Dati alla mano Olio di palma in Indonesia

Come le banche europee finanziano la produzione né equa né solidale di olio di palma in Indonesia

Gli istituti finanziari dei paesi europei hanno prestato o investito milioni di euro nelle società che producono olio di palma e che sono responsabili di incendi illegali e della deforestazione in Indonesia. Un'inchiesta esclusiva dati alla mano di Stefano Valentino.

Pubblicato il 25 Maggio 2021 alle 15:29

Le banche europee, insieme ad altre istituzioni finanziarie (compagnie di assicurazione, fondi pensione e gestori patrimoniali) sono state coinvolte in disboscamenti illegali di terreni per la produzione di olio di palma in Indonesia. Queste decisioni forse sono state in parte causa della distruzione delle foreste e delle emissioni di carbonio che alimentano il riscaldamento globale.

I cittadini di tutta Europa hanno involontariamente contribuito a questo impatto. Come? I loro depositi bancari e i loro risparmi pensionistici sono stati trasformati dalle istituzioni finanziarie in denaro destinato alle aziende che producono materie prime che mettono a rischio le foreste. Negli ultimi sette anni i finanziatori dell’Ue, del Regno Unito, della Svizzera, della Norvegia e di Andorra hanno massicciamente finanziato i produttori di olio di palma che si riforniscono delle materie prime da piantagioni create su terreni dove la vegetazione è stata ripetutamente bruciata, in violazione della legge indonesiana. L’area totale colpita dagli incendi dal 2015 al 2019 equivale a 112.687 ettari (10 volte più grande del centro di Parigi).

Il mercato europeo importa enormi volumi di olio di palma dall’Indonesia, principalmente per essere raffinato in biodiesel o per essere impiegato come ingrediente chiave nell’industria alimentare e nei prodotti chimici di uso quotidiano (detergenti, shampoo e cosmetici). Quello dell’olio di palma è un business redditizio per creditori e investitori.

La nostra indagine ha connesso le singole istituzioni con i gruppi che producono olio di palma, combinando i dati della Forest & Finance Coalition e di Greenpeace. La prima ha rintracciato le registrazioni dei flussi finanziari dalla sua banca dati. La seconda ha citato le cifre dei suoi rapporti del 2019 e del 2020, che hanno esposto gli incendi osservati in tutte le concessioni agricole che forniscono frutti di olio di palma a mulini e raffinerie. Tali incendi sono stati solo raramente sanzionati e processati.

Di tutti gli incendi avvenuti tra il 2015 e il 2019 in concessioni associate a gruppi di olio di palma finanziati da finanziatori europei, solo 15 sono stati sanzionati. Da notare che 17.550 incendi sono stati registrati solo nel 2019.

La maggior parte dei finanziamenti è stata fornita dalle banche attraverso il credito (prestiti e servizi di sottoscrizione) che ha totalizzato 2,18 miliardi di dollari (1,8 miliardi di euro) tra il 2013 e il 2019. Ulteriori finanziamenti sono arrivati sotto forma di investimenti (in obbligazioni e azioni) detenuti da investitori istituzionali, ad esempio gli asset manager (tra cui la gestione patrimoniale delle banche), le compagnie di assicurazione e i fondi pensione. Il credito e gli investimenti hanno finanziato in modo incrociato un certo numero di gruppi di produzione di olio di palma.  

Circa il 70 per cento delle istituzioni finanziarie coinvolte (attraverso il credito e gli investimenti) nei gruppi che producono olio di palma e che causano incendi hanno sede in Olanda, Svizzera, Regno Unito, Germania e Francia. In questi Paesi, inoltre, si trovano tutte le banche che forniscono credito. I loro prestiti e le loro sottoscrizioni hanno contribuito ad avviare le operazioni dei produttori di olio di palma associati a più del 57 per cento delle terre bruciate, con una media di 33,7 milioni di dollari (27,8 miliardi di euro) spesi per ettaro.


In termini di investimenti la Norvegia si colloca tra i primi cinque paesi con i maggiori importi. Per quanto riguarda il 2020, le partecipazioni degli investitori per un valore di 84 milioni di dollari (69 milioni di euro) si trovano ancora in associazioni di olio di palma con circa il 46 per cento della superficie totale degli incendi. I primi dieci investitori (soprattutto inglesi e olandesi) detengono quasi il 70 per cento del valore di tutte le azioni e obbligazioni, con una somma media per ettaro di 5.791 dollari (4.786 miliardi di euro), 9 volte superiore alla media di tutte le altre istituzioni.

Queste correlazioni non significano che i creditori e gli investitori abbiano sostenuto di proposito la violazione della legge, né che i produttori di olio di palma che hanno guadagnato siano necessariamente gli autori di tutti gli incendi o che questi ultimi si traducano sempre in deforestazione. “Le società di concessione, in gran parte di proprietà dei produttori di olio di palma, sono legalmente responsabili di tutti gli incendi che si verificano nelle loro proprietà, compresi, in alcuni casi, quelli originati al di fuori dei confini della tenuta”,  chiarisce Edwin Keizer, coordinatore della ricerca presso Greenpeace Southeast Asia. “Oltre all’uso del fuoco per il disboscamento da parte delle compagnie, gli incendi sono anche il risultato di conflitti territoriali tra le comunità rurali vicine e le società”, continua.

Recenti cambiamenti nella legge nazionale indonesiana hanno attenuato la responsabilità delle compagnie, rendendo molto più difficile l’assegnazione della responsabilità degli incendi dentro e fuori le concessioni per gli investigatori. Anche se proibito dal governo, il fuoco è uno strumento di gestione del territorio a basso costo, frequentemente utilizzato non solo per sbarazzarsi dei residui di legno derivanti dal disboscamento, ma anche dell’erba e della boscaglia che ostacolano la gestione delle piantagioni e la raccolta. 

