Attualità L’Europa e il nuovo presidente francese

Macron riuscirà a realizzare il sogno della generazione Erasmus?

Se c’è qualcuno che possa restituire fiducia nella visione di un’Europa federalista, quello è il nuovo presidente francese. Ma non sarà cosa facile, sostiene Ferdinando Giugliano.

Pubblicato il 23 Maggio 2017 alle 08:49

Un anno e mezzo fa, insieme a un’altra dozzina di giornalisti, partecipai a un pranzo nella residenza dell’ambasciatore francese a Londra. L’ospite d’onore era Emmanuel Macron, all’epoca ministro dell’economia francese, che aveva attraversato la Manica per promuovere il suo paese come meta di investimenti per banche e imprese di alta tecnologia.
Quel che mi colpì di più dell’uomo che il 7 maggio è diventato il più giovane presidente della repubblica francese di sempre non furono tanto la sua sconfinata ambizione o la sua accademica attenzione per i dettagli. Fu piuttosto il suo sfacciato europeismo, che un anno dopo è diventato uno dei tratti distintivi del suo programma presidenziale.
In un periodo di crescente risentimento verso Bruxelles, Macron dà l’impressione di aver viaggiato nel tempo e provenire dall’era pre-crisi. A 39 anni, è il più eminente simbolo della “generazione Erasmus”, così chiamata dall’importante programma dell’Unione europea per favorire gli scambi universitari, che permette agli studenti di trascorrere un periodo di studio in un altro paese Ue. Questi competenti giovani professionisti, che ora hanno tra i 30 e i 40 anni, hanno visto le loro carriere e i rapporti sociali svilupparsi grazie alle frontiere aperte. Molti di loro si sono aggrappati ai sogni federalisti, sperando che un giorno l’Ue assomigli di più agli Stati Uniti d’Europa.
Ora che riveste il ruolo più importante del suo paese, Macron ha l’opportunità di realizzare il sogno di questa generazione. Si trova però di fronte a due ostacoli principali: il primo è convincere la Germania a accettare le conseguenze di una maggiore integrazione della zona euro. Il secondo è arrestare l’ondata di euroscetticismo, che si sta facendo strada proprio tra quegli stessi giovani che guardavano l’Ue con entusiasmo. Queste sono sfide complicate.
In ogni caso, se c’è qualcuno in grado di superarle, quello è Macron. Concepisce l’eurozona come un’unione fiscale integrata, con un ministro delle finanze che gestisce un bilancio comune e che rende conto al Parlamento europeo. Questa idea, che secondo molti economisti è necessaria per la sopravvivenza dell’unione monetaria, ha incontrato la fiera opposizione della Germania. Berlino teme che gli stati membri più deboli userebbero i soldi dei contribuenti tedeschi per aumentare la propria spesa pubblica invece che per cercare di migliorare la propria competitività. Quando la cancelliera tedesca Angela Merkel si è congratulata con Emmanuel Macron per la sua vittoria, ha anche sottolineato che non ha intenzione di allentare le strette regole fiscali della zona euro.
Fortunatamente, Macron comprende che un’unione di trasferimento in cui gli stati più solidi supportano quelli più deboli deve essere basata sul compromesso. “Non si può dire ‘Sono per un’Europa forte ma dovete passare sul mio cadavere per creare un’unione di trasferimento...o per riformare il mio paese’ ”, disse al pranzo di Londra. La sua ragionevolezza lo pone in forte contrasto rispetto ad altri leader europei che hanno promesso di riformare l’Ue. Matteo Renzi, l’ex presidente del consiglio italiano, si è opposto a maggiori controlli da Bruxelles sui budget nazionali, e allo stesso tempo ha chiesto più “flessibilità” di bilancio per aumentare la spesa corrente: la strategia sbagliata per convincere i tedeschi.
L’altro test che dovrà affrontare il nuovo presidente francese sarà convincere i giovani d’Europa che vale la pena inseguire il sogno della generazione Erasmus. Macron ha vinto con un margine di due a uno al ballottaggio delle elezioni presidenziali, raggiungendo la maggioranza in tutte le fasce d’età. Tuttavia, la sua rivale euroscettica Marine Le Pen ha raggiunto buoni risultati tra i votanti giovani e di mezza età. Sembra che un fattore decisivo sia stata la frustrazione tra i giovani per l’assenza di lavori adeguatamente retribuiti. Quella stessa rabbia ha alimentato anche altri partiti populisti in Europa, a cominciare dal Movimento Cinque Stelle in Italia, paese in cui la disoccupazione giovanile supera il 35 per cento.
Macron potrebbe dunque essere arrivato proprio al momento giusto. L’economia della zona euro sta godendo di una leggera ripresa, che potrebbe prendere uno slancio ora che gli investitori possono smettere di preoccuparsi del rischio di una presidente euroscettica all’Eliseo. Con un consolidamento della crescita economica, la disoccupazione giovanile dovrebbe calare e questo a sua volta dovrebbe aumentare il sostegno verso l’Ue.
Ovviamente, ci sono molte ragioni per cui preoccuparsi sul fatto che Macron riesca a realizzare anche una piccola parte del suo ambizioso programma. Potrebbe non riuscire a ottenere una maggioranza alle elezioni legislative del mese prossimo, e ciò potrebbe ostacolare i suoi progetti di riforme a livello nazionale. La Germania può anche testardamente rifiutarsi di collaborare, ma una nuova crisi economica in un paese come l’Italia potrebbe portare la ripresa a una brusca frenata.
In ogni caso, questo è il momento di sentirsi fiduciosi per il futuro dell’eurozona. La generazione Erasmus sembra aver raggiunto la maggiore età.

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