Un fatale passo indietro

Sotto la pressione di Francia e Italia, Bruxelles sembra disposta a reintrodurre i controlli alle frontiere interne dello spazio Schengen. La decisione, che dovrebbe essere ratificata dai Ventisette il 12 maggio, sarebbe l'inizio della fine per l'UE.

Pubblicato il 11 Maggio 2011 alle 14:34

Supponiamo per un momento che vengano ripristinati i controlli alle frontiere interne dell’Unione europea. Sarebbe un vero disastro: i cittadini perderebbero un sacco di tempo nei controlli; i doganieri sarebbero nuovamente sovraccarichi di lavoro e tornerebbero a scioperare per chiedere che i controlli siano più snelli – come fecero italiani e francesi all’inizio degli anni ottanta, contribuendo a gettare le premesse del primo accordo di Schengen firmato il 14 giugno 1985.

I bilanci pubblici sarebbero gravati dalle spese del personale, e le infrastrutture alle frontiere e i costi supplementari andrebbero coperti dai cittadini, che finirebbero col pagare più tasse e comperare prodotti più costosi.

Il prezzo per l’Ue sarebbe enorme: vorrebbe dire rinunciare a un principio di base dell’Unione, quella della libera circolazione. L’area Schengen ha dato a tutti la sensazione di appartenere a un unico territorio. Quando in treno o in automobile si passa da un paese europeo all’altro e ci si imbatte in semplici cartelli laddove fino a poco tempo prima c’erano sbarre e poliziotti, si ha la vera percezione della realtà creata dall’Ue. Lo “straniero” diventa qualcuno di più vicino.

Se si reintroducessero i controlli alle frontiere, è probabile che si tornerebbe anche alla “tribalizzazione” dei popoli europei: i vicini tornerebbero a essere semplicemente “stranieri”, più stranieri di quanto non fossero fino a venti anni prima. E per l’Unione sarebbe l’inizio della fine.

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Per il momento, ciò che Francia e Italia chiedono è la reintroduzione dei controlli alle frontiere interne per un periodo di tempo limitato, ma non soltanto per motivi di ordine pubblico e di sicurezza nazionale (del resto già previsto dal trattato in vigore). Ci sono anche altre ragioni. L’Italia ha concesso un permesso di soggiorno temporaneo a decine di migliaia di immigrati nordafricani (offrendogli così la possibilità di muoversi nell’area Schengen), mentre la Francia non ha intenzione di accoglierli.

Lo scontro italo-francese ha prodotto una lettera scritta a quattro mani alla Commissione europea da Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy. L’aumento delle motivazioni in nome delle quali si possono reintrodurre i controlli rientra nella tattica definita “richiesta massima”, giusto per iniziare le trattative partendo da molto in alto.

I due paesi che ne hanno fatto richiesta auspicano un potenziamento del ruolo operativo dell’agenzia Frontex, ma in questo caso Berlusconi e Sarkozy sfondano una porta aperta: il ruolo di Frontex infatti avrebbe dovuto comunque essere potenziato dopo la firma del trattato di Lisbona.

I nuovi xenofobi

Il 12 maggio la Commissione europea presenterà anche il proprio piano di riforma del trattato di Schengen. La commissaria agli interni, Cecilia Malmström, ha scritto sul suo blog che alcuni stati membri (provate a indovinare quali) hanno la preoccupante tendenza a “lasciarsi trasportare dagli eventi” e a chiedere “provvedimenti tempestivi”; sottolinea inoltre che le politiche in materia di migrazione non devono essere influenzate dai “movimenti populisti”.

Giusto. Ma finora ogni paese ha varato le proprie politiche, il sud (più esposto all’arrivo di immigrati) si è ritrovato in conflitto con il nord e i movimenti populisti nel frattempo sono riusciti a ottenere un sostegno sempre più grande da parte di paesi considerati tolleranti e corretti, come i Paesi Bassi, la Danimarca o la Finlandia. I populisti ormai non si oppongono più agli stranieri, ma alimentano negli elettori la paura di perdere il lavoro a causa dell’immigrazione clandestina.

Anche l’identikit dell’elettore populista è in evoluzione: non si tratta più dell’operaio anziano e scarsamente istruito, bensì di un quarantenne, mediamente colto, con guadagni nella media. Le preoccupazioni di questi elettori sono comprensibili. È relativamente facile persuaderlo che la soluzione ciò che possede è chiudere le porte e le finestre di quella casa nella quale ci sentivamo così bene prima dell’arrivo degli “altri”, con i quali ormai dobbiamo convivere in nome della solidarietà e della libertà di circolazione. (traduzione di Anna Bissanti)

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