Rassegna Core Europe

Dalla guerra allo sfruttamento: il difficile percorso dei rifugiati ucraini in Europa

Immigrati come gli altri. La situazione dei rifugiati ucraini nel mercato del lavoro dei paesi ospitanti mette in discussione la narrazione di un’integrazione semplice, promossa dall’Europa.

Pubblicato il 4 Settembre 2024

L’invasione russa del 2022 ha scatenato il più grande esodo in Europa del secondo Dopoguerra. A due anni di distanza, secondo le stime dell’ UNHCR, 10 milioni di Ucraini sono ancora sfollati, 6 milioni dei quali sono rifugiati in Europa. La Direttiva sulla Protezione temporanea, da tempo inapplicata, è stata resa esecutoria per la prima volta e ha dato la possibilità ai profughi ucraini di accedere rapidamente ai permessi di soggiorno, al mercato del lavoro, agli alloggi e alle reti di sicurezza sociale, evitando l’iter burocratico delle procedure di asilo tipico dell’Ue.

Sfortunatamente, secondo Vsquare, tale direttiva si è rivelata uno scudo poroso contro gli imprenditori rapaci. I risultati dell’inchiesta paneuropea "War & Labor", realizzata da Kristina Veinbender, Mariya Merkusheva, Miglė Krancevičiūtė e Olivia Samnick, dimostrano come alcune imprese abbiano abilmente sfruttato la disperazione dei rifugiati ucraini e trasformato questa crisi umanitaria in un’opportunità commerciale. 

Le vessazioni che affliggono i rifugiati ucraini nel mercato del lavoro europeo sono varie: dalle trattenute sui salari, illegalmente bassi, a condizioni di vita squallide, agli abusi psicologici, e alla flagrante mancanza di rispetto per il benessere dei lavoratori e il diritto del lavoro. La guerra ha generato un’industria della povertà. Le imprese sfruttano gli ucraini attraverso una triplice forma di profitto: intascano dei sussidi per impiegarli, fanno pagare loro affitti spropositati e sfruttano il lavoro interinale.

La presenza sul territorio dei rifugiati ucraini in Europa è cambiata in modo significativo. Se oggi la Germania ne ospita la maggior parte, ovvero 1,2 milioni, in Polonia il numero dei rifugiati ucraini è diminuito ed è passato a 950.000. Alla base di questo spostamento verso ovest, in particolare verso la Germania, ci sono migliori prospettive economiche e benefici sociali, e questo dimostra quanto il fattore economico influenzi i modelli di insediamento dei rifugiati all’interno dell’Ue.

Olivia Samnick scrive su Der Freitag che nel 2023, dell’80 per cento dei rifugiati ucraini in Germania è in cerca di un lavoro, solo il 21 per cento ha ottenuto un impiego entro la fine dell’anno. Molte persone altamente qualificate, che si trovano ad affrontare lunghi processi di riconoscimento delle qualifiche, accettano posizioni sottopagate, dove il rischio di essere sfruttate è elevato. Le ispezioni sul lavoro, che avvengono in media una ogni 25 anni per azienda, sono inadeguate a causa della carenza di personale e dello scarso coordinamento interdipartimentale.


La guerra ha generato un’industria della povertà


Nonostante le solide leggi sul lavoro, la Confederazione dei Sindacati tedeschi segnala una diffusa inosservanza. Nel settore alberghiero, ad esempio, la retribuzione in base al numero di camere anziché al numero di ore effettivamente lavorate, spesso ha come conseguenza un abuso di straordinari non retribuiti. Questo schema di infrazione individuale si è trasformato in un problema sistemico, in cui i datori di lavoro senza scrupoli traggono profitto da prassi lavorative non conformi agli standard, mentre molti lavoratori sopportano o si dimettono in silenzio.

Se la Germania accoglie il maggior numero assoluto di rifugiati ucraini, la Repubblica Ceca con circa mezzo milione è il primo paese per rifugiati ucraini in termini pro capite. Uno studio condotto dall'Università Carolina  di cui parlano  Zita Senková e Dušan Drbohlav per la Radio pubblica ceca, dimostra che i rifugiati ucraini, soprattutto le donne, sono stati accolti nel mondo del lavoro ceco. Tuttavia, sono in gran parte confinati in impieghi di basso livello nel mercato secondario del lavoro, al netto delle loro esperienze e qualifiche, spesso elevate.

