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Dietro ai fondi zero emissioni di JP Morgan, i miliardi per le “Big Oil”

La banca JP Morgan ama promuovere gli investimenti verdi “allineati sull'accordo di Parigi” sul clima. Eppure, i suoi fondi “verdi” hanno convogliato oltre 4 miliardi di dollari verso le industrie fossili. Una situazione che tradisce le promesse della multinazionale finanziaria e che compromette lo sforzo globale per raggiungere la neutralità carbonica.

Pubblicato il 3 Luglio 2025

Affermazione da verificare: I gestori patrimoniali che vendono prodotti di investimento “verdi” in Europa rispettano l'Accordo di Parigi sul cambiamento climatico.

Contesto: Per attirare i clienti più attenti all'ambiente, le società di gestione del risparmio promuovono prodotti d'investimento che integrano criteri ambientali, sociali e di governance (ESG). Ma questi fondi sono davvero allineati con l'Accordo di Parigi sul clima, come si sostiene? Analizziamo il caso di JP Morgan.


Immaginate di essere clienti di JP Morgan (JPM) o di essere interessati alla strategia di investimento sostenibile della banca d'affari. Cercando su Google le parole “sostenibile” e “JP Morgan” si incappa in diversi post pubblicati sul sito web di JPM e altri su media specializzati che diffondono i comunicati stampa della multinazionale con sede a New York City.

Un articolo pubblicato sul sito di JPM nell'ottobre 2020 per esempio si intitola “JPMorgan Chase Adopts Paris-Aligned Financing Commitment”: qui banca annunciava di voler allineare non solo i propri investimenti ma anche la propria impronta operativa all'Accordo sul clima di Parigi.

“Siamo determinati a fare la nostra parte per sostenere la transizione, aiutando i nostri clienti a raggiungere i loro obiettivi di zero emissioni nette”, spiega l'articolo.

“Zero emissioni nette" ("Net zero" in inglese), "zero netto" o "neutralità carbonica" significa che le quantità di gas serra – i principali responsabili del riscaldamento globale – emesse devono essere pari a quelle rimosse.

Un altro articolo, intitolato "Environmental Sustainability", era accompagnato da un video in cui una voce fuori campo spiegava come l'azienda intendesse far progredire le soluzioni per l'energia pulita, contribuire allo sviluppo sostenibile e aiutare a promuovere un'economia “più forte e inclusiva”.

ESG Today, un giornale specializzato nella questione, ha ripubblicato la notizia con il titolo “JP Morgan Commits to Paris-Aligned Financing; Will Reach Carbon Neutrality This Year” (JP Morgan si impegna ad applicare l'Accordo di Parigi sulla finanza; raggiungerà la neutralità carbonica quest'anno).

Nel 2021, anno in cui è entrato in vigore il Regolamento europeo sulla finanza sostenibile (Sfdr), JP Morgan Asset Management, un ramo della JPM Chase, è diventato uno dei membri fondatori della Net Zero Asset Managers Initiative. Nel maggio dello stesso anno, Jamie Dimon, amministratore delegato di JP Morgan, ha scritto su LinkedIn: “Dobbiamo tutti continuare a impegnarci per affrontare il cambiamento climatico; rimane una delle questioni più importanti del nostro tempo”.

Sulla base di queste dichiarazioni e della commercializzazione di fondi con nomi quali “US Research Enhanced Index Eq ESG” e “Global Income Sustainable”, si potrebbe ritenere l'impegno di JPM nei confronti dell'Accordo di Parigi come schietto e coerente.

I nostri dati raccontano una storia diversa.

Gli investimenti “verdi” di JP Morgan nei combustibili fossili

A marzo 2025 JP Morgan Asset Management, la controllata di JPM Chase, ha investito più di 4 miliardi di dollari (circa 3,5 miliardi di euro) nelle major fossili attraverso investimenti “verdi” regolamentati a livello europeo. Questa somma è aumentata negli ultimi anni. 

Glossario
In materia di riduzione delle emissioni di gas serra le aziende di solito fissano uno fra due tipi di obiettivi: un obiettivo assoluto o un obiettivo basato sull'intensità. Un Obiettivo assoluto significa che l'azienda si impegna a ridurre le proprie emissioni totali. 
Obiettivo basato sull'intensità, invece, misura le emissioni rispetto a un altro fattore, come il fatturato. Tuttavia, un'azienda potrebbe aumentare i propri ricavi e dimostrare una minore intensità di carbonio senza ridurre effettivamente le proprie emissioni, in particolare per quanto riguarda le emissioni Scope 3.

