Tony Blair ha dovuto spiegare davanti a una commissione di inchiesta perché ha deciso di coinvolgere il suo paese nell'invasione dell'Iraq. Il giorno precedente, a pochi chilometri di distanza si era aperta la conferenza di Londra sul futuro dell'Afghanistan. Anche se di natura diversa, le due guerre dell'epoca Bush continuano a influenzare la politica europea. L'Iraq, perché i dirigenti hanno manipolato l'opinione pubblica per spingerla a sostenere il governo contro Saddam Hussein; l'Afghanistan, perché in mancanza di risultati sul campo e di strategie chiare, molti cittadini hanno l'impressione che i loro governi non dicano tutta la verità sulla missione dei loro soldati.
Uno dei punti di riferimento intellettuali dei neoconservatori americani è Leo Strauss. Sulla base di un'interpretazione contestata del pensiero di questo filosofo di origine tedesca, morto nel 1973, gli artefici delle guerre di Bush hanno conservato l'idea della "necessità di mentire al popolo sulla natura della realtà politica. Spetta all'élite riconoscere la verità e tenerla per sé", spiegava un editoriale di William Pfaff nel 2003. Nelle società democratiche questa tentazione non riguarda solo gli ideologi.
Costretti a prendere decisioni controverse davanti a opinioni pubbliche sempre più reattive, i dirigenti europei possono lasciarsi prendere la mano da questi atteggiamenti elitisti. Ma quello che è successo per l'Iraq non deve ripetersi per l'Europa. L'entrata in vigore del trattato di Lisbona ha comportato un certo deficit di democrazia. La sua applicazione, come spiegava Le Monde questa settimana, è oggetto di giochi di potere incomprensibili per i semplici cittadini. Non sarà certo la conseguente impotenza dell'Ue a rendere l'elitismo europeo più accettabile. (adr)
Eric Maurice