È giusto boicottare le partite degli deciso che non andranno in Ucraina.
Senza pronunciarsi sulla colpevolezza dell’ex simbolo della Rivoluzione arancione del 2004, condannata in ottobre a sette anni di carcere per abuso di potere, i sostenitori del boicottaggio vogliono in questo modo protestare contro i maltrattamenti che avrebbe subito in prigione e la repressione di cui è oggetto l’opposizione.
Il caso Timoshenko è emblematico della deriva autoritaria di Viktor Janukovic e del degrado dei rapporti con l’Ue: dalla sua elezione nel 2010 il capo del Partito delle regioni ha continuato a rafforzare il potere dei suoi sostenitori - la popolazione di lingua russa dell’est del paese - sullo stato, a indebolire l’opposizione e ad avere relazioni altalenanti con i suoi vicini, la Russia e l’Unione europea.
La prima, culturalmente vicina all’Ucraina, vorrebbe mantenere il paese nella sua sfera di influenza e farne una specie di Bielorussia meridionale. Con l’Unione europea invece un accordo di associazione aspetta solo di essere firmato e in cantiere c’è anche un’unione doganale - una sorta di adesione light all’Ue. Anche in questo caso l’obiettivo è attirare Kiev nell’orbita dei valori storici e culturali dell’Ue - l’Ucraina occidentale ha fatto parte (con la Polonia, la Lituania e la Bielorussia di oggi) della Repubblica delle due nazioni nel sedicesimo e diciassettesimo secolo - in virtù dell’attrazione che il soft power dell’Unione dovrebbe esercitare sulle regioni vicine.
Gli avversari del boicottaggio temono che questo finisca per gettare Kiev nelle braccia di Mosca. In effetti la tentazione esiste, ma sarebbe contraria agli interessi economici dell’Ucraina e renderebbe più fragile un’indipendenza orgogliosamente conquistata. Ma la maggior parte degli ucraini vede il suo futuro nell’Ue e quest’ultima deve fare attenzione a non tradire le loro aspettative.
Questo spiega perché sarebbe opportuno un boicottaggio da parte dei politici e non delle squadre. Un boicottaggio che sarebbe ancora più efficace se associato a misure di pressione economica (applicazione delle leggi antiriciclaggio per i capitali ucraini depositati nell’Ue) e doganali (divieto di visto per i dirigenti del regime responsabili di abusi, visti più facili per gli studenti, i ricercatori, gli uomini d’affari e i turisti) e a uno sforzo pedagogico per spiegarne le ragioni agli ucraini. Infine, in occasione delle elezioni legislative del prossimo ottobre, l’Ue e l’Ocse dovrebbero inondare il paese di osservatori per assicurare la regolarità del loro svolgimento.
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