La facciata di uno squat di Parigi (Interzone00)

Gli squat cambiano faccia

Gli squat, edifici occupati illegalmente, sono teatro di modi di vita e creazione alternativi. Ma poco a poco, da Parigi a Berlino, si trasformano in gallerie e centri culturali rispettati. La normalizzazione degli squat significa la loro fine?

Pubblicato il 2 Ottobre 2009 alle 12:40
La facciata di uno squat di Parigi (Interzone00)

59 rue Rivoli, in pieno centro di Parigi. Un assembramento si accalca davanti alla vetrina di questo edificio intonacato di fresco. Tre anni dopo i lavori di ristrutturazione ad opera dalla città di Parigi, proprietaria del palazzo dal 2002, la parte esterna del più celebre squat parigino, conosciuta per le sue decorazioni folli, è sostituita da un’anonima facciata in stile Secondo Impero. Si riesce solo a leggere in trasparenza la parola «Aftersquat». «Tra sei mesi le cose saranno cambiate», Gaspard Delanoë, presidente del collettivo, rassicura quelli che trovano il posto troppo convenzionale dopo l’intonacatura. Questo incontro del 9 settembre 2009 rappresenta, però, nove anni di battaglia. Dopo tre anni negli atelier di Belleville, "Gli occupanti sono tornati", ricorda uno striscione.

Parigi: affitti a buon mercato

Occupanti? Il termine è scelto male. Il comune ormai affitta l’edificio ad un collettivo di artisti a 130 euro mensili, come in altri centri creativi parigini. Una sfumatura sulla quale alcuni insistono: «Non siamo degli occupanti», notificano gli artisti di Frigo, installati nel tredicesimo arrondissement di Parigi. "Siamo affittuari della città di Parigi".

"I tempi cambiano, bisogna saper evolvere", ricorda un artista del 59 Rivoli rollandosi una sigaretta. «Da centro underground, perché illegale, diventiamo alternativi». Se questa evoluzione è positiva dal punto di vista artistico, questi luoghi sono prevalentemente chiusi al pubblico. È impensabile venir a bersi un caffè o una birra fuori dagli orari di esposizione, contrariamente ad altre formule più accessibili e partecipative, come La Suite, nel tredicesimo arrondissement di Parigi, dove il sindacato dei fattorini d’albergo accoglie ogni tipo di atelier e di buone idee.

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La battaglia degli squat continua. "Se esistiamo, è grazie allo squat della Borsa, oggi chiuso», considera l’artista, mentre fuma la sigaretta, «e se La Suite esiste, in parte è grazie alla nostra lotta". Gli squat sono interdipendenti, e quando uno è minacciato, è tutta la comunità a mobilitarsi. "Continueremo ad occupare, trovare gli edifici vuoti per creare degli sciami d’arte ovunque", promette Gaspard Delanoë. "La riapertura del 59 Rivoli è una speranza per gli artisti".

Berlino: malandati ma ordinati

Teatro, atelier, pittura, scultura… La cultura entra in questi spazi urbani alternativi. Dagli anni Novanta, il Tacheles ospita artisti sfasati. Il centro, simbolo della cultura off, diventa un'attrazione turistica da non perdere: 300 000 visitatori all’anno, per il grande piacere degli artisti che prendono in affitto la galleria a 180 euro al mese. Dove birra e pittura scorrono in ambienti taggati e malandati in modo ordinato, fino a diventare dei veri complessi che attirano clienti. Il Cassiopeia a Berlino est ospita uno skate park ed una parete da arrampicata, con entrata a pagamento.

In vent’anni, Berlino, che disturbava… si calma progressivamente. Se negli anni Ottanta le autorità tedesche devono occuparsi di ben altri problemi che non quello degli occupanti, i giovani berlinesi ne approfittano per far espandere questa pratica. Berlino è un terreno favorevole per l’apertura di circa 160 squat che, poi, il comune ricompra ed affitta a basso prezzo, come ad Amsterdam. Negli scantinati o nei cortili, le comunità continuano a riunirsi in luoghi dalla forte dimensione identitaria, come i punk al Köpi con un bar ed una sala per concerti e cinema.

Siviglia: sgomberata la Fabrica de sombreros

Questo cambiamento di sistema non si applica a tutti. A Siviglia, la Casa veja aveva già acceso la collera degli adepti dei centri alternativi. Diventata edificabile, era stata rivenduta a dei promotori immobiliari. La Fabrica de sombreros, ex fabbrica di cappelli, ha poi aperto le porte ad aprile 2008. Idee, dipinti, riunioni settimanali, incontri: il centro brulica d’iniziative, dal corso di capoeira del lunedì, agli incontri a tema sul cinema del martedì ed ai pranzi per i poveri del sabato. In giugno del 2009, la polizia ha fatto sgombrare l’edificio. Sono in corso delle negoziazioni fra il promotore immobiliare, il comune e gli attori del centro culturale.

Roma: l’incontro dei centri alternativi

Occupato dal 1986, il Forte Prenestino di Roma accoglierà, i prossimi 16, 17 e 18 ottobre, il primo incontro europeo d’interazione fra i centri sociali e creativi alternativi. Fuori dalle istituzioni, la cultura urbana si crea comunque in modo europeo, per reinventare la nozione di squ-art e militare insieme per una cultura al di fuori dei sentieri battuti.

Caroline Venaille (traduzione di Alba Fortini)

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