Analisi Indipendenza dell'informazione

La concentrazione dei media in Europa, minaccia per la democrazia

La concentrazione dei media in Europa è un fenomeno in costante aumento e che solleva preoccupazioni sull'indipendenza della stampa. Il problema è in parte dettato dalle modalità di finanziamento delle aziende che si occupano di informazione, che consentono a investitori influenti di interferire nella formazione dell'opinione pubblica.

Pubblicato il 4 Gennaio 2024 alle 13:54

Il termine  “concentrazione dei media” si riferisce al fenomeno per cui la proprietà delle aziende che si occupano di informazione o che sono editori di un media passa, più o meno gradualmente, nelle mani di un numero ristretto di investitori. La questione è di importanza cruciale: la tendenza delle aziende che si occupano di informazione è quella di fondersi per consolidare i propri marchi, come evidenziato nel rapporto Media Pluralism Monitor (MPM 2022), realizzato dal Centre for Media Pluralism and Media Freedom.

L'espressione e la diversità di opinioni sono essenziali per una democrazia: sono garanti del pluralismo, cosa che implica un equilibrio tra voci divergenti. I proprietari e gli azionisti dell’industria editoriale esercitano una notevole influenza sulla linea editoriale delle aziende che possiedono, il cosiddetto"potere di opinione". Ed è proprio questo il vero investimento di coloro che comprano imprese editoriali:  sebbene le aziende mediatiche siano ben lontane dall'essere tra gli investimenti più redditizi (anzi spesso non lo sono), continuano ad attirare l'interesse degli speculatori.

Si tratta di un fenomeno ormai comune. Ne sono un esempio noto l'australiano-americano Rupert Murdoch, a capo di Fox News e The Sun, e il caso noto di Silvio Berlusconi, scomparso lo scorso giugno, che aveva fondato un vero e proprio impero mediatico direttamente legato alla sua carriera politica. 

In Francia, è il nome di Vincent Bolloré ad essere sulla bocca di tutti: l’uomo d’affari francese (azionista anche in Mediaset e Telecom Italia) possiede il Gruppo Canal+, che comprende 3 canali nazionali (C8, Cnews e CStar), oltre a Prisma média, che gestisce 35 riviste. Il gruppo Bolloré possiede anche la piattaforma video Dailymotion, il colosso editoriale Hachette e il canale radiofonico Europe 1. Da diversi anni, l'uomo d'affari persegue una strategia che consiste nello spostare sempre più a destra i marchi che acquista, pratica che è stata denunciata in numerose occasioni.

Questa tendenza è evidente in numerosi paesi europei: nel Regno Unito, Jonathan Harmsworth, quarto visconte Rothermere, controlla il 40 per cento della stampa nazionale. In Germania, il gruppo Bertelsmann pubblica libri, trasmette canali televisivi e radiofonici e produce film. Infine, Andy Vajna, Heinrich Pecina e Lőrinc Mészáros possiedono 18 testate della stampa regionale ungherese.


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I dati sono preoccupanti: nel 2022, il Media Pluralism Monitor ha stimato che il rischio associato alla concentrazione dei media negli Stati membri dell'Unione europea è in media dell'82 per cento. Nessun paese del continente europeo presenta un rischio basso e solo 4 un rischio medio.

Questo fattore di rischio è calcolato tenendo conto di variabili legali: se il paese ha una legislazione che impedisce la concentrazione dei media, se questa legislazione è efficace e se è applicata da un'autorità indipendente; nonché di variabili economiche: se la situazione finanziaria del settore è considerata più o meno favorevole alla concentrazione dei media.

Concentrazione dei media: mappa dei rischi per paese

News media concentration: map of risks per country
Immagine: Media Pluralism Monitor

Come spiega lo storico dell'editoria Jean-Yves Mollier al mensile francese Alternatives Economiques, il Regolamento comunitario sulle concentrazioni è l'ultimo gradino di protezione contro il fallimento delle legislazioni nazionali. Secondo Mollier, i gruppi Bolloré e Lagardère in Francia sono stati bloccati da Bruxelles proprio quando stavano per affermarsi come padroni assoluti del settore editoriale.

Ma la concentrazione dei media non può essere frenata solo dal diritto e dal controllo della concorrenza: ci sono in gioco questioni democratiche molto più importanti delle considerazioni economiche legate al mercato. Anche se diversi proprietari si dividono “equamente” le aziende mediatiche ed editoriali europee, la pluralità di opinione, così come l’influenza possibile, resta a rischio se i proprietari in questione provengono tutti dallo stesso ambiente sociale ed economico, o dallo stesso schieramento politico.  

Un'altra leva nella lotta contro l'influenza degli investitori “predatori” è l'obbligo di trasparenza. C’è chi ritiene, ad esempio, che spiegare ai lettori e lettrici i potenziali pregiudizi di una pubblicazione possa aiutarli ad avere una visione più obiettiva delle informazioni - talvolta di parte - che consumano. Ad esempio, un articolo sull'impegno ecologico delle aziende produttrici di combustibili fossili sarà interpretato in modo più obiettivo se il lettore sa che il proprietario del media che lo pubblica è anche proprietario di aziende petrolifere.

In questo contesto, la stampa cooperativa rappresenta una strada in contrasto con il fenomeno denunciato: i proprietari di media che scelgono questo modello sono i suoi dipendenti e i lettori soci. Un singolo investitore non può diventare azionista di maggioranza e la politica editoriale rimane totalmente indipendente dall'Assemblea generale: non c'è quindi il rischio di conflitto di interessi. Infine, la ragion d'essere di questi media indipendenti è una maggiore trasparenza nel processo decisionale tra dipendenti, membri decisionali e lettori e lettrici.

La concentrazione dei media in Europa è motivo di preoccupazione. Le conseguenze nefaste di questo fenomeno sulla pluralità delle opinioni, e di conseguenza sullo stato della democrazia, sono state ampiamente dimostrate. 

È urgente apportare un cambiamento duraturo nell'ecosistema mediatico europeo per consentire l'espressione della sua diversità. L'emergere di modelli di proprietà alternativi, come le cooperative, e uno sforzo legislativo a livello a livello del continente sono tra le forze trainanti di questo cambiamento.

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