Il monumento all'indipendenza del Kosovo, a Pristina.

Non proprio indipendente

Il 10 settembre il più giovane stato d'Europa fa un altro passo verso la sovranità con la fine della supervisione internazionale. Ma secondo la stampa europea il paese è ancora incapace di reggersi sulle sue gambe.

Pubblicato il 10 Settembre 2012 alle 14:54
Il monumento all'indipendenza del Kosovo, a Pristina.

L'Ufficio civile internazionale (Ico) di Pristina chiuderà il 10 settembre. I rappresentanti di 25 paesi responsabili, tra cui 20 membri Ue, Turchia, Croazia, Norvegia, Svizzera e Stati Uniti, si ritroveranno nella capitale kosovara per l'occasione. La supervisione internazionale era stata avviata nel 2007 dall'inviato speciale delle Nazioni Unite Martti Ahtisaari, e l'Ico era stato aperto il 17 febbraio 2008, data dell'indipendenza del Kosovo.

La chiusura dell'ufficio non significa però la fine della presenza internazionale nell'ex provincia serba, sottolinea il croato Jutarnji List:

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La Nato è ancora presente e la missione europea Eulex ha ancora diritto d'ingerenza nella giustizia. In questa situazione il termine "piena sovranità" non ha molto senso, tanto più che a causa delle divisioni in seno alla comunità internazionale e delle mancanze del potere kosovaro e delle missioni estere il Kosovo resta diviso: i serbi del nord continuano a non riconoscere l'autorità di Pristina.

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In un'intervista a Nrc Handelsblad l'ex rappresentante Ue in Kosovo Peter Feith fa il conto delle cose che restano da fare, soprattutto in materia di diritto, economia e lotta alla corruzione, e ricorda che cinque paesi Ue, Grecia, Romania, Spagna, Cipro e Slovacchia

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hanno boicottato dei progetti mirati allo sviluppo del Kosovo. Volevano farne un failed state.

Un obiettivo che è stato quasi raggiunto, commenta ancora Jutarnji List:

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Le istituzioni kosovare sono state messe in piedi dall'esterno e non da elezioni democratiche. La comunità internazionale non ha fatto nulla dopo che gli osservatori europei avevano riscontrato gravi irregolarità nelle elezioni. [...] Per quanto riguarda la lotta alla corruzione, né le autorità kosovare né la missione Ue hanno brillato per efficacia.

La Serbia intanto non sembra essersi rassegnata alla perdita della provincia, anche a costo di mettere a rischio i negoziati di adesione all'Ue. Secondo Le Monde

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le intenzioni dei leader serbi restano oscure dopo la vittoria dei nazionalisti alle elezioni del 6 maggio. L'Ue ripete che l'integrazione è sottomessa alla normalizzazione dei rapporti tra Belgrado e Pristina, ma senza esigere un chiaro riconoscimento. Al momento il dialogo interrotto nel marzo 2011 tra le due capitali non è più ripreso.

La comunità internazionale dovrà rassegnarsi a restare in Kosovo ancora a lungo, conclude Jutarnji List:

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La fine dell'indipendenza sorvegliata dipende più dalla voglia dei partner esteri di smettere di occuparsi del problema e di spendere soldi che dai progressi di Pristina. Nonostante abbia dichiarato di voler evitare il ripetersi degli errori commessi in Bosnia-Erzegovina, la comunità internazionale non ha saputo scongiurarli, e Nato e Ue saranno obbligate a restare ancora a lungo in Kosovo. Tuttavia la decisione di concludere la supervisione è un messaggio forte alla Serbia: l'indipendenza del kosovo è incontestabile e Belgrado dovrà rassegnarsi ad accettarla.

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