Lisbona, maggio 2011. Giovani portoghesi e spagnoli protestano a piazza Rossio contro la crisi economica e la disoccupazione che ha raggiunto livelli stratosferici nei loro paesi.

I banchieri della strada

L’Europa salva le piazze finanziarie ma non i giovani. Tre diritti fondamentali come istruzione, lavoro e casa restano loro preclusi. Allora si ribellano, ispirandosi al modello dei più grandi: arraffa quel che puoi e scappa.

Pubblicato il 11 Agosto 2011 alle 14:27
Lisbona, maggio 2011. Giovani portoghesi e spagnoli protestano a piazza Rossio contro la crisi economica e la disoccupazione che ha raggiunto livelli stratosferici nei loro paesi.

Se è vero che i giovani non costituiscono un gruppo sociale omogeneo a livello globale, tanto meno sono una piazza finanziaria sull’orlo della bancarotta. Peccato, perché altrimenti già gli sarebbe stato offerto un paracadute con cui alleanze nazionali e internazionali avrebbero iniettato miliardi a favore della loro formazione, della creazione di posti di lavoro e della costruzione di alloggi a buon mercato per garantire a tutti un futuro come prevede il patto fra le generazioni.

Invece, l’incapacità o la mancanza di volontà da parte dei politici di cercare consenso in questi strati sociali fondamentali, erode i pilastri portanti delle società del benessere, in cui i giovani sono sempre più semplici spettatori di un capitalismo vivace ma chiaramente elitario. Tuttavia, il capitalismo è tollerabile solo a condizione che resti aperta la possibilità di prendervi parte: se trattato come un giocattolo in balia del capriccio del libero mercato, perde il suo fascino e viene considerato un modello di fine serie privo di alternative. Fra le nuove generazioni che da poco hanno iniziato a prendere parte alla vita sociale, questa situazione genera insicurezza, scetticismo e timori per l’avvenire. Chi toglie ai giovani prospettive e opportunità per il futuro se li troverà prima o poi a protestare davanti alla porta di casa.

La realtà rema contro i giovani

Simili conseguenze si sono manifestate, con intensità variabile, in paesi come Grecia, Spagna, Cile, Israele e Regno Unito. A prescindere dalle diverse motivazioni che hanno animato le varie proteste nazionali, sfociate talvolta in episodi di violenza, le rivendicazioni elementari sono sempre le stesse: il libero accesso all’istruzione, il lavoro, una casa.

Ma i giovani di oggi si stanno scontrando con una realtà che non può o non intende più soddisfare le loro richieste, nonostante siano teoricamente garantite da diritti fondamentali. In alcune città britanniche e israeliane non sono più garantiti finanche la qualità dell’istruzione, l’impiego o un alloggio a prezzi accessibili, per non parlare della scuola per i bambini.

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Intanto, pur di non indisporre il diabolico Dow Jones, i governi stanno pompando miliardi di euro nei mercati e tagliano i servizi sociali. Che in paesi come la Spagna, dove il tasso di disoccupazione giovanile ammonta al 44 per cento, o in Grecia (dove corrisponde al 38 per cento) e Gran Bretagna (dove il valore è del 20 per cento), questa politica venga percepita come puro e semplice cinismo, è motivo di stupore per i pochi fortunati solo quando discutono della differenza tra manifestanti frustrati e criminali davanti a una tazza di tè: per il resto, la loro unica preoccupazione è la credibilità delle piazze finanziarie.

Facebook non basta come valvola di sfogo

Ma il crollo dei titoli in borsa non è nulla in confronto al declino della coesione sociale. A chi, anche dopo un duro percorso di studio in aule sovraffollate, non intravede più opportunità per sé e per i propri sogni, a un certo punto Facebook non basta più come valvola di sfogo. Allora, come in Inghilterra, basta un episodio tragico, ma in fondo banale, a far esplodere la frustrazione repressa in seguito al salvataggio della finanza. Così, spinte da motivazioni peraltro giuste, le persone devastano e saccheggiano. Nel suo piccolo, questa reazione sembra l’esatta riproduzione del modello proposto alla popolazione dai piani alti della società: arraffa quel che puoi e scappa. Quelli che stiamo osservando sono in realtà i banchieri della strada.

Questa degenerazione potrà essere arrestata solo dalla politica, non con la polizia e le frasi fatte, ma con atti concreti e senza ulteriore indugio. Resta da vedere se la generazione che sta manifestando nelle strade riuscirà poi a cogliere i frutti di questi provvedimenti. (Traduzione di Floriana Pagano)

Giovani

Un vento di rivolta soffia sull'Europa

"I giovani europei hanno perso fiducia nel futuro?", si domanda in prima pagina il Jyllands-Posten. Mentre la polizia inglese cerca di calmare gli ultimi rivoltosi, il quotidiano danese ricorda che appena sei mesi fa un altro gruppo di giovani inglesi, in quell'occasione studenti della prestigiosa università di Cambridge, avevano manifestato una rabbia simile. Allo stesso modo, per le strade di Roma, Madrid e Atene, i giovani si riuniscono per far conoscere al mondo il proprio disagio.

Secondo diversi esperti, prosegue il Jyllands-Posten, è ormai una questione di tempo prima che in altre regioni europee si verifichino esplosioni di violenza simili a quelle che hanno sconvolto il Regno Unito: "Molti paesi in Europa covano gli stessi problemi legati ai giovani emarginati dei quartieri popolari", sottolinea David Bell, professore dell'università scozzese di Stirling. Secondo il quotidiano danese, è in particolar modo la crisi finanziaria a rendere estremamente difficile la vita dei giovani.

Dopo essere cresciuti in epoche agiate, si sono accorti che il periodo d'oro è ormai finito. Il Jyllands-Posten sottolinea che il nuovo contesto influisce soprattutto sui più giovani, e cita uno studio dell'istituto d'analisi Iza secondo il quale i giovani, così come approfittano per primi della crescita economica, sono anche i più colpiti dal declino.

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