Idee Estremismo e democrazia

Cas Mudde sul rapporto tra informazione ed estrema destra: una relazione pericolosa per le democrazie

Le testate giornalistiche e l’estrema destra hanno tessuto un un complesso rapporto di amore-odio, caratterizzato da antagonismo e opportunismo. Cas Mudde, politologo specializzato proprio nei movimenti di estrema destra, riflette su come fare informazione senza scadere nella sciatteria, nella manipolazione se non nella connivenza.

Pubblicato il 2 Aprile 2024 alle 09:31

Nonostante le apparenze i media e l’estrema destra sono nemici-amici. È vero, l’estrema destra si diverte ad attaccare gli organi di informazione parlando di “fake news” se non addirittura “Lügenpresse” (stampa bugiarda), così come questi si dilettano a scrivere articoli sui “pericoli” che rappresenta la prima. Ciò che si cela dietro le apparenze è un rapporto di simbiosi forte, vantaggioso per entrambi.

Il paese nel quale questo fenomeno è particolarmente vistoso sono gli Stati Uniti. Quando Donald Trump si è candidato alle presidenziali del 2016, i media nazionali gli hanno fornito l’equivalente di 4,24 miliardi di euro a livello di spazio mediatico gratuito. Trump li ha ripagati generosamente, alimentando un boom nel consumo di notizie, tanto che i due principali media liberali, il New York Times e il Washington Post hanno visto triplicare gli abbonamenti digitali alle loro testate durante la sua amministrazione.

In quanto esperto della copertura mediatica dell’estrema destra, mi viene spesso chiesto in che modo bisognerebbe fare informazione su questi temi. È una questione complessa, per una serie di motivi. 

Il primo è la differenza sostanziale tra come gran parte della stampa e dei lettori e lettrici vedono i media, e ciò che questi sono realmente. Diffusa è l’idea, anche tra i giornalisti stessi, di essere  i “cani da guardia della democrazia”. La realtà è anche che quasi tutti gli organi di informazione sono aziende e quindi seguono una logica economica, e non politica o democratica. Ciò spiega in parte questo rapporto di simbiosi evocato sopra, ma non esclude che ci possano essere dei miglioramenti.

Un approccio critico

In sostanza, la copertura mediatica dell’estrema destra dovrebbe essere simile, e allo stesso tempo diversa, da quella di altri fenomeni politici. I lettori e le lettrici, e la democrazia stessa, traggono vantaggio da un organo di informazione critico che non si limita a coprire le notizie, ma le analizza. 

“Critico” non è sinonimo di “ostile”: l’ostilità implica pregiudizi; la criticità, scetticismo. I mezzi di informazione dovrebbero usare un approccio critico verso tutti i rappresentanti della scena politica, visto l’interesse che questi hanno nel distorcere le notizie. E dovrebbero usare un approccio ancora più critico verso la maggior parte degli esponenti di estrema destra, visto il loro interesse ancora maggiore a distorcere le notizie a causa della loro immagine generalmente più negativa.

Ma dovrebbero anche parlarne in modo diverso, perché l’estrema destra è diversa. Punto primo, è particolarmente incline alle teorie cospirative e alle menzogne (che non sono una prerogativa di Trump) e, punto secondo, è anche ostile ad alcune istituzioni e valori cardine della democrazia liberale, che costituiscono il quadro giuridico e normativo dei paesi nei quali viviamo.


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Molti media e giornalisti si presentano come politicamente “neutrali” e si proclamano, come sostiene ironicamente la rete televisiva privata americana Fox News, “fair and balanced (“giusti ed equilibrati”). A prescindere dal fatto che si possa effettivamente essere neutrali o no, non ha senso che i mezzi di informazione indipendenti vogliano esserlo, dato che il presupposto per la loro operatività, l’indipendenza, è garantito (solo) dalla democrazia liberale ed è attivamente minacciato dall’estrema destra: basta guardare la situazione dei media in Ungheria, India e  in Polonia nel periodo di Diritto e Giustizia (PiS). 

Essere “equilibrati”, tra l’altro, non significa scrivere lo stesso numero di articoli “negativi” su entrambi i candidati quando uno deve affrontare quattro accuse penali per un totale di 91 reati e l’altro è... solo vecchio (anche lui).

Suggerimenti per una copertura critica dell’estrema destra

Quindi che caratteristiche dovrebbe avere una copertura critica dell’estrema destra? Per cominciare, giornaliste e giornalisti non dovrebbero prendere per oro colato le dichiarazioni o limitarsi a verificare le affermazioni che sembrano controverse o autoassolutorie, ma anche fare domande di approfondimento durante le interviste. In secondo luogo, non dovrebbero fornire ai rappresentanti di questo orientamento politico uno spazio per fare propaganda (come gli editoriali). Terzo, non dovrebbero dargli un’attenzione sproporzionata o ingigantire la sua importanza (per aumentare l’audience o semplicemente giustificare gli articoli). 

Quarto, non dovrebbero adottarne acriticamente strutture e termini, anche se sono già stati diffusi da altri, come i politici mainstream. Ciò non significa che non possano occuparsi della criminalità nelle aree ad alta concentrazione etnica, ma dovrebbero farlo in modo critico – senza dare per scontato che la causa sia la loro cultura, e non l’emarginazione socioeconomica – e di certo non impiegare termini come “criminalità degli immigrati”, che hanno avuto origine proprio dall’estrema destra, e il cui uso la favorisce elettoralmente.

Tutto ciò presuppone che giornaliste e giornalisti siano ben informati sull’estrema destra (le sue strutture, questioni, organizzazioni, persone, strategie, simboli) e i pericoli teorici e pratici che rappresenta per la democrazia liberale. Nonostante l’attenzione sproporzionata che i mezzi di informazione riservano alle formazioni di estrema destra, è raro che siano sufficientemente informati, al punto che la sua copertura è spesso caricaturale e datata.

La rappresentazione più diffusa è ancora quella di un maschio bianco “in difficoltà”, con un livello d’istruzione basso, emarginato economicamente e socialmente, raffigurato come l’eterno skinhead dalla testa rasata che grida arrabbiato, con addosso simboli di estrema destra come croci celtiche o svastiche. Se già negli anni Ottanta si trattava ormai solo di uno stereotipo, oggi è molto lontano dal simpatizzante odierno, che è, in molti sensi, il ragazzo della porta accanto.

Infine, sebbene sia stata ampiamente integrata, se non normalizzata, l’estrema destra viene ancora dipinta come uno sfidante radicalmente diverso dalla politica mainstream.

È giunto il momento che i media aggiornino le loro idee sul ruolo che svolgono insieme all’estrema destra nelle democrazie contemporanee: tendono a essere eccessivamente critici, se non ostili, nei suoi confronti quando ha un ruolo marginale, ma molto meno quando ha una rilevanza politica. In poche parole, troppo critici quando non è rilevante e non abbastanza quando lo è. 

Ciò di cui abbiamo davvero bisogno, ora più che mai, sono mezzi di informazione che comprendano e riconoscano la minaccia che l’estrema destra rappresenta per la democrazia liberale (e, di conseguenza, per i media indipendenti) e che ne parlino in modo critico e informato.

👉 Articolo originale su Aftonbladet

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