l’underground non si riduce a una questione di stile, ma anche di temi trattati, di tipo di immagini, di linea editoriale. «Negli anni Settanta per esempio l’argomento principale dell’underground era il sesso perché allora era una cosa di cui ci si poteva scandalizzare. Adesso c’è più politica. La rivista perfetta d’underground è World War 3 di New York, una rivista a fumetti creata da attivisti politici, tra cui gente come Peter Kuper, che usano il disegno per dichiarare in maniera più forte le proprie idee» spiega Costantini. Comunque rimane assai difficile comprenderne i confini: i disegnatori che non si tradiscono spinti dalla solita motivazione - «i soldi» - si contano sulle dita di una mano, tra questi il graffittista Blu o i fumettisti Max Andersson e Robert Crumb. La triste verità è che, a parte alcune eccezioni, «solo quelli che lavorano per il fumetto popolare riescono a viverci».

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Ma le attività di Costantini non si esauriscono qui: da perfetto agitatore culturale organizza mostre, incontri, dibattiti, ma soprattutto il festival Komikazen (ideato insieme alla Stamboulis) con il quale ha portato in Italia autori del calibro di Joe Sacco, Marjane Satrapi e Zograf. Le mostre che nascono con il festival vengono poi portate in giro per l’Europa, un modo per conoscere anche quanto si muove nel sottobosco fumettistico del continente. Tra le realtà più interessanti Costantini ci segnala l’ex-Jugoslavia: «lì ci sono dei disegnatori fenomenali, non esiste niente così sono underground alla nascita. Raccontano quello che gli pare, disegnano come gli pare. Sono totalmente pazzi, e felici. In Francia invece, nonostante ci sia il mercato del fumetto più grande del mondo, cose interessanti di questo tipo non ci sono».

Chiediamo allora il nome di qualche autore europeo da scoprire. Dopo alcuni secondi d’attesa il nome è uno solo «lo spagnolo Raul. Ha fatto solo tre libri a fumetti e ora non ne fa più, fa solo illustrazione per i quotidiani. Non ha nemmeno un sito, quindi dovreste cercare qualche libro in spagnolo». Ci siamo messi alla ricerca.

Mattia Bergamini

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