Spencer Finnley/Flickr

Unione o conformismo?

Secondo Henry Porter dell'Observer, a vent'anni dalla caduta del muro le promesse implicite in quell'evento non sono state mantenute. Anche perché l'UE cerca sempre più di “standardizzare abitudini e comportamenti”.

Pubblicato il 11 Novembre 2009 alle 16:32
Spencer Finnley/Flickr

La Corte europea dei diritti umani (ECHR) ha bandito il crocifisso dalle scuole italiane; ciò può essere interpretato come una conquista del laicismo liberale, o un attacco illiberale all'espressione religiosa e a alla tradizione nazionale. Ma forse c'è una terza opzione che non ha nulla a che vedere con i diritti, ma piuttosto con la mania dell'Europa di omologare tutti i comportamenti e le abitudini, così come regola il trasporto di bestiame o le misure di sicurezza dei nuovi tosaerba. Il crocifisso non rientra negli ambiti di interesse dell'Unione europea (e la ECHR non è un'istituzione comunitaria) e proprio ora che festeggiamo la caduta del muro di Berlino dovremmo ricordarci che gli ultimi a bandire dalle scuole europee ogni simbolo religioso furono i regimi comunisti dell'est.

A vent'anni di distanza, un organo europeo abbraccia con forza il laicismo solo perché una mamma atea, di origine finlandese ma residente nel nord Italia, non vuole che i suoi figli abbiano in classe il crocifisso. Basta questo per diventare euroscettici. E, a mio parere, ora che il trattato di Lisbona è stato ratificato, l'euroscetticismo rimane l'unico atteggiamento responsabile da parte di ogni vero democratico. Essere scettici non significa necessariamente essere ostili; piuttosto si tratta di essere vigili nei confronti di ogni nuova carica, di ogni opaca commissione o direttivo, e chiedere sempre: “Questo è giusto per la nostra società?”. Le istituzioni europee possono commettere sprechi o errori, esattamente come le istituzioni nazionali, e per questo bisogna essere scettici. La lontananza siderale delle istituzioni dalla vita di tutti i giorni le rende particolarmente fallibili: se non si è vigili, ci si accorge dei loro errori solo quando è troppo tardi.

Il popolo siamo noi

E poi non è bello che i leader europei sfruttino gli incontri di Berlino per l'anniversario della caduta del Muro per decidere chi sarà il prossimo presidente europeo. Nella scelta il popolo europeo non gioca alcun ruolo, proprio ora che l'Unione celebra una delle più significative rivoluzioni pacifiche della storia. Le proteste di questo autunno, scoppiate a Dresda e poi a Karl-Marx-Stadt, Potsdam, Halle e infine Berlino, erano in sostanza una manifestazione di esistenza da parte del popolo, che ha chiesto di essere riconosciuto, rispettato e consultato. “Siamo noi il popolo”, è stato il loro grido.

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Chi c'era vent'anni fa non potrà mai scordare l'espressione sui volti dei tedeschi dell'est quando hanno attraversato per la prima volta il confine al Checkpoint Charlie. Nell'aria c'era un entusiasmo che faceva sembrare tutto possibile. Gli accordi da anticamera per scegliere il Presidente tradiscono proprio questo spirito. Gli eventi degli ultimi vent'anni non hanno mantenuto le promesse di quel momento. Abbiamo perso l'opportunità di costruire un'Europa che non si legittimi solo sulla soddisfazione materiale e sulla crescita economica, e questo dobbiamo almeno riconoscerlo. Non si può creare una grande unione consumistica e allo stesso tempo rimuovere i simboli della vita spirituale dalle aule scolastiche.

Democrazia significa responsabilità

Un vero euroscettico dovrà prima esaminare quali sono i valori che mandano avanti l'Ue, e poi concentrarsi su quello che stiamo costruendo e su come rendere le istituzioni sempre più trasparenti ed efficaci. L'anniversario del muro è il momento ideale per chiederci se sappiamo davvero cosa sta succedendo in Europa. Per esempio, quanti sono a conoscenza del comitato permanente creato dal trattato di Lisbona per attuare la prima politica di sicurezza coordinata, che prevede anche piani di sorveglianza di massa, l'uso dei così detti sistemi Adabts (automatic detection of abnormal behaviour and threats in crowded spaces) e la condivisione degli archivi del Dna? Quanti sanno del piano europeo di registrare gli spostamenti di tutti i veicoli, con il quale diventerebbe facilissimo controllare i movimenti di ogni individuo? Mi chiedo se non usassero già questo sistema nelle autostrade dell'est.

Nel 1990 Václav Havel disse che il popolo è sempre responsabile del proprio governo, anche di quelli totalitari. “Siamo tutti – ovviamente in misura diversa – responsabili della macchina del totalitarismo. Nessuno può essere solo vittima. Siamo tutti coinvolti. Ma anche il miglior governo del mondo, il miglior parlamento e il miglior presidente non possono ottenere molto da soli. La libertà e la democrazia comportano la partecipazione e quindi la responsabilità di tutti”. È un esempio di scetticismo particolarmente illuminato. Varrebbe la pena di riascoltarlo in questo anniversario.

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