Attualità I paesi baltici e la crisi/3
Flash mob a Vilnius, 19 aprile 2010.

Lituania, la festa dell’austerity

Duramente colpito dalla crisi, il governo di Vilnius è stato costretto a tagli massicci della spesa pubblica. Il rigore non ha scatenato proteste come in Grecia e Spagna, ma ha avuto comunque un impatto tremendo sulla società lituana.

Pubblicato il 22 Aprile 2010 alle 14:29
Flash mob a Vilnius, 19 aprile 2010.

Se i leader dei paesi indebitati di tutto il mondo vogliono vedere com'è fatta l'austerity, non devono fare altro che venire in questo piccolo paese baltico di 3.3 milioni di abitanti. Alle prese con un debito in folle crescita e lo spettro della bancarotta, la Lituania è stata costratta a tagliare la spesa pubblica del 30 per cento. I salari sono stati ridotti del 20 o del 30 per cento, le pensioni dell'11 per cento. Il primo ministro Andrius Kubilius si è abbassato lo stipendio addirittura del 45 per cento.

Il governo ha fatto di tutto per salvarsi dal tracollo. Ha aumentato le imposte su un gran numero di beni, dagli alcolici ai prodotti farmaceutici. Le tasse sul reddito delle società sono salite dal 15 al 20 per cento. L'imposta sul valore aggiunto è passata dal 18 al 21 per cento. L'effetto sulle finanze statali è stato un risparmio pari al 9 per cento del Pil. Si tratta del più grande aggiustamento fiscale in un'economia sviluppata da quando è cominciata la crisi del credito dopo quello della Lettonia.

L'austerity, però, ha preteso il proprio tributo di sofferenza sociale e personale. I pensionati, messi in ginocchio dal taglio dei loro benefit, in questi giorni affollano le mense popolari. Il tasso di disoccupazione è passato dalla cifra singola al 14 per cento. L'economia del paese, già traballante, ha registrato l'anno passato una contrazione del 15 per cento. C'è da dire che la maggior parte delle misure sono state approvate con il riluttante supporto dei sindacati e dei partiti d'opposizione. Finora la società lituana ha dato prova di grande maturità. Nel paese non c'è ancora traccia del forte sentimento di protesta popolare visto in Gran Bretagna, Spagna e Grecia, sfociato in manifestazioni e scioperi a ripetizione.

Nell'euro a tutti i costi

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Kubilius è stato comunque criticato aspramente, in patria come all'estero. Il governo ha scelto l'austerity come risposta alla crisi, quando la maggioranza dei paesi in difficoltà ha adottato l'approccio keynesiano, che prescrive l'aumento della spesa pubblica. Kubilius e i suoi si sono difesi dagli attacchi sostenendo di non avere avuto scelta. Con un deficit al 9 per cento del Pil, una moneta nazionale legata all'euro e i mercati internazionali riluttanti a concedere prestiti, il governo di Vilnius ha dovuto dimostrare al mondo di poter imporre la svalutazione tagliando la spesa pubblica, ritornando alla competitività commerciale e rimettendo in sesto il mercato dei bond. La motivazione di fondo rimane sempre la stessa. La Lituania vuole assolutamente entrare nell'euro entro il 2014, e per farlo deve conformarsi alle regole di ammissione alla moneta unica.

Fatta eccezione per l'Irlanda, nessun paese europeo ha attuato una politica restrittiva paragonabile a quella lituana senza l'aiuto del Fondo monetario internazionale. Dublino ha approvato il budget più austero della sua storia, con i tagli dei salari pubblici al centro dello sforzo del governo per risanare il paese. In questo momento storico molti stati d'Europa si interrogano sui costi sociali e politici di un eventuale taglio della spesa pubblica. La situazione lituana rappresenta un caso in evoluzione per lo studio del compromesso sociale.

Come i vicini baltici di Estonia e Lettonia, la Lituania ha attraversato negli ultimi decenni un lungo boom economico guidato dalle banche e dalle società immobiliari. L'edilizia ha dominato l'economia, con i tassi d'interesse ridotti che spingevano la popolazione all'acquisto di immobili. Molti cittadini lituani hanno contratto mutui a tasso agevolato in moneta estera. Con l'esplosione della crisi, però, i prezzi delle case sono crollati, lo sviluppo edilizio si è arrestato e in migliaia hanno perso il posto di lavoro e la possibilità di pagare i debiti. Monika Midveryte, studentessa universitaria, è oggi costretta a mantenere la famiglia insieme alla madre. Il padre ha improvvisamente perso il lavoro e adesso resta tutto il giorno seduto davanti alla televisione, bevendo per non pensare ai problemi della famiglia. "Ha perso la speranza", racconta Monika con amarezza.

Suicidi in aumento

Il colpo psicologico è stato terrificante. In un paese dove già prima della crisi ogni anno 35 persone ogni centomila si toglievano la vita, il tasso di suicidi è cresciuto ancora. Secondo gli esperti è ormai uno dei più alti al mondo. Algirdas Malakauskis, prete del monastero di san Francesco e san Bernardino, ha sperimentato in prima persona l'impatto tragico della recessione. Ha dovuto officiare un numero crescente di funerali di uomini morti per propria mano. I parrocchiani si rivolgono a lui alla ricerca di un lavoro. I suoi anziani genitori hanno perso la pensione e sono in preda alla rabbia e allo sconforto. Nonostante tutto Algirdas, e come lui tanti altri, non ha voltato le spalle al governo. "È chiaro a tutti che stanno facendo tutto quello che possono per mantenere la situazione stabile", sostiene con convinzione.

"La svalutazione interna può anche portare ad una stabilizzazione a breve termine, ma a che prezzo?", si chiede Charles Woolfson, professore di diritto del lavoro all'università di Glasgow ed esperto dei paesi baltici. Woolfson fa notare che la crescente alienazione sociale in Lituania ha portato l'emigrazione ai livelli massimi dal 2004, quando il paese è entrato a far parte dell'Unione europea. "A quel tempo l'emigrazione era simbolo di speranza. Adesso è segno di disperazione".

L'edificio scintillante della Swedbank è il totem degli eccessi frenetici che hanno regalato alla Lituania un tasso di crescita record nel 2007. Completato solo l'anno scorso, è alto sedici piani e monopolizza la modesta skyline di Vilnius. Swedbank è la banca principale in Lituania. La sua politica aggressiva di prestiti per l'acquisto della prima casa è una sorta di pietra miliare del capitalismo locale. Nell'area di uffici che circonda il quartier generale della banca, gli impiegati della Swedbank ridevano e bevevano ogni giorno per festeggiare i loro successi vertiginosi, seduti comodamente in bar modernissimi con musica rock in sottofondo. Non lontano da lì, oggi, cinquecento persone si mettono in fila alla mensa popolare della chiesa di San Pietro e Paolo, nella speranza di ricevere un piatto di zuppa e una focaccia lituana. (as)

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