Dal maggio 2025 ha dovuto rimuovere le parole “ESG” e “sostenibile” dai nomi di diversi fondi, come quelli citati in precedenza. Le nuove linee guida vietano infatti termini simili nella nomenclatura dei fondi che investono in combustibili fossili. JPM può però continuare a dichiarare di utilizzare termini come “ESG” e “sostenibile” sul suo sito web e nei suoi prospetti. Le linee guida dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati si concentrano infatti esclusivamente sulla denominazione del fondo e non sulla sua descrizione o sui suoi obiettivi (1). 

European Securities and Markets Authority's guidelines

Uno degli obiettivi dell'Accordo sul clima di Parigi è quello di “allineare i flussi finanziari con un percorso che porti a basse emissioni di gas serra e a uno sviluppo compatibile con la resilienza climatica”. Un rapporto sul divario di emissioni pubblicato dal Programma Ambientale delle Nazioni Unite nel 2024 ha messo in guardia sul fatto che, se non ci saranno tagli più ambiziosi alle emissioni di gas serra, il mondo si dirige verso un aumento della temperatura tra i 2,6°C e i 3,1°C entro questo secolo. Un tale aumento ci porterebbe ben oltre i limiti dell'Accordo di Parigi (1,5°C).

Gli esperti stimano che il 68 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica sia causato dall'industria dei combustibili fossili. Secondo un rapporto di Influence Map, la maggior parte delle aziende produttrici di combustibili fossili ha estratto più idrocarburi nei sette anni successivi alla firma dell'Accordo di Parigi che nei sette anni precedenti. In questo modo hanno aggravato il problema anziché mitigarlo.

Nonostante l'urgente necessità di indirizzare gli investimenti verso le energie rinnovabili il settore finanziario ha scelto di investire nelle major del petrolio attraverso i cosiddetti investimenti “verdi”. Le società di servizi finanziari di solito affermano di allineare le loro strategie di investimento all'Accordo di Parigi:ma è davvero così?

Pur sostenendo pubblicamente l'accordo, sembra che JP Morgan abbia continuato a finanziare alcuni dei colossi petroliferi più inquinanti del mondo attraverso investimenti commercializzati come “verdi”.

Secondo i dati del London Stock Exchange Data & Analytics, negli ultimi anni JP Morgan ha infatti aumentato i suoi investimenti in combustibili fossili attraverso fondi verdi, passando da 3,3 miliardi di dollari nel 2023 a 4 miliardi di dollari all'inizio del 2025. Le major fossili che hanno attirato la maggior parte degli investimenti verdi della banca statunitense sono ExxonMobil (1,1 miliardi di dollari), Shell (515 milioni di dollari), ConocoPhillips (460 milioni di dollari), EOG Resources (447 milioni di dollari), Chevron (307 milioni di dollari), TotalEnergies (218 milioni di dollari) e BP (159 milioni di dollari).

Le ambizioni a zero emissioni delle “Big Oil” sono in linea con l’Accordo di Parigi?

“Nessuna di queste grandi società petrolifere e del gas ha obiettivi di emissioni che possano essere considerati allineati con l'Accordo di Parigi”, ha dichiarato a Voxeurop Olivia Bisel, analista associata al think tank londinese Carbon Tracker.

Abbiamo analizzato gli obiettivi di zero emissioni nette delle società in cui JP Morgan ha la maggior parte dei suoi investimenti “verdi” per verificare se le cose stanno come dice.

Per capire quanto seriamente l'industria del petrolio e del gas stia prendendo gli obiettivi della transizione ecologica dobbiamo sapere quali sono le componenti delle sue emissioni e come sono classificate. Il Protocollo GHG è uno standard internazionale per la rendicontazione delle emissioni delle aziende, che sono classificate in tre gruppi noti come “Scope” (ambiti).

Le emissioni Scope 1 e 2 coprono quanto un'azienda emette direttamente, ad esempio dalle proprie attività e dall'energia che ha acquistato. Per le aziende del settore petrolifero e del gas, lo Scope 3 indica le emissioni indirette, che includono quelle dei fornitori. Questo può comprendere la produzione di attrezzature, i servizi per i campi petroliferi e la raffinazione, nonché l'inquinamento causato dai clienti che bruciano i prodotti dell'impresa petrolifera in auto, aerei o centrali elettriche. Le emissioni Scope 3 possono rappresentare oltre il 90 per cento delle emissioni totali di un'azienda.