“Gli incendi possono causare un grave degrado ed avere impatti irreversibili sulle torbiere e la perdita di foreste”, afferma Keizer, e hanno un impatto anche sulla vita delle comunità locali e sugli agroecosistemi da cui dipendono per il loro sostentamento. “L’espansione delle piantagioni di palma da olio a danno delle foreste contribuisce a temperature più alte e condizioni più secche che probabilmente aumentano la mortalità degli alberi e aumentano l’infiammabilità della foresta”, spiega. 

Nonostante la complessa realtà sul terreno, è innegabile che un grosso volume di finanziamenti aziendali e risparmi privati provenienti dall’Europa sia finito in attività non controllate che hanno un impatto illegale e distruttivo. I commenti che abbiamo ricevuto dalle istituzioni finanziarie suggeriscono che, in assenza di requisiti di dovuta diligenza ambientale legalmente vincolanti, si affidano in modo flessibile a linee guida volontarie autoprodotte o indipendenti. Questi standard non sono però abbastanza rigorosi da impedire che dei finanziamenti vadano a produttori di olio di palma che non rispettano le norme ambientali.  

A partire dal 2019 il credito alle imprese che producono olio di palma che hanno incendi nelle loro concessioni è apparentemente diminuito. Tuttavia, alcune banche hanno continuato a detenere azioni o obbligazioni in quelle società per conto dei loro clienti. “Per quanto riguarda la nostra Forestry & Agribusiness Policy, non entriamo in rapporti commerciali con produttori di olio di palma che non si impegnano a diventare membri della Roundtable on Sustainable Palm Oil (Rspo) e che non stanno lavorando per la relativa certificazione”, ci scrivono da Crédit Suisse, che collegata alla seconda area più importante fra quelle incendiate.  

In effetti, tutti i produttori di olio di palma legati agli incendi e finanziati dalla banca svizzera sono affiliati alla Rspo. Quest’organizzazione, pur avendo fissato un obiettivo di non deforestazione per il 2020, non garantisce ancora manifestamente una produzione di olio di palma al 100 per cento senza incendi. “Per quanto riguarda le partecipazioni azionarie o obbligazionarie di cui i nostri clienti sono i proprietari effettivi, Crédit Suisse non è in grado di influenzare le decisioni di investimento, a meno che non siano vietate o limitate dalle leggi in vigore”, spiega Yannick Orto, responsabile delle relazioni con i media della banca.


Tutte le banche che hanno risposto alle nostre domande affermano che, quando agiscono come gestori patrimoniali, non sono responsabili delle decisioni di investimento dei loro clienti. Hanno rifiutato di commentare il loro coinvolgimento diretto passato attraverso il credito.

“Se una banca offre un prestito ad un’azienda che ha avuto incendi nelle sue concessioni l’anno precedente, anche se non finanzia l’incendio, non sta agendo eticamente”, sostiene Merel van der Mark, coordinatore di Forests and Finance Coalition. “Inoltre, sia che prendano decisioni di finanziamento in modo indipendente (attraverso il credito) o in base ai desideri dei loro clienti (attraverso gli investimenti), le banche sono in definitiva, quelle che mettono a disposizione il denaro e quindi sono responsabili di queste decisioni”.

Le istituzioni finanziarie non bancarie non ci hanno fornito risposte, tranne due. Nel 2020 la compagnia di assicurazioni britannica Aviva ha investito nel produttore di olio di palma Astra International (appartenente al gruppo Jardine Matheson). Questa società, attiva nella produzione di olio di palma attraverso la sua filiale Astra Agro Lestari, ha attirato un numero di creditori e investitori europei superiore a qualsiasi altro produttore di olio di palma. “Valutiamo attivamente tutte le nostre partecipazioni sugli standard Esg (Environmental, Social and Governance) e Astra ha ottenuto dall'agenzia Msci un rating Esg ‘A’”, afferma il portavoce, Steve Ainger. Tuttavia, stando invece alla valutazione dell'agenzia Refinitiv (concorrente di Msci), l'indice Esg di Astra è più basso: “D” (la “A” attribuita da Msci, invece, si riferisce solo fatto che non ci sono campagne pubbliche contro la società). Benché associata direttamente agli incendi, Astra Agros Lestari ha un punteggio ambientale migliore.

“Stiamo progressivamente integrando i fattori Esg nella valutazione di azioni e obbligazioni”, gli fa eco Matteo Tagliaferri, direttore di marketing e comunicazione della società finanziaria italiana Anima, coinvolta in Astra International. “A questo scopo, utilizziamo un rating basato sui punteggi assegnati da società terze”.

Ward Warmerdam, Senior Researcher a Profundo, un’organizzazione di ricerca indipendente specializzata nella sostenibilità, dice: “Quando decidono di essere coinvolti in attività a rischio ambientale, come l’olio di palma, i finanziatori trovano un equilibrio tra i rendimenti promessi dall’alta produttività di particolari gruppi, che possono essere spinti da pratiche aziendali non sostenibili come l’uso di incendi, e i potenziali contraccolpi reputazionali che possono portare questi gruppi a perdere clienti e valore di mercato”.

La nostra analisi mostra che le stesse società produttrici di olio di palma hanno ricevuto finanziamenti a più riprese. Aggiorneremo inoltre questo lavoro con i dati finanziari del 2020, che saranno disponibili nei prossimi mesi. 

Potenzialmente verranno scoperti ulteriori accordi dell’anno 2019 (anche per i produttori di olio di palma coinvolti in incendi). Questi potrebbero essere stati divulgati alla fine del 2020, quando la ricerca di Forests and Finance Coalition era già stata completata.

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In collaborazione con European Data Journalism Network

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