Rassegna Passaggio a Nordovest

Il nuovo centro europeo: verso il populismo?  

Per capire come e perché la destra estrema in Europa avanza ovunque, va analizzata una mutazione in atto in Occidente. La rassegna stampa di questo mese si occupa del saggio di Olivier Roy sul nuovo centro europeo.

Pubblicato il 2 Giugno 2024 alle 18:00

Il conservatorismo sociale o religioso sta alla destra populista come l’immigrazione sta alla sinistra? Questa, quantomeno, è la conclusione che possiamo trarre dall’analisi del politologo Olivier Roy su Le Grand Continent, “Le grand recentrement” in cui l’autore delinea i nuovi parametri del centrismo politico europeo. 

Facendo il punto sulle vittorie e sconfitte dei populisti europei negli ultimi anni, Roy evidenzia che i partiti più socialmente conservatori, quali Vox in Spagna (contrario al matrimonio tra persone dello stesso sesso e all’aborto), o PiS in Polonia, hanno manifestato la tendenza a esiti di gran lunga peggiori rispetto ai social liberali come Geert Wilders nei Paesi Bassi, o di  Marine Le Pen in Francia

“Il populismo che vince” scrive Roy, “è un populismo liberale […]. Marine Le Pen lo ha capito chiaramente quando, nella sua campagna del 2017 per la presidenza, ha definito l’identità francese in base alla laïcité [laicità], invece che al cristianesimo. Le Pen non mette in discussione il diritto all’aborto o il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Di conseguenza, nei sondaggi sale, mentre Marion Maréchal non. Geert Wilders, vincitore nelle elezioni del dicembre 2023 nei Paesi Bassi, ha una programma decisamente liberale, in tema di questioni di costume sociale”.

Nel frattempo, mentre la destra populista continua a guadagnare terreno nella fase preparatoria delle elezioni europee del 2024, l’eccezione a sinistra è quella della Danimarca, dove il governo di Mette Frederiksen è noto per il suo approccio insolitamente duro (secondo i parametri europei) nei confronti di migrazioni e asilo. “Secondo me, sta diventando sempre più evidente che a pagare il prezzo della globalizzazione non regolamentata, dell’immigrazione di massa e della libera circolazione della manodopera sono le classi inferiori”: così il Guardian riporta le parole pronunciate da Frederiksen poco prima della sconfitta decisiva del governo danese di destra nel 2019. 

Secondo Roy, il governo danese esemplifica il nuovo centro della politica europea. “L’esempio più tipico di questo cambiamento” scrive Roy, “si trova in Danimarca, dove il partito socialdemocratico ha messo in atto la politica di esclusione e assimilazione forzata più restrittiva d’Europa, proprio nel nome del modello sociale e dei valori liberali”. In questo spostamento, Roy enumera anche la Francia di Emmanuel Macron: “In Francia inseriscono l’aborto nella Costituzione proprio mentre approvano una legge sull’immigrazione estremamente restrittiva.” 

A proposito di Macron e del centro politico, vale la pena menzionare l’articolo del 2019 dell’antropologo Didier Fassin pubblicato sulla London Review of Books, in cui l’autore sostiene che Macron (“un centrista estremo”) è di fatto un tipo di populista: “Il populismo di solito viene inteso come una strategia discorsiva che oppone il popolo e l'élite, con i populisti che affermano di rappresentare il primo contro la seconda. Ma la teorica politica belga Chantal Mouffe, sostenitrice del populismo di sinistra, dice in modo convincente che esso implica anche una forma verticale di potere e richiede un leader carismatico. Macron, che fa tanto parlare del suo rifiuto delle élite politiche tradizionali - di destra e di sinistra - e del suo desiderio di un rapporto diretto con il popolo, è senza dubbio un populista”.

Un’altra eccezione nella sinistra europea, che concorda senza dubbio con l’analisi di Frederiksen sulle migrazioni di massa, è Sahra Wagenknecht in Germania con il suo Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit (BSW). 

Scrivendo per il quotidiano britannico The Parliament Magazine Julia Kaiser sottolinea l’ironia del fatto che la principale minaccia elettorale per AfD – oltre ai tentativi di bandirla del tutto, naturalmente – arriva da una politica che si schiera apertamente dalla parte opposta dello spettro politico. Parlando con Kaiser, un membro del consiglio direttivo dell’istituto Forschungsgruppe Wahlen sottolinea la sovrapposizione elettorale tra AfD e la BSW di Wagenknecht: “Se esaminiamo i gruppi dei sostenitori, constatiamo un potenziale maggiore nella base dei sostenitori di AfD: il 43 per cento di loro sta prendendo in considerazione l’idea di votare BSW”. 

Fabio De Masi, candidato di punta di BSW nelle imminenti elezioni europee, apre al tentativo del partito di sfruttare l’insoddisfazione degli elettori dell’AfD: “Intendiamo fare un’offerta seria a coloro che voteranno AfD per delusione e rabbia perché pensano che questo sia il modo più eclatante di esprimere la loro protesta”.

Per diverse ragioni, tuttavia, Wagenknecht non appartiene al nuovo centro europeo delineato da Olivier Roy. Tra queste ragioni c’è anche il suo percepito euroscetticismo, così come la sua opposizione alla fornitura di aiuti militari all’Ucraina. Mentre Frederiksen – così come Donald Tusk recentemente eletto in Polonia - ha rotto con il consenso liberale o di sinistra sull’immigrazione, resta fermamente dalla parte della Nato e dell’Ucraina, e difficilmente ha una propensione all’euroscetticismo.

Hugo Blewett-Mundy, ricercatore di EUROPEUM, scrive che Frederiksen è la candidata ideale per subentrare a Charles Michel quando in un prossimo futuro scadrà il suo mandato, e che è proprio la posizione esplicita di Frederiksen nei confronti della Russia che dovrebbe farle ottenere quella posizione. 

La Danimarca è “il secondo donatore bilaterale di Kiev più importante in proporzione al Prodotto interno lordo (dietro l’Estonia) […]. Malgrado le ricadute economiche della guerra, la Danimarca ha allocato 60.4 miliardi di corone (8.1 miliardi di euro) a un fondo nazionale per l’Ucraina. Frederiksen ha anche guidato di persona gli sforzi congiunti volti ad aumentare gli investimenti nella Difesa”.  

Blewett-Mundy sottolinea anche il talento di cui dà prova Frederiksen nel creare consenso: nel giugno 2022 il suo governo ha condotto una campagna referendaria di successo per invertire la rinuncia alla politica di difesa dell’Ue della Danimarca, “una decisione coraggiosa da prendere per un paese tradizionalmente euroscettico”. 

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ECF, Display Europe, European Union

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