Idee Dopo le elezioni europee nel Regno Unito

Intrappolati nel purgatorio della Brexit perpetua

Le elezioni europee sono state interpretate come un secondo referendum sulla Brexit, quasi tre anni dopo che gli elettori avevano votato per uscire dall'Unione europea. Per quanto tempo ancora il Regno Unito dovrà languire nel purgatorio della Brexit?

Pubblicato il 3 Settembre 2019 alle 10:54
Pug Girl | Flickr CC BY 2.0  | Un murale a Londra.

A torto o a ragione, il Regno Unito è stato spesso considerato dalle élite politiche europee come un baluardo di stabilità e buon governo. Oggi tuttavia l'instabilità domina e questa "nuova normalità" rappresentata da una politica tumultuosa non accenna a diminuire. In un'epoca di fluidità e cambiamento, gli elettori sono pronti ad abbandonare rapidamente le loro precedenti scelte elettorali.

Nelle elezioni europee i due partiti principali del paese hanno visto uno straordinario crollo del loro sostegno. Mentre alle elezioni politiche del 2017 i Conservatori e il Partito laburista avevano ottenuto insieme l'82,3 per cento dei voti, nelle elezioni europee questa somme è stata solo del 23,19 per cento, con i Conservatori che hanno ottenuto un triste 9,09 per cento. Questo loro risultato è il peggiore che il partito abbia registrato da quando è stato introdotto il suffragio universale.

Ampiamente vista come un secondo referendum mascherato, la battaglia per interpretare i risultati ha visto sia "Leavers" che "Remainers" affermare irremovibili che ora hanno il sopravvento nell'infinito dibattito sull'uscita del paese dall'Unione europea. Il notevole risultato del Brexit Party ha occupato i titoli dei giornali. La nuova start-up di Nigel Farage è risultata chiaramente vincente con il 31,6 per cento dei suffragi; manderà 29 eurodeputati al parlamento europeo, diventando una delle delegazioni nazionali principali dell'emiciclo.

“Leavers” contro “Remainers”

I sostenitori della permanenza nell'Unione hanno voluto sottolineare che la forza combinata di coloro che vogliono rimanere nell'Ue ha superato di gran lunga quella dei sostenitori di una Brexit dura. Se si sommano i voti dei Liberaldemocratici, dei Verdi, del Partito Nazionale Scozzese, dei gallesi del Plaid Cymru e di Change UK, si ottiene che il "Remain duro" ottiene il 40,39 per cento dei voti - molto più del voto combinato dello UKIP e del Brexit Party (34,9 per cento).

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Che ritenga questo indicatore affidabile o meno, ciò che è evidente dai risultati è il drammatico crollo del sostegno a una sorta di compromesso tra Leave e Remain, sia sotto la forma dell'accordo negoziato da Theresa May (l'unico accordo attualmente sul tavolo), sia sotto forma di un'uscita più morbida, simile al modello norvegese o svizzero.

Il buon risultato dei liberaldemocratici e del Brexit Party sottolinea la portata della polarizzazione tra Leave e Remain nel Regno Unito. Questo avrà un impatto anche sulla politica nazionale britannica e non può essere visto solo come un voto di protesta una tantum in un'elezione europea. I sondaggi nazionali effettuati dopo le elezioni europee hanno visto un forte calo del sostegno ai due partiti principali. Un sondaggio YouGov ha addirittura dato i liberaldemocratici al primo posto e il Brexit Party al secondo.

Una specie di purgatorio

I due principali partiti sono ora costretti a rivolgersi alla loro destra e alla loro sinistra rispettivamente sulla questione dell'Europa. In linea di principio, non dovrebbe porre problemi al Partito laburista, perché l'opzione di rimanere nell'Unione europea è la posizione di default e la più facile da realizzare politicamente, dato che i loro membri ed elettori la appoggiano in modo preponderante. Tuttavia, il capo del partito Jeremy Corbyn e la sua cricca di stretti consiglieri rimangono molto restii a fare una simile mossa. Sembra ora incontestabile che questo atteggiamento sia motivato da un euroscetticismo non detto.

Per i Conservatori si presentano ora una serie di scelte più difficili dal punto di vista politico. I membri del partito e gli elettori chiedono la rottura più dura possibile con l'UE, anche a costo di un caotico "no deal". Quest'ultimo non è un'opzione giuridicamente o economicamente praticabile per un governo serio. Date le difficoltà pratiche presentate dal confine irlandese, l'accordo concluso l'anno scorso dall'allora premier Theresa May è la rottura più radicale che si possa offrire.

Quale sarà l'impatto di queste turbolenze sul resto d'Europa? Non aspettatevi che Il Regno Unito lasci l'Unione Europea così presto. L'unico modo pratico, concreto, per farlo - una Brexit morbida in una forma o nell'altra – ha sempre meno sostegno nel paese. Così la Gran Bretagna rimarrà nell'Unione Europea, ma forse sotto la forma di uno stato "uscente" che non esce mai definitivamente – una sorta di purgatorio che potrebbe andare bene per l'atteggiamento storico dei britannici nei confronti dell'integrazione europea.

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Cet article est publié en partenariat avec Eurozine

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