Questa discrepanza ha portato a un crescente malcontento, con proteste per il trattamento indegno, i salari bassi, e lo sfruttamento. La situazione talvolta spinge i rifugiati verso il lavoro in nero o agenzie di collocamento. Le barriere linguistiche e le difficoltà nel riconoscimento dei diplomi esasperano il problema. Anche se le competenze linguistiche dei rifugiati stanno migliorando la pressione legata alla necessità di guadagnare e di prendersi cura delle famiglie impediscono il proseguimento degli studi, creando un un persistente ostacolo a migliori prospettive occupazionali.


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Sul quotidiano praghese Lidové noviny Lenka Štěpánková racconta una tendenza ancora più preoccupante tra i giovani dei rifugiati ucraini: circa tre quarti degli adolescenti non vanno a scuola, una tendenza che secondo gli esperti potrebbe incrementare la criminalità, mettere a dura prova i servizi sociali, e sprecare potenziali contributi al mercato del lavoro. Questo divario sul piano didattico è dovuto a un complesso concorso di fattori: riluttanza, mancanza di risorse nelle scuole secondarie, barriere linguistiche, e benefici sociali insufficienti a coprire il costo della vita durante gli studi. Paradossalmente, secondo quanto constata il giornale, i rifugiati ucraini sono contribuenti netti del bilancio dello Stato ceco, in quanto il loro apporto fiscale supera l’uso che fanno delle risorse pubbliche.

Secondo Mérce, in Ungheria, i rifugiati ucraini, anche quelli con la cittadinanza ungherese, in particolare i rom della Transcarpazia, si trovano ad affrontare circostanze altrettanto precarie. Buona parte dei rifugiati ucraini lavora senza contratto, a prescindere dalle qualifiche. Le donne di solito sono addette alle pulizie, gli uomini operai edili. La situazione grava soprattutto sui rifugiati di bassa estrazione sociale, di cui i rom sono il  gruppo maggiormente vulnerabile. I rifugiati più istruiti, appartenenti al ceto medio, vivono una condizione diversa ma comunque problematica: nonostante i titoli di studio o le qualifiche avanzate, le barriere linguistiche costringono molti di loro a lavori  manuali che non rientrano nelle loro competenze.

I rifugiati, in particolar modo le donne, vengono sfruttati anche al di fuori del mercato del lavoro. Rocío Crespo su La Razón segnala che la polizia spagnola, in collaborazione con l’Europol, ha smantellato una rete di trafficanti che adescava le donne con la falsa promessa di un posto come assistenti di volo, solo per costringerle alla prostituzione nei club del sud della Spagna.

Su Watson, un portale di notizie svizzero, Chantal Stäubli nota che, sebbene i rifugiati ucraini godano generalmente di condizioni migliori rispetto a quelli che arrivano dal Mediterraneo o dai Balcani, grazie a uno status di protezione più definito e a vie di fuga più sicure, non sono immuni allo sfruttamento. In Germania e in Svizzera sono emersi casi di uomini che hanno offerto ospitalità a donne ucraine in cambio di sesso, facendo emergere la persistente vulnerabilità che caratterizza anche i gruppi di rifugiati relativamente privilegiati.


E inoltre

Il giochetto dei visti dell’Ungheria allarma l’Ue

Ádám Kolozs | 444 | 30 luglio | HU

L'allentamento delle norme sui visti per i russi da parte dell'Ungheria ha suscitato preoccupazioni a Bruxelles. Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo, avverte che ciò potrebbe aprire una porta allo spionaggio russo nell'Ue. In una lettera al Presidente del Consiglio europeo Charles Michel, Weber chiede un intervento urgente al prossimo vertice dell'Ue.

La nuova politica, entrata in vigore a luglio, estende il permesso di lavoro ungherese con carta nazionale a russi e bielorussi, oltre che ad alcune nazionalità balcaniche. Il processo semplificato, che non prevede certificazioni specifiche sul fabbisogno di manodopera, ha sollevato preoccupazioni per la sicurezza. I critici mettono in guardia da un potenziale ingresso non controllato della Russia nell'area Schengen, paragonando i rischi a quelli delle entità di proprietà russa precedentemente sanzionate. Mentre l'Ungheria cita il bisogno di manodopera per il suo progetto nucleare Paks 2, Weber mette in dubbio la necessità di questo nuovo sistema, sostenendo che potrebbe facilitare lo spionaggio. Weber esorta i leader dell'Ue a prendere misure forti per proteggere l'integrità di Schengen e prevenire simili azioni unilaterali da parte degli Stati membri. Mentre le tensioni tra Russia e Occidente persistono, l'approccio dell'Ungheria alla politica dei visti minaccia di creare una nuova spaccatura nella strategia di sicurezza dell'Ue.

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