L’11 novembre si è aperta a Baku, in Azerbaigian, la COP29. L'ultima edizione della Conferenza, questa volta soprannominata “COP della finanza”, dovrebbe concentrarsi in particolare sul finanziamento della lotta al cambiamento climatico, soprattutto per i paesi più vulnerabili.

Dopo l'Egitto e gli Emirati Arabi Uniti è diventata quasi una tradizione: quest'anno la COP si terrà in un paese la cui economia dipende in larga misura dagli idrocarburi, che ha in programma un aumento della produzione e che è noto per la sua tendenza a reprimere le voci dissenzienti, mettendo in dubbio la capacità della società civile di accedere alle discussioni.

Un altro punto di contestazione è il gran numero di assenti tra i leader mondiali che quest'anno parteciperanno alla conferenza. Oltre a Joe Biden, Vladimir Putin e Olaf Scholz, Emmanuel Macron ha annunciato che non si recherà a Baku. Il motivo? Una disputa diplomatica tra Francia e Azerbaigian, che risale all'annessione da parte di quest'ultimo dell'enclave del Nagorno-Karabakh nel 2023 e al forte sostegno del presidente francese alla rivale Armenia.

Alcuni boicottano il vertice anche per convinzione. Il primo ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, ha annunciato che non parteciperà alla conferenza, in segno di protesta per la mancanza di sostegno da parte delle principali nazioni del mondo alle vittime del cambiamento climatico.


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