I caccia della discordia

Il rinnovamento della flotta di aerei da caccia di svariati paesi che si erano impegnati ad acquistare gli F35 Joint Strike Fighter (Jsf) americani si sta rivelando problematico per i governi europei, alle prese con tagli al bilancio e misure di austerity.

Pubblicato il 19 Settembre 2013

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In Belgio “l’acquisto degli F35 si scontra con la forte resistenza da parte dei socialisti”, titola in prima pagina De Standaard. I fiamminghi dell’Spa e i francofoni del Ps si oppongono al progetto del ministro della difesa Pieter De Crem (cristiano-democratico fiammingo) di acquistare i jet, sottolineando che in un periodo di crisi spendere 62 milioni i euro per ogni F35 è un’assurdità e che entro dieci anni le performance tecnologiche degli aerei in questione saranno superate.
I caccia hanno scatenato forti polemiche anche nei Paesi Bassi: il 17 settembre il governo ha confermato la decisione di acquistare 37 Jsf (anziché 85 come inizialmente previsto) presa a inizio luglio, provocando uno scontro tra i liberalconservatori del primo ministro Mark Rutte e la base parlamentare dei loro partner di coalizione, i laburisti del Pvda. I deputati laburisti accusano il governo e i leader del loro partito di averli messi davanti al fatto compiuto, spiega De Volkskrant. Secondo il quotidiano “sulla vicenda non è ancora stata detta l’ultima parola”.
La decisione del governo olandese può essere “una buona notizia per Lockheed Martin ma un po' meno per l'Italia e le sue aspirazioni di rivestire un ruolo da protagonista in Europa nel programma militare più costoso (e più ricco) della storia”, commenta il Sole 24 Ore.
Gli F35 destinati a Italia e Paesi Bassi dovevano infatti essere assemblati in una fabbrica da 700 milioni di euro costruita appositamente a Cameri, ma ora l’ordine iniziale è stato ridotto a da 216 a 127 velivoli in totale (l’Italia è passata da 131 a 90). A questo punto la sostenibilità dell’operazione per Alenia Aermacchi e le altre imprese italiane coinvolte appare gravemente compromessa. Il Sole 24 Ore ricorda che per giustificare l’impegno dell’Italia nel programma – malgrado i ritardi, i costi in aumento e l’ostilità dell’opinione pubblica – il governo aveva promesso la creazione di 10.000 posti di lavoro.
Un altro duro colpo per il programma è arrivato dalla Norvegia, che sta pensando di annullare la partnership con l’Italia per l’addestramento e la manutenzione degli F35 per stringerne una nuova con il Regno Unito. “Senza improbabili intese con Israele e Turchia, altri acquirenti dell'F35, Cameri rischia di diventare una cattedrale nel deserto”, sottolinea il Sole.

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