Un negozio di veli islamici a Molenbeek (Bruxelles). Foto Quarsan

Il mito dell'Europa islamica

Dopo gli attentati di Londra e Madrid, sulla stampa e in rete si è diffusa l'opinione che l'Islam stesse entrando in una fase estremista e violenta. Ma gli allarmismi sull'imminente "islamizzazione" dell'Europa si sono rivelati infondati, scrive l'Observer.

Pubblicato il 28 Luglio 2009 alle 18:22
Un negozio di veli islamici a Molenbeek (Bruxelles). Foto Quarsan

Per l'estrema destra e i blogger antislamici il quartiere Molenbeek di Bruxelles, soprannominato Little Morocco per la massiccia presenza di musulmani e nordafricani, è un avvertimento di quanto avverrà in futuro: un'incubatrice di tensione e terrorismo nella capitale d'Europa, parte di un'ondata di "islamizzazione" che a quanto pare dilagherà nel continente.

Le previsioni catastrofiche del caos religioso e identitario hanno raggiunto il culmine tra il 2004 e il 2006, quando sono esplose le bombe a Madrid e a Londra, un regista controverso è stato accoltellato ad Amsterdam e manifestanti arrabbiati hanno protestato contro la pubblicazione delle vignette satiriche sul profeta Maometto.

Per Bruce Bawer, autore di While Europe Slept, il futuro del continente era quello di "rassegnarsi a una graduale transizione alla sharia totale". Entro la fine del secolo, ha avvertito il noto storico americano dell'islam Bernard Lewis, "l'Europa sarà islamica". Il Daily Mail ha definito "intifada musulmana" i disordini che hanno scosso la Francia nel 2005.

A qualche anno di distanza, questi timori sembrano fuori luogo. Un nuovo sondaggio della Gallup dimostra che la temuta radicalizzazione di massa degli oltre venti milioni di musulmani dell'Unione europea non c'è stata. Alla domanda se gli attacchi violenti ai civili possa essere giustificata, l'82 per cento dei musulmani francesi e il 91 per cento dei musulmani tedeschi ha risposto di no. Quelli per cui si può ricorrere alla violenza per una "nobile causa" erano in linea col resto della popolazione. L'elemento fondamentale è che le risposte non sono state determinate dal credo religioso.

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I sondaggi variano di continuo, però, e ritorna spesso il concetto secondo cui "bastano sei persone per un attentato". Malgrado ciò, persino tra gli strateghi europei del controterrorismo, c'è la sensazione che l'ondata di radicalizzazione dei giovani musulmani si stia attenuando.

"Un dieci per cento circa della nostra popolazione islamica sta vivendo una dinamica di rifiuto dell'Occidente e dell'Europa, un altro dieci per cento è più europeo degli europei e l'80 per cento circa sta nel mezzo e cerca di tirare avanti", ha detto Alain Bauer, criminologo e consulente in materia di sicurezza del presidente Nicolas Sarkozy.

La settimana scorsa la minaccia alla sicurezza in Gran Bretagna è passata da "grave" (attentato altamente probabile) a "reale" (attentato assai possibile), il grado più basso dall'11 settembre. In Olanda, l'anno scorso il livello della minaccia è stato aumentato al secondo grado in parte per l'impatto sulle comunità musulmane del successo del politico antislamico Geert Wilders. Persino qui, però, i servizi di sicurezza dicono che "le attività delle cellule [militanti] locali sono stabili o in diminuzione per mancanza di leadership e per liti interne".

Nel quartiere Molenbeek di Bruxelles, anche Sebastiano Guzzone ha notato un cambiamento. In otto anni di consulenze agli abitanti locali sui loro diritti si è imbattuto nei marocchini belgi arrivati dai campi d'addestramento per terroristi della zona di confine tra Afghanistan e Pakistan e in un nordafricano scomparso in Iraq per morire come kamikaze. Questo succedeva allora.

"Ormai è qualche anno che non ne vedo più", ha detto Guzzone. "I miei ultimi incontri con i fondamentalisti musulmani risalgono al 2006. Ce ne sono sempre meno. Il problema viene ingigantito".

Per Kamel Bechik, che dirige un'organizzazione scout musulmana nel sud-ovest della Francia, dove i giovani salutano la bandiera nazionale ogni mattina e ogni sera – e se vogliono digiunano durante il mese sacro del Ramadan – la storia recente parla chiaro. "Ci sono sei milioni di musulmani", ha detto. "Se la comunità si fosse davvero radicalizzata si noterebbe".

Integralisti in minoranza

Anche il grado di osservanza religiosa cambia moltissimo. Secondo un sondaggio governativo tra i musulmani tedeschi, solo il dieci per cento degli immigrati dell'Europa sud-orientale prega ogni giorno, rispetto a oltre la metà di quelli arrivati dall'Africa del Nord.

In Francia, una simile disparità di vedute ha creato problemi all'interno della comunità musulmana quando il governo ha annunciato che avrebbe vietato il burka.

C'è infatti la questione del significato dell'integrazione. Per il sondaggio della Gallup, gli immigrati musulmani in Europa tendono a porre l'accento su temi sociali ed economici – alloggio, lavoro, accesso all'istruzione – come indici d'integrazione, mentre le cosiddette "comunità ospiti" danno più enfasi all'etica e agli usi, come ad esempio l'atteggiamento nei confronti dell'omosessualità, del sesso prima del matrimonio o della pornografia.

Malgrado le dispute tanto reclamizzate, secondo i sondaggi solo la minoranza delle donne musulmane europee porta il velo, e il numero sta diminuendo. I dati tedeschi suggeriscono che se un quarto delle immigrate di prima generazione indossa il velo, solo il 18 per cento delle loro figlie lo fa.

L'integrazione funziona anche in modi più sottili. In base ai sondaggi, le comunità musulmane sono profondamente influenzate dal paese di residenza. In Francia, dove il 45 per cento degli intervistati ha detto che l'adulterio è moralmente accettabile, un alto numero di musulmani locali ha detto lo stesso. In Germania, dove il 73 per cento della popolazione è contraria alla pena capitale, la stessa percentuale di musulmani locali ha condiviso l'opinione.

Con il tempo questa tendenza diventa più profonda. Un articolo sull'integrazione dell'Ufficio statistico olandese riferisce che in termini di norme, opinioni e condotta, [gli immigrati olandesi] di seconda generazione sono molto più orientati verso la società olandese dei genitori.

Una delle questioni più spinose è quella demografica. Nessuno mette in dubbio che negli ultimi decenni le popolazioni musulmane sono cresciute rapidamente, ma anche se secondo i demografi i musulmani d'Europa continueranno a crescere, si prevede un calo dei tassi di fertilità come accade ad altre popolazioni con maggiori livelli di benessere, accesso alla sanità e alfabetizzazione. Carl Haub, demografo del Population Reference Bureau di Washington, fa notare che i tassi di fertilità di paesi a maggioranza musulmana come Tunisia, Turchia, Algeria e Marocco sono appena più alti di quelli di Gran Bretagna e Francia. L'affermazione secondo cui nel prossimo mezzo secolo l'Unione europea sarà a maggioranza musulmana è "una sciocchezza bell'e buona", dice.

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