Finalmente ci siamo: anche in Italia si parla apertamente di uscire dall'euro. E se non stupisce che lo faccia Rinascita, secondo cui "bisogna uscire dall’euro e ripristinare la lira, socializzare le imprese e nazionalizzare le banche per tornare a ridare speranza e futuro ai giovani e alle famiglie", ben più sorprendente è la presa di posizione sul Foglio di Paolo Savona. Che, giova ricordare, è stato ministro dell'industria nel governo Ciampi, capo del Dipartimento per le politiche comunitarie della presidenza del consiglio e coordinatore del Comitato tecnico per la Strategia di Lisbona. Non proprio un euroscettico dell'Illinois, insomma, ma uno che l'euro ha contribuito a farlo.
Secondo Savona, "nella storia delle nazioni, Italia compresa, giunge sempre il momento di fare scelte importanti, come anche di cambiarle": gli Stati Uniti hanno voluto Bretton Woods nel 1944 per poi buttarla a mare neanche trent'anni dopo, la Francia è entrata, uscita e rientrata nella Nato, l'Italia "è entrata nell'euro fin dalla sua nascita, accettando il vincolo esterno nella promessa di un futuro migliore che non si è realizzato; anzi, stringe la corda attorno al collo che si è volontariamente posta", e ora forse farebbe meglio a ripensarci.
Alla luce delle regole in vigore, "utili solo a una Germania capace di accumulare squilibri di bilancia superiori a quelli della Cina", e all'incubo di una revisione del trattato di Lisbona voluta da Berlino che peggiorerebbe ulteriormente le cose per noi, l'Italia potrebbe seguire l'esempio della Gran Bretagna e uscire dalla moneta unica pur restando nell'Unione europea.
Così facendo "essa attraverserebbe certamente una grave crisi di adattamento, con danni immediati ma effetti salutari [...]: sostituirebbe infatti il poco dignitoso vincolo esterno con una diretta responsabilità di governo dei gruppi dirigenti. Si aprirebbe così la possibilità di sostituire a un sicuro declino un futuro migliore attraverso il reimpossessamento della sovranità di esercitare scelte economiche autonome, comprese quelle riguardanti le alleanze globali".
E proprio qui sta il problema. È verissimo che l'attuale gestione dell'euro risponde praticamente solo agli interessi della Germania. Uscirne però non ci riporterebbe agli anni novanta, ma a un mondo in cui a decidere le "alleanze globali" non sono più le ex potenze coloniali europee, bensì le potenze commerciali emergenti. Senza la massa critica dell'eurozona alle spalle, è difficile immaginare come l'Italia – che non ha il peso e le amicizie della Gran Bretagna, che pure non se la passa benissimo – possa ottenere da esse condizioni migliori di quelle imposte dai nostri attuali padroni tedeschi.