L’Europa non è un fallimento

L’adesione al progetto europeo ha permesso a Spagna, Bassi e Italia di abbandonare il colonialismo e il fascismo per abbracciare la democrazia, e oggi è determinante per la transizione dei paesi ex comunisti.

Pubblicato il 8 Luglio 2013 alle 12:04

“L’Africa inizia dai Pirenei”. Questo aforisma è stato attribuito talvolta ad Alexandre Dumas, ma è stato utilizzato nel 1959 da Albert Camus. Gli spagnoli disdegnano questa definizione: se esiste un continente col quale gli spagnoli non vogliono essere associati è proprio l’Africa.

A partire dal 1898, data dell’indipendenza di Cuba, è diventato chiaro che la Spagna non era più un impero. Ma per molto tempo gli spagnoli hanno continuato a chiedersi se non potevano in ogni caso restare la capitale culturale dell’America ispanica. Sotto il regime franchista l’élite politica riteneva che la Spagna potesse ancora imporre la sua autorità, ma con la morte di Franco nel 1976 l’illusione di un impero mondiale spagnolo è sfumata.

Nel 1976 gli antifranchisti optarono una volta per tutte per l’Europa. Prendendo le distanze rispetto alle pretese imperiali della Spagna, capirono che dovevano entrare a far parte della Comunità europea. Come dissero loro stessi, meglio “essere l’ultima ruota del carro europeo che la prima dell’America ispanica”.

L’ingresso in Europa significò per la Spagna intraprendere un processo di democratizzazione e di modernizzazione. Il Psoe (Partito socialista operaio spagnolo) riprese slancio grazie ai capitali tedeschi, mentre il Pce (Partito comunista spagnolo) che nel 1976 era di gran lunga il più grande partito dei lavoratori, non resistette all’eurocomunismo. I franchisti fondarono un partito, il Partido Popular [Pp, oggi al potere] che accolse con entusiasmo la democrazia liberale. Grazie al contributo dei fondi europei si poterono costruire o modernizzare le linee ferroviarie. La Catalogna e i Paesi Baschi ebbero la possibilità di progredire economicamente e culturalmente. Il villaggio olimpico di Barcellona (1992) e il Museo Guggenheim di Bilbao (1997) divennero i simboli di uno sviluppo economico e sociale spettacolare nelle regioni autonome.

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Chiunque abbia conosciuto la Spagna di Franco sarà rimasto sbalordito dai miglioramenti politici ed economici verificatisi nel corso di questi ultimi trent’anni. Il paese è riuscito a intraprenderli grazie all’aiuto dell’Ue, ma anche in buona parte facendo affidamento sulle sue stesse forze. Il prodotto interno lordo è raddoppiato nei primi dieci anni successivi alla sua adesione all’Ue, ed è raddoppiato di nuovo nel decennio seguente.

L’economia dei Paesi Bassi nel medesimo periodo ha vissuto un’espansione sicuramente meno rapida di quella spagnola, e ciò nonostante considerevole. Anche per i Paesi Bassi l’Europa è stata un’alternativa alle aspirazioni imperiali. Subito dopo la Seconda guerra mondiale, i Paesi Bassi si ritrovarono ad assistere alla lotta per l’indipendenza dei nazionalisti indonesiani. L’impero mondiale olandese fu ridotto a proporzioni minuscole, ma alcuni politici lungimiranti seppero vedere nella collaborazione europea una valida alternativa per i Paesi Bassi che, fino a oggi, hanno potuto considerarsi una “piccola superpotenza”.

Dimenticare Andreotti e Craxi

Ciò vale naturalmente anche per l’Italia che, dopo lo smacco della conquista dell’Etiopia, aveva dovuto rinunciare alle sue pretese imperiali e si ritrovò anch’essa sull’“ultima ruota del carro europeo”. Trent’anni fa il sistema politico italiano era dominato da due partiti del tutto corrotti – i democristiani di Giulio Andreotti e i socialisti di Bettino Craxi. Dieci anni dopo, nel 1994, questi partiti non ricevettero più il favore degli elettori. Il Pci, il partito comunista italiano, si era trasformato nel 1991 nel Pds. L'Msi (Movimento sociale italiano) neofascista si trasformò in Alleanza Nazionale, un partito democratico (1995). Poi si affermarono la Lega Nord e Forza Italia di Berlusconi. È quasi un miracolo che il sistema parlamentare italiano imposto dagli alleati si sia rivelato stabile: questa stabilità, unitamente alla crescita economica, la si deve per una parte non trascurabile alla cooperazione europea.

Berlusconi è sicuramente corrotto, ma non sarà mai all’altezza di Andreotti e Craxi. La legge in virtù della quale Berlusconi è stato condannato in passato è stata adottata per contrastare la corruzione dei socialisti e dei democristiani. Occorre dunque arrendersi all’evidenza: per la Spagna, per i Paesi Bassi ma anche per l’Italia l’adesione all’Europa è stata un grande successo, sia sul piano geopolitico sia su quello economico.

L’allargamento dell’Ue all’Europa centrale si inserisce invece in tutt’altro contesto, essendo la conseguenza immediata del disfacimento dell’Unione sovietica. Per i paesi che hanno dovuto subire il giogo comunista, l’adesione all’Unione europea ha rappresentato una liberazione e in un certo senso un ritorno alle origini.

Certo, si può essere di parere contrario, per esempio a proposito dell’introduzione dell’euro, ma da un punto di vista storico l’idea che il progetto europeo sia fallito è assurda. Ad opporsi al progetto europeo sono gli anarco-nazionalisti. Quelli che i tedeschi un tempo chiamavano Kleinstaaterei.

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