Un’offerta che non si può rifiutare

Dopo aver respinto l'intervento del Fondo monetario internazionale, il governo ungherese ha dovuto fare marcia indietro in seguito a una serie di attacchi speculativi. Ancora una volta la finanza ha avuto la meglio sulla politica.

Pubblicato il 25 Novembre 2011 alle 14:39

Non cerchiamo di nascondere la realtà: non ne vale la pena. La ripresa dei negoziati con l'Fmi [il 21 novembre] equivale a una capitolazione.

Non possiamo descrivere in altro modo quello che è successo, dopo che avevamo definito il distacco dall'organizzazione l'estate scorsa come una “guerra di indipendenza” [l'Ungheria aveva rotto le discussioni con il fondo, di cui rifiutava le raccomandazioni. Nel 2008 il paese aveva ricevuto 20 miliardi di euro dall'Fmi, dalla Banca mondiale e dall'Ue]. La capitolazione è una cattiva notizia ed è umiliante per chi lotta per la propria indipendenza.

Tuttavia è molto irritante vedere fino a che punto i mercati hanno agito in maniera coordinata e sistematica per spingere il paese su questa strada. Inoltre questa isteria dei mercati, basata su voci senza fondamento e molto probabilmente diffuse intenzionalmente, si è amplificata con l'arrivo della delegazione dell'Fmi [Il 24 novembre Moody's ha abbassato il rating del debito ungherese a Ba1].

Così, dopo diversi mesi di relativa calma, ci siamo trovati al centro della crisi che attraversa l'Unione, come scriveva un blogger del Wall Street Journal. Nel frattempo un collaboratore di Bloomberg ci ha definito spazzatura, due agenzie di rating hanno preso misure minacciose nei nostri confronti e il tasso di cambio tra il forint e l'euro ha battuto tutti i record.

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Il cappio si è stretto e tutti i commentatori, gli analisti e gli investitori hanno ripetuto giorno dopo giorno che questi problemi sarebbero scomparsi se gli ungheresi avessero firmato un nuovo accordo con il Fondo monetario internazionale. E come per miracolo è stato proprio così: l'Fmi e l'Ungheria si sono ritrovati. Ma sembra che il loro matrimonio non sarà celebrato prima di gennaio.

Inutile dire che durante questa campagna speculativa dei mercati abbiamo atteso invano l'aiuto, anche simbolico, di Bruxelles. L'Unione si è occupata solo dei problemi della zona euro e noi siamo stati dimenticati. Inoltre il fatto che non si parli troppo della nostra indipendenza probabilmente le fa comodo.

Ogni volta che penso a quello che è successo mi viene in mente una storia che riassume la situazione dell'Ungheria. Vicino al lago Balaton è stato aperto di recente un ristorante. Un giorno arrivano alcuni tipi robusti convinti che il posto abbia bisogno di protezione. I proprietari del ristorante invece sono convinti di potercela fare da soli. D'accordo, rispondono i tipi, e vanno via. Poi un giorno il locale va a fuoco. Ed ecco che l'offerta di protezione diventa improvvisamente più interessante. (traduzione di Andrea De Ritis)

Opinione

Il fallimento di Orbán

“Se un uomo politico prevede di dimettersi in una situazione ipotetica ('Se l'Fmi ritorna, io me vado'), allora è quasi certo che quando la situazione si verificherà questi rimarrà al suo posto”, ironizza Népszabadszág ricordando che il primo ministro Viktor Orbán aveva affermato di recente che avrebbe rifiutato qualunque intervento dell'Fmi in Ungheria.

“Ha fatto di tutto per aumentare la tensione, convinto che il peggio avrebbe potuto essere evitato”, osserva il giornale di centrosinistra, convinto che il capo del governo “cerchi di salvare una politica ormai ingestibile e soprattutto sé stesso”.

“Bisogna guardare in faccia la realtà”, aggiunge il giornale. “Un anno e mezzo fa, quando Orbán poteva fare quasi tutto in questo paese, e quasi tutto ha fatto, ha dato pieni poteri a uno sciamano”, il ministro dell'economia György Matolcsy. “E sulle fantasie di questo ministro Orbán ha costruito la sua politica di autodeterminazione nazionale. Una politica attraente ma stupida, che ha portato molti guai agli ungheresi e ha trasformato il paese in uno zimbello internazionale”.

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