Idee La risposta dell’Europa agli attentati di Parigi

Un accenno di unione politica

Dopo gli attacchi del 13 novembre per la prima volta un paese europeo – la Francia – ha chiesto l'aiuto dei suoi partner per rispondere a un attacco armato. La risposta unanime dei paesi membri segna un punto di svolta nella politica estera e di difesa dell'Unione, sostiene Bernard Guetta.

Pubblicato il 20 Novembre 2015 alle 13:03

Dopo gli attentati di Parigi le cose stanno cambiando rapidamente. Lo avevamo già capito il 14 novembre in occasione dell’incontro di Vienna sulla Siria, che si era concluso più rapidamente del previsto con un accordo per far partire un dialogo diretto tra il regime e i ribelli, che la Russia non considera più come “terroristi”.

L’avevamo capito durante la riunione del G20, dove Barack Obama e Vladimir Putin avevano pubblicamente dato la priorità alla definizione di un compromesso sulla Siria. A Vienna come al G20 è apparso evidente che l’obiettivo della Russia non è più quello di restituire a Bashar al Assad tutti i poteri perduti ma quello di allearsi con le altre potenze.

Dunque si è aperta la porta a questa grande coalizione internazionale chiesta il 16 novembre da François Hollande che ripeterà il suo appello a Mosca e Washington durante i viaggi della prossima settimana. C’è stata un’accelerazione su tutti i fronti, a partire da quello europeo.

Martedì 17 si è svolta a Bruxelles una riunione dei ministri della difesa europei in cui la Francia ha chiesto ai suoi partner l’applicazione dell’articolo 42.7 del trattato di Lisbona che “nel caso in cui uno stato membro sia vittima di un’aggressione armata” prevede un intervento degli altri stati dell’Unione per “aiutarlo e assisterlo”.

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Prima d’ora questo articolo non era mai stato invocato né applicato. I paesi più atlantisti dell’Unione avrebbero preferito l’applicazione di una clausola simile contenuta nel trattato della Nato, ma l’Unione ha comunque accettato la richiesta francese senza defezioni. Questo significa che per la prima volta nella sua storia l’Unione ha deciso unanimemente di esprimere una posizione comune nel campo della difesa, fuori del quadro della Nato. La svolta è tanto più rilevante se consideriamo che non si tratta solo di parole.

Dal 17 novembre diversi paesi europei hanno infatti offerto alla Francia aiuti materiali e uomini. Il governo francese si prepara a chiedere ai suoi partner di appoggiarlo sui diversi fronti africani per poter concentrare i suoi sforzi contro il gruppo Stato islamico (Is). Probabilmente le capitali europee contribuiranno ad armare l’insurrezione siriana e attaccheranno l’Is coordinandosi con l’aviazione francese. Siamo davanti a una svolta storica, a cui si aggiungono altri cambiamenti di grande importanza.

Sempre il 17 novembre Putin ha ordinato alle sue forze armate di coordinarsi con la portaerei Charles de Gaulle, che naviga verso le coste siriane, per definire un piano operativo comune. La Russia ha finalmente deciso di attaccare l’Is anziché bombardare i ribelli che ormai vorrebbe vedere dialogare con il regime siriano.

Le politiche delle grandi potenze si stanno avvicinando, non solo a parole ma sul campo. I nostri partner europei hanno ammesso che la Francia deve fare tutto il possibile per finanziare la lotta contro il terrorismo. Non siamo ancora all’Europa politica, ma non siamo mai stati così vicini.

Questo articolo è originariamente stato pubblicato in italiano da Internazionale

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