Intervista JEAN-DOMINIQUE GIULIANI (FONDAZIONE SCHUMAN)

“L’Europa sarà democratica o non sarà affatto”

In occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione Schuman (9 maggio), l’atto fondatore della costruzione dell’Unione europea, abbiamo intervistato il presidente dell’omonima fondazione a proposito dello stato di questo processo e delle sue prospettive.

Pubblicato il 22 Maggio 2020 alle 15:02

Settanta anni fa, Robert Schuman pronunciava la sua celebre “Dichiarazione”, in seguito considerata l’atto fondatore del processo di integrazione europea. Quali sono oggi le conquiste e i fallimenti, e cosa resta da fare rispetto alle intenzioni originarie?

J-D Giuliani: I risultati ottenuti finora dagli europei superano le speranze più rosee dei Padri fondatori. Lo scopo era quello di ristabilire in modo durevole la pace: nessuno, oggi, si immagina che uno stato membro dell’Unione possa pensare di ricorrere alla violenza per risolvere un conflitto con i suoi vicini. Si trattava di ricostruire l’Europa in rovina: nessuno, all’epoca, avrebbe creduto che si sarebbe rialzata e che sarebbe tornata tra le prime potenze in termini di ricchezza e prosperità. Si tratta dunque di un immenso successo, ma, allo stesso tempo, è un progetto a cui bisogna lavorare costantemente. Alle soglie dell’Unione politica, gli stati membri esitano a fare il salto, e soprattutto a rivendicarlo pubblicamente. E l’integrazione prosegue spinta della necessità, non da un movimento politico trasparente ed entusiasta.

Nella Dichiarazione si legge che l’Europa ”non si farà in una volta”, ma “sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Questa solidarietà è stata messa a dura prova dalla crisi del coronavirus. Come ne è uscita l’Europa?

Senz’altro, anche nella crisi attuale, le solidarietà di fatto esistono; il dialogo tra i vari Stati membri è chiaramente indispensabile. Ciò che manca è una solidarietà politica garantita tra i membri dell’Unione, un impegno politico sostenuto dai popoli. La timidezza dei governanti e, verosimilmente, la difficoltà di far accettare agli altri questa apertura, ne spiegano la mancanza: è una vera e propria regressione rispetto ad altre epoche della costruzione europea.

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Ma il riferimento alla dichiarazione Schuman – “Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto” – è anche un riconoscere che l’integrazione europea non può che avanzare progressivamente, tenendo conto della volontà di rispettare le identità nazionali.

Di fronte alla crisi del coronavirus e al ritardo col quale le istituzioni europee hanno reagito diversi attori della società civile hanno alzato la voce per reclamare “più Europa” e l’intervento dell’Unione in nome della “solidarietà di fatto”. Quale dovrebbe essere il ruolo della società civile nel futuro della costruzione europea, e questo ruolo è riconosciuto dalle istituzioni?

In generale, con l’eccezione del parlamento europeo, le istituzioni comuni si dimostrano – ahimé – più diplomatiche che politiche. Se la Commissione e il Consiglio prendessero l’abitudine di parlare direttamente ai cittadini, e non si accontentassero di dibattiti oscuri e pieni di tecnicismi tra specialisti in nome degli interessi nazionali del momento, i cittadini e la società civile occuperebbero lo spazio che gli spetta in una nascente democrazia europea. Per il momento, calma piatta. Né serve a nulla chiedere “più Europa” senza specificare i come né i perché.

Da diversi anni si dice che l’Europa attraversa oggi una crisi profonda, soprattutto di leadership, tanto che la fiducia dei cittadini nell’Unione è in calo in parecchi paesi. Secondo lei, quali sono le cause e le possibili soluzioni?

Dal mio punto di vista, la costruzione europea è stata abbandonata dai politici nelle mano dei diplomatici. Non voglio togliere nulla a questi ultimi – senza di loro, l’Ue non funzionerebbe! Tuttavia, i nostri responsabili politici nazionali hanno ritenuto che il sistema europeo andasse bene così. E si sono adagiati sulla facilità procurata dall’integrazione. In particolare, è vero per ciò che riguarda l’euro, che protegge, forse anche un po’ troppo, le nostre economie. Per me è questa la ragione della disaffezione da parte dei cittadini di alcune nazioni, della disillusione delle élite intellettuali europee – una vera e propria diserzione.

Davanti a me, un giorno, il cancelliere tedesco Helmut Kohl ha affermato che l’unificazione europea non poteva farsi da sola e che era necessario alzarsi ogni mattina con l’obiettivo di lottare per la sua riuscita. È necessario riprendere questa lotta, in maniera trasparente davanti all’opinione pubblica, senza raccontare storie o fare promesse inutili. È il miglior modo di mettere in scacco gli uccelli del malaugurio, gli estremisti che predicano il declino e criticano a tutto spiano cavalcando le paure comuni. L’Europa sarà democratica oppure non sarà affatto. Sarà diversa e ricca delle sue diversità. Non sarà né uno stato né un impero, ma dovrà dimostrare, ogni giorno e ancora per lungo tempo, il suo valore aggiunto.

La Dichiarazione Schuman è stata pronunciata a un’epoca in cui i “Padri fondatori” gettavano, alla fine della Seconda Guerra mondiale, le basi per la costruzione europea. Ha un’idea delle personalità che potrebbero incarnare di nuovo quest’ideale di leadership e ispirare e mobilitare gli europei?

Fortunatamente, le circostanze sono cambiate e le grandi personalità si rivelano tali in circostanze eccezionali. Quelle che attraversiamo al momento potrebbero far emergere dei leader coraggiosi capaci di convincere i cittadini della visione che hanno per il loro paese e l’Europa. Per il momento non ne vedo, anche se condivido la visione europea di Emmanuel Macron. Ci vogliono una visione, ma anche un grande savoir-faire e, verosimilmente, molta fortuna, per meritare, tempo dopo, l’appellativo di “grande personalità”. Non so se l’Ue ne abbia davvero bisogno. Basterebbero uomini e donne di buona volontà per ridargli slancio. E ce ne sono. Tocca a loro agire con determinazione e coraggio!

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