Posti chiave dell’Ue
Donald Tusk, Federica Mogherini. Brussels, 30 August.

Poco potere per poca ambizione

Pubblicato il 10 Settembre 2014 alle 19:48
Donald Tusk, Federica Mogherini. Brussels, 30 August.

Su Foreign Affairs il politologo Lorinc Redei, critica pesantemente le recenti nomine ai vertici dell’Ue – il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e l’Alto rappresentante per gli Affari esteri Federica Mogherini, scrivendo che saranno “un disastro” e che i leader europei “tutti insieme hanno reso l’Unione europea trascurabile dal punto di vista degli affari globali”. Redei sottilinea che “Tusk può anche essere un politico di talento”, ma è “assai improbabile come creatore di consenso europeo”;

Tusk non è noto per le sue competenze di creatore di coalizioni. Entrambi i suoi governi in Polonia facevano affidamento su un unico partner della coalizione alla Camera bassa (e nessuno al Senato). Il suo predecessore, Herman Van Rompuy, almeno “aveva alle spalle decenni di esperienza” nel coalizzare tramite la politica federale in Belgio.

Aggiungendo poi che Tusk “non parla francese e ha una padronanza limitata dell’inglese”, Redei scrive anche che:

È difficile credere che egli possa dar vita ad accordi creativi tra i suoi ex colleghi, tenuto conto di tutte le difficoltà che ha anche soltanto a comunicare con loro in lingua comune. Il messaggio della sua nomina è chiaro: i leader nazionali in Europa preferiscno che nessuno eserciti pressioni per una prospettiva europea distinta che intralci il loro approccio del minimo comun denominatore.

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Nel frattempo, l’attuale ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini —

È priva di due delle caratteristiche fondamentali per essere un’efficiente portavoce della politica estera dell’Ue: una statura esecutiva e internazionale. […] Mogherini non ha un background nelle complesse istituzioni dell’Ue. Non ha un’esperienza di prima mano nella burocrazia intricata del Servizio europeo per l’Azione estenra (Eeas). […] È stata eletta soltanto sei anni fa per la prima volta. Né è nota, del resto, fuori d’Europa, […] e i governi stranieri difficilmente la prenderanno sul serio.

Oltre a ciò, l’autore giudica la gestione del caso dell’Ucraina da parte del Consiglio europeo di agosto “a stento sufficiente a frenare il presidente russo Vladimir Putin dal passare a qualche altra aggressione”.

Per Redei l’ultimo summit del’Ue mostra che i leader degli stati membri dell’Ue

sono diffidenti nell’assegnare le posizioni ai vertici dell’Ue a personaggi politici di alto profilo, che potrebbero andare contro i loro interessi nazionali nel nome di un bene europeo comune. […] Nominando invece personaggi di secondo piano alle cariche più alte, i leader europei mettono a repentaglio la loro stessa capacità di affrontare le sfide più grandi della nostra epoca, come la rinascita e l’espansione della Russia.

Infine, Redei afferma che il summit ha dato il “via libera” alla Russia per un’escalation in Ucraina, dimostrando che gli Usa e l’Ue non sono in grado di far fronte alle loro stesse responsabilità:

Da soli, gli stati dell’Ue sono impotenti. Insieme mancano di ambizione. In ognuno di questi casi, Putin se li rigirerà come vuole.

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