“Sul fronte nordamericano, le società petrolifere e del gas continuano a escludere le emissioni Scope 3, trascurando così la stragrande maggioranza delle emissioni dell'intero ciclo di vita del petrolio e del gas”, afferma Bisel.

Secondo il rapporto Absolute Impact di Carbon Tracker, ExxonMobil, ConocoPhillips ed EOG non hanno fissato alcun obiettivo di emissioni per il 2050 che copra quelle Scope 3. Detto questo, anche le aziende che pubblicano i loro obiettivi Scope 3 potrebbero non essere considerate allineate all'Accordo di Parigi.

“Anche se i leader europei del settore fossile come TotalEnergies, BP e Shell hanno fissato obiettivi Scope 3, che è un passo nella giusta direzione, questi non coprono l'intera portata delle loro attività commerciali”, osserva Bisel. "Shell, ad esempio, non prevede un obiettivo assoluto per il 2030. Anche BP ha eliminato l'obiettivo assoluto per il 2030 di compensare le emissioni dell'intero ciclo di vita, il che rappresenta un notevole regresso, così come i suoi obiettivi in materia di emissioni. È fondamentale che le aziende fissino un obiettivo assoluto a breve termine. In caso contrario, non potranno essere credibili nel loro percorso verso lo zero netto entro il 2050".

La maggior parte delle aziende del settore petrolifero e del gas stabilisce obiettivi basati sull’intensità, che stabiliscono un rapporto tra le emissioni e i ricavi, piuttosto che obiettivi di emissioni assolute. Questo approccio può essere fuorviante, poiché un'azienda può ridurre la propria intensità di carbonio pur aumentando le proprie emissioni totali, in particolare quelle Scope 3. Secondo gli esperti pochissime aziende hanno fissato obiettivi assoluti per l'intero ciclo di vita entro il 2030. Questi saranno essenziali per un percorso credibile verso l'azzeramento delle emissioni entro il 2050.

Come giustifica JP Morgan i suoi investimenti “verdi” in Big Oil?

Questo aumento degli investimenti “verdi” di JP Morgan nell'industria dei combustibili fossili coincide con la sua decisione di abbandonare la Net Zero Asset Managers Initiative nel marzo 2025. Meno di un anno prima, la società di investimento si vantava della sua partecipazione alla coalizione per il clima, investendo allo stesso tempo 3,8 miliardi di dollari nel settore degli idrocarburi attraverso i fondi verdi.

Un articolo sul sito web di JPM, visto da Voxeurop e poi rimosso dall'azienda, era intitolato: "Obiettivi zero netto: Razionalizzare la decarbonizzazione del portafoglio". Abbiamo recuperato l'articolo soppresso (oggi sostituito da un messaggio “Error 404 Page Not Found”). In esso si leggeva: “In qualità di membro della Net Zero Asset Managers Initiative, J.P. Morgan Asset Management si impegna a lavorare con i nostri clienti sui loro obiettivi di decarbonizzazione”.

Altrove sul sito web di JP Morgan, sotto la rubrica “Come stiamo facendo impatto”, si può leggere: “Sfruttando la nostra esperienza e il nostro bilancio, ci proponiamo di fornire consulenza strategica e soluzioni di finanziamento per aiutare i nostri clienti a raggiungere i loro obiettivi di decarbonizzazione”.

Gli investitori individuali tendono a credere che detenere azioni di queste società consenta loro di influenzare il perseguimento degli obiettivi climatici da parte delle stesse: possedendo azioni, possono infatti votare alle assemblee della società e guidare la strategia dell'azienda.

Photo: Page Removed by JP Morgan, screenshot
Screenshot della pagina rimossa da JP Morgan.

Per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, l'Agenzia Internazionale dell'Energia ha chiesto di non investire ulteriormente nella produzione di nuovi combustibili fossili. Tuttavia, ExxonMobil, una società finanziata da JP Morgan attraverso fondi verdi, è impegnata in nuove attività di esplorazione di idrocarburi. Gestisce 16 siti esistenti che genereranno oltre una gigatonnellata di anidride carbonica (1 miliardo di tonnellate) durante il loro ciclo di vita. Questi progetti sono stati etichettati come “bombe di carbonio”.

