In un'intervista a The Conversation Luc Rouban ritiene che la sentenza del tribunale di Parigi contro Marine Le Pen “rappresenta uno sforzo per migliorare la democrazia. La riaffermazione dello stato di diritto è assolutamente indispensabile e legittima. Il sistema democratico francese è molto fragile”.
Secondo il politologo francese, che lavora presso il Centro nazionale per la ricerca scientifica francese, “molto più che in altri paesi europei. Il livello di fiducia dei cittadini nei confronti della classe politica e della magistratura è molto basso e deve essere ripristinato.
Questo avviene in particolare quando la giustizia si applica a personaggi che sottraggono milioni di euro, e non solo a cassiere di supermercati che vengono licenziate e perseguite penalmente per il furto di una tavoletta di cioccolato. La condanna di Marine Le Pen è un innegabile progresso della nostra democrazia: è il segno che il rapporto con la politica sta cambiando, che la politica è diventata un'attività professionale come le altre, soggetta a regole”. Di fronte agli attacchi contro la giustizia e all'”argomento trumpista del 'governo dei giudici', Rouban ricorda che “il giudice non ha fatto altro che applicare la legge”.
Nella sua newsletter History of the Present su Substack Timothy Garton Ash esprime i suoi dubbi sulle conseguenze politiche della condanna di Marine Le Pen. Lo storico e saggista britannico vede in particolare “due grandi pericoli”. “In primo luogo, questo potrebbe effettivamente aiutare il Rassemblement National (Rn) a vincere le elezioni presidenziali del 2027, o con Marine Le Pen stessa come candidata”, se la sua condanna dovesse essere successivamente annullata, “o con Jordan Bardella”, presidente del Rn. Garton Ash cita a questo proposito il caso della Romania, dove un altro candidato della destra dura, George Simion, sembra trarre profitto del divieto di candidarsi del filorusso Călin Georgescu. Cita anche la campagna elettorale di Donald Trump, che “è stata favorita anziché ostacolata dalle sue condanne penali, che ha denunciato come giustizia politica”.
“E questa è la seconda minaccia”, sottolinea Garton Ash: “quel che nel caso francese è quasi certamente un esempio di imparzialità dello stato di diritto può finire per minare la fiducia nella imparzialità dello stesso stato di diritto, almeno in una parte significativa degli elettori”. Secondo un sondaggio d'opinione, ricorda, “più del 40 per cento dei francesi intervistati ha dichiarato di ritenere che il verdetto fosse stato influenzato da considerazioni politiche”.
Non sorprende che, “dopo la sentenza del tribunale, l'estrema destra abbia scatenato un vero e proprio tsunami mediatico, definendo il verdetto uno ‘scandalo della democrazia’, un ‘giorno buio per la democrazia francese’, ‘pratiche degne di un regime totalitario’ e un processo politico volto a bloccare la strada del loro candidato verso il palazzo dell'Eliseo”, osserva da parte sua Petr Janyška su Deník Referendum.
“Improvvisamente si capisce in che modo l'estrema destra concepisce il ruolo della giustizia e la sua imparzialità. È come se stessimo ascoltando Trump”, osserva ancora l'ex diplomatico e ambasciatore ceco in Francia, che ricorda che “coloro che rifiutano la sentenza che li colpisce a causa della sua specificità politica affermano che dovrebbe essere giudicata secondo criteri diversi da quelli delle altre persone”.
La condanna di Marine Le Pen è stata l'occasione per Donald Trump di approfittarne “per stigmatizzare una nuova ‘caccia alle streghe’ della ‘sinistra europea contro la libertà di espressione’. Un intervento brutale che piega la vicenda alla propria propaganda antieuropea”, osserva Matteo Pascoletti su Valigia Blu. “Attorno a questo copione che mette insieme vittimismo, intimidazione e disprezzo per lo Stato di diritto, è stato ampio e bipartisan il ventaglio di coloro che, se proprio non vogliono contribuire all’assassinio dello Stato di diritto, come minimo provano a istigarne il suicidio”.
Pascoletti nota che se la “internazionale reazionaria” ha gridato al “martirio” di Marine Le Pen, diverse voci della sinistra europea si sono espresse anche contro il “governo dei giudici”: “Non c’è nessuna vera logica in certi discorsi, se non l’aver accettato implicitamente un tipo di potere basato sui privilegi e le eccezioni. Perché o si crede nello Stato di diritto, e quindi lo si vive come un contratto sociale con cui fare i conti, o si decide che è un’illusione e tanto vale usare quel contratto come carta igienica. Nel primo caso, il potere giudiziario non deve tenere conto del voto popolare, figurarsi dei sondaggi, né trae da essi la propria legittimazione”.
Il sostegno di Trump e del suo vicepresidente J. D. Vance alla leader del Rn è arrivato all'indomani di quello che il presidente americano ha definito il “Liberation day”: l'annuncio di nuovi massicci dazi doganali applicabili a quasi tutti i paesi del pianeta – di cui il 20 per cento per l'Unione europea – con la notevole eccezione della Russia.
Mentre l'ascesa dei partiti di estrema destra sembra inevitabile in Europa, questa dichiarazione potrebbe tuttavia provocare, oltre a un rallentamento economico, un duro colpo per alcuni partiti della destra radicale. “La buona notizia è che la guerra commerciale di Trump mette le forze di estrema destra che gli sono favorevoli in una posizione terribilmente scomoda. Una cosa è che l'estrema destra europea sostenga Trump per principio, o sostenga la tirannia dell'amministrazione americana su popolazioni di cui non si preoccupa affatto, che si tratti di ucraini, canadesi, messicani o palestinesi. È un'altra cosa difendere Trump e le sue politiche quando le vittime sono paesi che queste partiti di estrema destra dovrebbero rappresentare”, sottolinea Nathalie Tocci sul Guardian. La politologa italiana sottolinea inoltre il dilemma che i leader della destra radicale devono affrontare: “Consapevoli di rischiare di essere sanzionati se si esprimono a favore di Trump e sanzionati se non lo fanno”.
“La guerra commerciale transatlantica di Trump contro l'Europa presenta un altro vantaggio politico”, ritiene la direttrice dello Iai: “Potrebbe rafforzare la loro unità. Questo effetto è già visibile. Bloccati tra la guerra della Russia e il tradimento degli Stati Uniti, gli europei hanno riscoperto il loro sostegno all'Ue. L'ultimo Eurobarometro rivela che il 74 per cento degli europei ritiene che l'appartenenza del proprio paese all'Ue sia una buona cosa, la percentuale più alta degli ultimi 42 anni”.
In collaborazione con Display Europe, cofinanziato dall'Unione europea. I punti di vista e le opinioni espressi sono esclusivamente quelli dell'autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Ue o della Direzione Generale per le Reti di Comunicazione, i Contenuti e la Tecnologia. Né l'Unione europea né l'autorità che ha concesso il finanziamento possono essere ritenute responsabili.
Perché gli eco-investitori si ritrovano a finanziare le “Big Oil”? A quali stratagemmi ricorre la finanza per raggiungere questo obiettivo? Come possono proteggersi i cittadini? Quale ruolo può svolgere la stampa? Ne abbiamo discusso con i nostri esperti Stefano Valentino e Giorgio Michalopoulos, che per Voxeurop analizzano i retroscena della finanza verde.
Vedi l'evento >
Partecipa alla discussione
Divento membro per tradurre i commenti e partecipare