Per gli allevatori padani è arrivato, è proprio il caso di dirlo, il tempo delle vacche magre. Dopo l'illusorio boom del 2008, quando il prezzo del latte aveva sfiorato i 40 centesimi al litro, oggi la vendita del prodotto non basta neanche a coprire i costi di nutrizione delle mucche. E allora, visto che "le vacche, purtroppo, non vanno in cassa integrazione", ai produttori non resta che farle "uscire dalla stalla". Destinazione: il macello. "E´ una disperazione, macellare le bestie prima che sia giunto il loro tempo", sostiene uno degli allevatori intervistati da Jenner Meletti su Repubblica. "Ma oggi è una disperazione anche fare l´allevatore". Una soluzione, oltre alle sovvenzioni che tengono a galla il settore, è puntare sulla qualità per ribattere alla concorrenza proveniente dall'estero, con un'etichetta che certifichi il latte italiano: "Non vogliamo chiudere le frontiere: chiediamo che il consumatore, in latteria o in un supermercato, possa scegliere. Con la guerra dei prezzi saremmo destinati alla sconfitta." L'articolo originale
POLITICA UE
Piangere sul latte versato
L'Europa è leader mondiale per la varietà di latte prodotto e per la sua esportazione globale. Ma potrebbe essere vittima del suo stesso successo, osserva Gazeta Wyborcza. Dopo anni di incredibile sviluppo, sostenuto dai finanziamenti di Bruxelles, la produzione di latte è oggi in crisi a causa del crollo dei prezzi, e molti allevatori europei sono sull'orlo della bancarotta. Per questo i produttori di latte ora chiedono alla Commissione europea di intervenire sulle vendite, e di mantenere almeno fino al 2020 i sussidi all'esportazione e i limiti alla produzione. “L'Europa si trova di fronte a una scelta difficile: se vuole salvare la produzione di latticini, l'unica via è quella di tornare al protezionismo, scontrandosi con il resto del mondo e con gli stessi consumatori europei. Altrimenti la produzione di latte potrebbe collassare”, scrive Gazeta.
In Cina e in India i ricavi del latte hanno già raggiunto quelli europei; ma le scorte europee di latticini iniziano ad accumularsi. L'EU ha già messo da parte 380mila tonnellate di latte in polvere, più della metà della sua produzione annuale. Anche le scorte di burro aumentano, con 200mila tonnellate conservate nei magazzini frigorifero europei, circa il 10 per cento della produzione annuale. Queste riserve potrebbero essere esportate nei paesi più poveri, o re-immesse nel mercato europeo. Ma entrambe le soluzioni non sono troppo buone. Con la prima si ritornerebbe alle politiche interventiste. La seconda provocherebbe un ulteriore calo dei prezzi, e nuova ondata di proteste da parte dei produttori. Bruxelles ha una bella gatta da pelare.