Il cavallo di Troia del neoliberismo

Concepita con obiettivi socialdemocratici, la strategia di Lisbona è stata trasformata dalla Commissione europea in un programma thatcheriano. L'iniziativa che le succede conferma questa tendenza.

Pubblicato il 1 Marzo 2011 alle 16:00

Bisogna riconoscere ai (contro)riformatori neoliberisti delle qualità che i loro avversari non hanno: sanno quello che vogliono e quello che bisogna fare per ottenerlo, sono pazienti e non si scoraggiano. Ancora una volta una parte di queste riforme passano per l'Unione europea.

Nel 2000 era stata lanciata la "strategia di Lisbona", che aveva l'obiettivo di fare dell'Unione europea "l'economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo entro il 2010". La strategia si dava degli obiettivi in materia di innovazione, di "coesione sociale" e di occupazione.

Ma quasi nessuno di questi è stato raggiunto, anche se i tassi di occupazione si sono avvicinati al 70 per cento (della popolazione compresa fra 20 e 64 anni) sperato. Tuttavia le spese in ricerca e sviluppo sono aumentate poco e rimangono lontane dall'obiettivo del 3 per cento del pil. Per quanto riguarda la coesione sociale, è sufficiente osservare che il rischio di povertà è aumentato.

Questo bilancio mediocre non ha però impedito alla Commissione di attribuire alla strategia di Lisbona la creazione di 18 milioni di posti di lavoro nell'Unione europea. Questo dato misura in realtà solo l'aumento dell'occupazione in Europa fra il 2000 e il 2008. Attribuirlo interamente alla strategia di Lisbona è quindi decisamente azzardato. Inoltre la metà di questi nuovi posti corrisponde a lavori part-time.

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La cosa più buffa di questa storia è che la strategia di Lisbona era stata ispirata da esperti definiti di "sinistra" e inizialmente adottata da governi ritenuti di "sinistra". Ma l'intero progetto era stato concepito in modo così disorganizzato che per la Commissione Barroso è stato un gioco da ragazzi trasformare un progetto socialdemocratico legato alle nuove tecnologie dell'informazione in un programma di riforme strutturali neothatcheriane.

Tuttavia la strategia di Lisbona da sola ha avuto uno scarso impatto sulle riforme strutturali condotte nei diversi paesi, frutto invece di compromessi politici per lo più a carattere nazionale. Ma questo progetto ha comunque avuto un ruolo di risorsa politica e ideologica a disposizione dei vari responsabili nazionali.

Il seguito della storia si chiama "Europa 2020", "una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva". Entro 10 anni tutto in Europa dovrà essere "intelligente": la crescita e l'economia, ma anche la regolamentazione, la specializzazione, le case, le reti, la gestione del traffico e così via. E tutto dovrà anche essere sostenibile: l'economia, la crescita, ecc.

La voce della lobby imprenditoriale

Per il resto le sorprese sono poche: l'obiettivo del tasso di occupazione passa al 75 per cento; vi sarà inoltre una politica industriale diretta a migliorare "l'ambiente industriale", una regolamentazione "intelligente" – ovviamente – che dovrebbe diminuire il "peso amministrativo che grava sulle imprese"; infine l'approfondimento del mercato unico passerà in particolare attraverso la direttiva "servizi" (nata come direttiva Bolkestein) e più in generale attraverso la riaffermazione piuttosto dubbia che la concorrenza (si legga: deregolamentazione, privatizzazioni, smantellamento dei servizi pubblici) favorisce la crescita e l'innovazione.

In altre parole, niente di nuovo sotto il sole. Come ha fatto notare il Corporate Europe Observatory, l'ispirazione di Europa 2020 viene in parte da un documento scritto dalla lobby imprenditoriale europea: "Ert's Vision for a competitive Europe in 2025".

I pochi elementi di novità riguardano invece la guida di questa strategia, conseguenza di un'innovazione recente in questo settore, il semestre europeo, che obbliga le leggi di bilancio nazionali a passare davanti alla Commissione e al Consiglio europeo prima dell'adozione da parte dei rispettivi parlamenti nazionali.

La "disciplina di bilancio" e le riforme strutturali assumono quindi una "guida più forte": "Il risanamento di bilancio e la solidità finanziaria di lungo periodo dovranno andare di pari passo con importanti riforme strutturali, in particolare nel settore delle pensioni, della sanità, dei sistemi previdenziali e di istruzione" (Europa 2020, pagina 28).

Sul piano delle riforme strutturali nulla di veramente vincolante potrà essere messo in pratica, ma nuove risorse politiche saranno messe a disposizione dei responsabili nazionali che vorranno seguire la strada neoliberista e sarà meglio avere delle finanze pubbliche "sane" se si vorrà preservare il proprio sistema previdenziale. (traduzione di Andrea De Ritis)

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