Attualità Società civile in Russia

Il movimento di resistenza russo non è morto: edizioni clandestine, riunioni e cyber-spionaggio

A due anni dall’invasione dell’Ucraina, in Russia l’opposizione politica appare frammentata, e in molti casi praticamente neutralizzata. Chi ha osato criticare il Cremlino è andato incontro all’esilio, all’arresto o all’omicidio, e la minaccia di pesanti condanne carcerarie per stroncare ogni dissenso continua. Esiste però un’attività di dissenso fatta di stampa clandestina e discussioni, che resta attiva.

Pubblicato il 15 Marzo 2024 alle 11:04

La silenziosa ribellione dei nastri verdi, le riunioni online e la rete sempre più vasta di edizioni e seminari clandestini sono tutti segnali dell’esistenza di un movimento decentralizzato che sta lentamente mettendo radici nel paese. 

Si tratta di attivisti e attiviste, spinti dalla speranza di un futuro libero, che fanno da contrappunto alla narrativa imposta dal Cremlino e accolgono chiunque voglia restare in Russia e combattere il regime dall’interno.

Tra il ronzio delle stampanti 3D e il bagliore degli schermi dei computer, una telecamera mi permette di osservare un co-working di Mosca. Una ragazza mi dà il benvenuto in uno dei “piccoli rifugi” del suo gruppo. Chiedendomi di non lasciarmi influenzare dall’aria di improvvisazione e dal disordine, mi spiega che tutte le attività del gruppo, dall’organizzazione di conferenze al cyber-spionaggio, hanno un obiettivo comune: coinvolgere la popolazione nella battaglia per un futuro migliore. 

Il gruppo agisce nell’anonimato, una scelta che favorisce la sicurezza e sostiene lo sforzo collettivo. Ma i rischi non mancano. 

Poche settimane fa uno dei componenti del gruppo è stato arrestato con l’accusa di aver finanziato “un’organizzazione estremista”. Alla fine la persona è stato rilasciata, ma la vicenda rispecchia il forte incremento negli attacchi contro qualsiasi forma di opposizione politica, una tendenza preoccupante che era già emersa prima della guerra.

Spiare le email di funzionari governativi e creare scompiglio nell’attività istituzionale sarebbe pericoloso in qualsiasi stato del mondo, in Russia e in tempo di guerra assume tutta un’altra dimensione. Tuttavia, come spiega un esponente del gruppo, combattere dall’interno significa anche avere maggiori probabilità di successo. In pochi, nel gruppo, prenderebbero in considerazione l’idea di lasciare la Russia. [Vogliono restare] per amore del paese, spinti dal desiderio di sfidare le politiche oppressive dello stato. 


‘Ora le cose stanno diventando più complicate. La guerra ha spaventato alcune persone spingendole al silenzio, mentre altre che un tempo protestavano adesso sono più radicali e chiedono un cambiamento e un’azione immediata’ – Jegor, un giovane attivista


Nel cuore di San Pietroburgo, un macchinario nascosto stampa testi proibiti a ciclo continuo. Tra i titoli di questo samizdat del ventunesimo secolo ci sono gli opuscoli di Prisma Queer, The Moscow Times e Feminist Anti-War Resistance, oltre al leggendario Anarchist Cookbook. Anche se l’operazione appare piuttosto caotica all’aspetto, si tratta di un processo meticoloso. 

“Per noi non è mai stato facile”, ammette Maria*, stampatrice.

“Prima della guerra stampavamo letteratura, come i libri queer e i resoconti degli ‘agenti stranieri’ che nessuna casa editrice prendeva in considerazione. Spesso dovevamo intervenire noi”. 

La stamperia dove lavora Maria non è unica, ma fa parte di un gruppo ristretto di operazioni clandestine che adottano metodi di resistenza vecchio stile. 


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Mentre la Russia rischia di ritrovarsi completamente isolata dal mondo esterno, soffocata da un sistema di controllo delle comunicazioni in stile cinese, la speranza è che i materiali stampati dagli attivisti possano rappresentare un’alternativa per la diffusione delle informazioni. 

Maria racconta che dall’inizio della guerra il sistema di stampa che usano ha dovuto adottare misure di sicurezza estreme. Nel caso in cui venissero scoperti, gli attivisti hanno pronti macchinari per la distruzione di documenti e barili di benzina. Inoltre si sono completamente dissociati da qualsiasi opera pubblicata, privilegiando la sopravvivenza della letteratura e la possibilità di edizioni future nel caso in cui la distribuzione venga bloccata. 

“Siamo orgogliosi della fiducia degli autori […] quindi cercheremo di tenere in vita questo lavoro fino a quando sarà possibile”, spiega Maria. 

La resistenza universitaria

Nel solco di una tendenza che esisteva già prima della nascita della Federazione russa, i movimenti di resistenza universitari sono ancora presenti, ma combattono una battaglia per la sopravvivenza sempre più difficile contro uno stato che stringe la morsa sugli atenei e sulle organizzazioni studentesche. 

Jegor*, giovane attivista di una delle tre maggiori università della Russia, partecipa alle attività di un gruppo anarchico. Alcuni lo chiamano “professore”, forse perché Jegor impiega il suo tempo libero a discutere con gli altri studenti idee sull’anarchia e sui possibili approcci politici per ottenere un cambiamento, offrendo uno spazio a chi vuole condividere le proprie opinioni e discutere i rispettivi lavori. 

“È più facile di quanto possa sembrare. Certo, ci sono molti rischi, ma nonostante le persecuzioni quello che facciamo è abbastanza semplice. Utilizziamo attivamente risorse dell’università come le classi e i materiali, e loro non lo sanno. Rivendichiamo questi strumenti. Approfittiamo di tutto quello che lo stato mette a disposizione senza che lo stato se ne accorga”, spiega Jegor. 

“Ora le cose stanno diventando più complicate. La guerra ha spaventato alcune persone spingendole al silenzio, mentre altre che un tempo protestavano adesso sono più radicali e chiedono un cambiamento e un’azione immediata”, continua Jegor, “cerco di insegnare ai più giovani e a quelli dell’ultimo anno come combattere efficacemente, ma anche in sicurezza. Alcuni professori sostengono la nostra causa, ma non possono farlo apertamente quindi spargono la voce sulle nostre riunioni e sulla possibilità di resistere”. 

Le organizzazioni clandestine assicurano uno spazio sicuro a chi vuole combattere il regime senza dover sacrificare la propria libertà. 

La grande campagna per la raccolta di firme a sostegno del possibile candidato presidenziale liberale Boris Nadezhdin, il crescente sentimento anti-bellico tra i più giovani, ma anche tra i più anziani, e le frustrazioni di chi di un tempo sosteneva la guerra sono tutti segnali che il desiderio di una “Russia libera” esiste ancora. 

La situazione, insomma, è meno disperata di quanto possa sembrare. Mentre la guerra va avanti e le elezioni si avvicinano, Jegor è convinto che l’omicidio di Navalnyj potrebbe rappresentare “un catalizzatore per il cambiamento e l’unità politica”. 

*I nomi delle persone che intervengono sono stati cambiati per proteggerle.

👉 L’articolo originale su Novaya Gazeta Europe
Traduzione di Andrea Marzo - Internazionale

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