L’euro e il politichese

Pubblicato il 3 Agosto 2012 alle 14:18

“Se avete capito quello che ho detto, significa che mi sono espresso male”. Qualche tempo fa, all’epoca del boom dei mercati finanziari, la battuta dell’ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan era molto popolare. Oggi però, nell’era della crisi del debito, un po’ di chiarezza da parte dei leader dell’eurozona non guasterebbe affatto.

Il 26 luglio il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi aveva assicurato che la Bce era “disposta a tutto per salvare l’euro”. Il 2 agosto, dopo una riunione del consiglio direttivo dalla Bce, Draghi ha lasciato intendere che la Banca centrale potrà effettivamente acquistare sui mercati titoli di debito italiani o spagnoli, ma non subito e non direttamente.

Le Borse europee sono precipitate prima ancora della fine della conferenza stampa di Draghi e i tassi d’interesse sui bond spagnoli e italiani hanno raggiunto nuovi livelli da record. La settimana scorsa era accaduto l’opposto. Il 3 agosto le Borse hanno riaperto al rialzo.

Gli economisti e i leader politici continuano a ripetere che la crisi non può essere risolta rapidamente, e bisogna agire e parlare con prudenza. Il minimo passo falso, dicono, potrebbe provocare una reazione scomposta dei mercati e far perdere miliardi di euro a uno stato. Il problema è che ormai nemmeno i mercati sembrano capirci nulla delle decisioni dei leader dell’economia europea.

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L’irrazionalità dei mercati è un fenomeno ben conosciuto, che di solito si spiega in modo molto razionale con gli interessi a breve termine degli investitori. Eppure quando Mario Draghi ha implicitamente invitato Spagna e Italia a chiedere l’aiuto del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf) prima di poter contare sull’aiuto della Bce - cosa che Madrid e Roma rifiutano di fare - i capi dei governi dei due paesi hanno salutato con favore le sue dichiarazioni.

Difficile capirci qualcosa. Forse la verità che è stiamo assistendo a una lunghissima partita a scacchi tra Draghi, i leader europei e l’immancabile Bunesbank. Una partita che il comune cittadino europeo non è assolutamente in grado di comprendere.

La posta in gioco è enorme, perché si tratta di definire la politica economica e monetaria dell’eurozona per gli anni a venire. Dunque è normale che ci sia un dibattito tra i leader economici politici a livello europeo. Avanzando a fatica per la sua strada, Mario Draghi sembra avvicinarsi lentamente al suo obiettivo: aiutare i paesi in difficoltà per garantire un futuro all’euro, e nel frattempo calmare i mercati e limitare l’influenza della Bundesbank.

Nei giorni che hanno preceduto la riunione della Bce i giornalisti e i blogger hanno cercato di interpretare le informazioni diffuse col contagocce dalle diverse istituzioni europee. Chi ha detto cosa? Che vuol dire? Perché lo hanno detto adesso? Chi manipola chi? Il dibattito e la sua esegesi sembrano riservati a pochi eletti. Ai tempi della guerra fredda, la Cremlinologia era la scienza di chi provava a interpretare i fatti e le notizie che arrivavano da Mosca. Il paragone non è affatto rassicurante.

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