"Giustizia per Daphne!" Quel grido risuona attraverso le strade della Valletta ogni 16 del mese, in occasione del giorno in cui Daphne Caruana Galizia fu assassinata nel 2017.
Ma la Giustizia sembra essersi presa il suo tempo. Il primo passo costituito dall'arresto dei tre uomini accusati di aver piazzato la bomba sotto la sua auto non è stato seguito da alcun progresso visibile. Dove erano le menti? Erano protette? Queste erano tra le domande scottanti poste dai manifestanti che si riuniscono religiosamente ogni mese. Le cose sembravano bloccate.
Si sono sbloccate due settimane fa con l'arresto del presunto intermediario nell'omicidio e il resto è storia – una storia che si svolge ancora in una rapida successione di eventi spettacolari legati sia alla criminalità che alla politica.
La giustizia sembra essere di nuovo in carreggiata. Ci sono eroi e cattivi in questa storia incredibile. Gli eroi sono quelli che, nonostante gli ostacoli e i polveroni, hanno continuato con le indagini penali, hanno proseguito l’inchiesta che Daphne stava conducendo e hanno continuato a manifestare, tutti quanti alla riceca della verità, nonostante l'insistenza del governo nel mascherare le prove alla base delle loro proteste.
I cattivi nella storia – chiamiamoli presunti – stanno cominciando a venire fuori. Dopo gli esecutori materiali, abbiamo scoperto il sospetto intermediario, il tassista Melvin Theuma, e il potenziale mandante, il magnate Yorgen Fenech.
Fortunatamente per chi cerca la verità, i lupi finiscono per scannarsi fra di loro e sono pronti a confessare. Muovendosi sul confine ormai confuso tra criminalità e politica, il ministro dell'economia Chris Cardona si è autosospeso dopo essere stato interrogato dalla polizia, mentre il capogabinetto del Primo Ministro, Keith Schembri, si è finalmente dimesso dopo aver affrontato enormi pressioni interne ed essere stato anche lui interrogato dalla polizia, subito seguito dal ministro del turismo Konrad Mizzi ha seguito l'esempio. Altri dovrebbero e dovranno affrontare la giustizia.
Il paese è in preda a un subbiglio in parte causato dal primo ministro Joseph Muscat e dagli uomini a lui vicini. L'indagine sull'omicidio non avrebbe precipitato una crisi politica di questa portata se avesse indicato a Schembri e a Mizzi la porta quando le loro dubbie operazioni finanziarie erano state per la prima volta rivelate dalle inchieste di Daphne. La sua deliberata miopia ha contribuito a che il marciume si diffondesse, rendendo “normale” che migliaia di persone chiudano un occhio sulla corruzione fintanto che ricevono anche loro una fetta di torta.
La maggior parte di quella corruzione è stata istituzionalizzata – è stato surreale per noi riferire delle centinaia di posti di lavoro assegnati ai loro fedeli, gli appalti senza gara, e così via.
Ora abbiamo un paese in cui la ricchezza è il valore più elevato, indipendentemente da come è stata guadagnata, l’edilizia frenetica ha rovinato il paesaggio per sempre e i ricchi sono sempre più ricchi a spese dei poveri – perché questo è ciò che fa la corruzione.
Ieri è stato chiesto al primo ministro se si sarebbe dimesso, visto che Schembri, l'uomo dietro al suo trono, è ora sospettato. Minimizzando, il dottor Muscat ha parlato di andare avanti, della necessità di prendere decisioni, di assumersi le proprie responsabilità e di garantire una leadership stabile. Data la sua passata inazione, la sua vicinanza a Schembri, il sospetto di associazione che ricade su di lui e il suo contributo alla confusione politica attuale, il primo ministro dovrebbe ripensarci.
Deve chiedersi se il progresso, la responsabilità politica, la stabilità della leadership e la saggezza nel prendere le decisioni – nell'interesse della giustizia e di risolvere la crisi del paese – non sarebbero serviti meglio se si facesse da parte, magari dopo un adeguato periodo di transizione. Ma la situazione attuale non può andare avanti per mesi. Malta deve tornare a una parvenza di normalità in cui la giustizia sociale e il bene comune prevalgono sull'avidità, la corruzione e il clientelismo.