In un'intervista rilasciata alla rivista Business Insider , Yo Takatsuki, responsabile a livello globale della gestione degli investimenti di JPMorgan Asset Management (ed ex giornalista), è stato categorico sul dovere della sua azienda: "Penso che un aspetto del servizio che forniamo, così come [dell'] essere un buon giornalista, sia quello di essere in grado di porre le domande difficili e di chiedere conto alle aziende. Queste persone devono essere chiamate a rispondere delle loro azioni".

Tuttavia, il rapporto di stewardship – che analizza i risultati del dialogo con il management, l’azionariato attivo e l’advocacy svolta presso le istituzioni pubbliche – di J.P. Morgan racconta una storia diversa: “Abbiamo [...] dato priorità all'impegno con le aziende che operano sul lato della domanda (cioè gli utilizzatori di combustibili fossili), in quanto riteniamo che questo sia un modo più efficace di mitigare i rischi di transizione legati al clima e di garantire i rendimenti degli investimenti in questi casi”.

Il rapporto di stewardship della ExxonMobil non fa alcun accenno alla decarbonizzazione o al disinvestimento da progetti relativi alle bombe di carbonio o da attività esplorative. Ad esempio, il gigante petrolifero non si è impegnato chiaramente a ridurre le proprie emissioni Scope 3 per arrivare a un livello zero netto. Come abbiamo visto, questo inquinamento indiretto è la principale fonte di emissioni di gas serra per le compagnie petrolifere.

JP Morgan si è rivolta alla ExxonMobil per chiedere maggiore chiarezza sui costi relativi ai suoi obblighi legali di bonifica dei siti di estrazione una volta completati i suoi progetti (petroliferi, di gas o minerari). La richiesta riguarda gli “Asset Retirement Obligations” di JP Morgan in uno scenario di emissioni zero nette entro il 2050. Nel suo rapporto di stewardship, JP Morgan spiega che queste informazioni sarebbero utili agli investitori, poiché le informazioni attuali sui costi a lungo termine e sulle ipotesi di base contabili della società sono troppo opache per consentire loro di capire i rischi reali.

Come strategia di decarbonizzazione, sarà sufficiente per raggiungere gli obiettivi di Parigi?

“Le dichiarazioni sono un importante punto di partenza per gli investitori per capire l'impatto sul clima e i rischi finanziari delle società che hanno in portafoglio”, commenta Olivia Bisel di Carbon Tracker. "Ma non garantiscono che una società si stia allineando agli obiettivi dell'Accordo di Parigi. Anziché impegnarsi sul fronte della divulgazione [della gestione dei rischi e dell’impatto delle loro attività sul clima] i gestori patrimoniali che affermano di essere allineati a Parigi o che mirano a farlo dovrebbero intraprendere azioni concrete. Solo attraverso un'azione concreta da parte delle società petrolifere e del gas si potranno ridurre le emissioni. [...] Gli investitori non possono affermare di essere allineati a Parigi se anche il loro portafoglio di investimenti non è pienamente allineato a sua volta".

L'analisi dei dati e dei rapporti che abbiamo eseguita non ha trovato alcuna prova che JP Morgan abbia incoraggiato le società di combustibili fossili che finanzia a muoversi verso la decarbonizzazione. Epperò, in uno dei suoi comunicati sulla sostenibilità, nella sezione “Accordo di Parigi”, la banca continua a menzionare con un documento vecchio di un anno la sua adesione all'iniziativa Net Zero Asset Managers, nonostante l'abbia abbandonata nel marzo 2025. “JPMAM misurerà i suoi progressi verso gli obiettivi in base alla quota di società in cui investe che hanno fissato i propri obiettivi netti zero credibili”, scrive.

“Se JP Morgan Asset Management è seriamente intenzionata a impegnarsi nella decarbonizzazione, deve fissare chiare linee guida, basate sulla scienza del clima”, afferma Lara Cuvelier, dell'Ong Reclaim Finance. "E la scienza è chiara: non c'è spazio per nuovi progetti petroliferi e di gas in uno scenario a emissioni zero". Non è chiaro come la sua attuale strategia contribuisca alla decarbonizzazione".

A oggi JP Morgan Asset Management ha rifiutato di commentare.

  1. Il fondo “US Research Enhanced Index Eq ESG” è ora “US Research Enhanced Index Equity Active UCITS ETF”. Sulla sua pagina web principale afferma ancora di promuovere un approccio ESG.
Questo articolo è pubblicato in collaborazione con IrpiMedia; fa parte dell'inchiesta di Voxeurop sulla finanza verde ed è stato realizzato con il sostegno dell'European Media Information Fund (EMIF)
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