Il settore del trasporto marittimo è stato il primo a beneficiare della globalizzazione e del suo ritmo incessante, che ha fatto girare nel mondo sempre più merci e sempre più velocemente. Da quando la Cina è diventata la fabbrica del mondo, questo settore ha avuto una crescita annua fenomenale. Nel 2008, circa 500 milioni di containers standard (Teu) sono stati trasportati sulle acque degli oceani – quasi il doppio rispetto a dieci anni fa. Anno dopo anno, si sono costruite navi sempre più grandi e capienti, sono stati ingranditi i porti, e moltiplicate le tratte commerciali. Complessivamente, la capacità di trasporto della flotta mondiale è passata dai 4 milioni di Teu del 2000 ai 12,5 milioni di oggi. Molti hanno fatto fortuna in questi anni di continua espansione: compagnie marittime, banchieri, investitori, in particolare ad Amburgo. Nel giro degli ultimi dieci anni, la città anseatica è diventata il maggior centro mondiale per l'attività e il finanziamento delle più moderne navi da trasporto. Oggi il 35 per cento delle navi cargo che operano nel mondo appartengono ai tedeschi, e circa 60 istituzioni bancarie specializzate hanno sede ad Amburgo.
Cargo mezzi vuoti
Ma, dal giorno alla notte, la crisi economica e finanziaria ha messo un freno all'attività del settore. Per la prima volta nella storia, il trasporto marittimo ha subìto una contrazione, con una flessione di quasi il 16 per cento nel primo semestre di quest'anno. Ora i battelli sono fin troppo grandi per le quantità di merci da trasportare. Spesso navigano mezzi vuoti, quando non restano ormeggiati in porto. Le grandi rotte regolari rischiano di saltare, e con loro le compagnie marittime e quelli che le finanziano. Il settore, fino a poco tempo fa premiato dalla globalizzazione, rischia ora di esserne la prima vittima. La crisi è visibile, ad Amburgo forse più che altrove. Situata da quasi un secolo nei pressi del Binnenalster – uno dei due laghi artificiali di Amburgo – la società Hapag-Lloyd, un tempo tra le prime compagnie marittime al mondo, è oggi il simbolo della crisi. Le imprese concorrenti, i banchieri e i responsabili di settore guardano al suo andamento con apprensione: se anche un gigante come Hapag-Lloyd è schiacciato dalla crisi – si chiedono – chi sarà la prossima vittima? Il trasporto marittimo ha sempre avuto alti e bassi, ma, agli occhi delle imprese coinvolte, questa crisi è più grave del solito. “Finora non c'era mai stata carenza di merci da trasportare”, spiega Ulrich Kranich, membro del consiglio esecutivo per le operazioni globali. Eppure oggi accade proprio questo: l'Occidente non consuma più come prima, e l'Oriente non produce abbastanza da riempire i giganti della flotta commerciale mondiale.
Dieci dollari per un televisore
Si spiega così il crollo dei prezzi, e del tutto inutile è il tentativo disperato delle imprese di farli risalire. Infatti il prezzo del trasporto marittimo influisce poco sul prezzo finale della merce, e quindi produttori e consumatori non sono toccati più di tanto dalla sua variazione. Trasportare un televisore dall'Asia all'Europa costa dieci dollari, un aspirapolvere costa un dollaro, e una bottiglia di birra un cent. È stata l'invenzione dei container che ha permesso di ridurre così tanto i costi di trasporto. Nulla ha contribuito di più alla globalizzazione dell'arrivo, verso la metà degli anni '80, di queste grosse casse di metallo. L'ascesa della Cina al rango di potenza economica globale sarebbe inimmaginabile senza i container. Grazie a loro, è diventato conveniente coltivare pomodori in Spagna, farli lavorare in Cina, e poi rivenderli in Spagna sotto forma di passata. Nel panorama dell'attuale crisi finanziaria, le compagnie più stabili stanno alimentando ancora di più la guerra dei prezzi, per guadagnare quote di mercato. Hapag-Lloyd sembra essere stata colpita dalla crisi più nera nel peggior momento possibile. Costretta a trasferire i suoi profitti degli anni precedenti alla compagnia affiliata TUI, ha potuto a malapena disporre delle riserve. Per aiutare la principale compagnia tedesca a superare la crisi, il governo ha deciso di farle un prestito garantito di un milardo di euro. Hapag-Lloyd dovrà comunque sbarazzarsi dei battelli di cui non è proprietaria. Altre compagnie stanno adottando la stessa strategia.
Effetto domino
Dei 4.619 battelli da trasporto che girano negli oceani, circa 1.644 appartengono ad armatori tedeschi. Senza che il mondo se ne accorgesse, negli anni del boom, una dozzina di armatori, insieme alle banche e ai fondi di investimento, hanno fatto di Amburgo il primo porto mondiale per il finanziamento e la costruzione di navi cargo moderne. Ma invece di gestire una propria tratta commerciale, si accontentano di affittare le navi, a volte equipaggio incluso. Il settore è ora minacciato da un temibile effetto domino: le compagnie marittime rischiano di non poter più pagare l'affitto dei battelli, gli armatori e gli investitori potrebbero quindi non essere in grado di rimborsare le banche, a loro volta già colpite dalla crisi. Ma il peggio deve ancora venire: nel 2008 le compagnie marittime tedesche hanno ordinato 1.550 nuove navi da trasporto, che dovranno essere consegnate nei prossimi anni. Ma molti di questi ordini sono già stati cancellati. Dappertutto nel mondo, navi abbandonate hanno gettato l'ancora nei porti, negli estuari dei fiumi, e nelle baie.
Secondo gli esperti, bisognerà attendere il 2012 per vedere il traffico commerciale marittimo ritornare al livello del 2008. Come molti altri porti, anche Amburgo ha in cantiere un programma di espansione da 750 milioni di euro. Per anni la città ha visto la più grande crescita d'Europa, con profitti triplicati nel corso di un decennio, fino ad accogliere quasi dieci milioni di container; gli ufficiali portuali prevedevano di arrivare a venti milioni nel 2015. Ma oggi nessuno ci crede più. I profitti del porto sono diminuiti di un terzo nel primo trimestre, e il programma di espansione è stato sospeso. “Perché”, si chiede il manager di una compagnia di Amburgo, “si dovrebbero spendere miliardi per navi che forse non arriverano mai?”.
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