Bucarest, agosto 2010: una famiglia rom romeni espulsa dalla Francia torna in patria.

La soluzione è in mano ai rom

Il governo francese sbaglia a prendersela con i più deboli. Ma i nomadi dovrebbero aiutarsi da soli, mettendo fine al sistema feudale che li opprime.

Pubblicato il 10 Settembre 2010 alle 15:19
Bucarest, agosto 2010: una famiglia rom romeni espulsa dalla Francia torna in patria.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha deciso di prendersela con i più deboli. Non si può fare davvero niente in proposito? Proviamo a guardare le cose come stanno. Abbiamo conosciuto il poliziotto rom, il medico rom, l'attivista di partito (oggi esponente politico) rom, il pope rom, il poeta rom. E dobbiamo prendere per buona l'affermazione del deputato del Partito dei rom Nicolae Păun, che sostiene che circa il 25 per cento dei membri dell'attuale parlamento sono, totalmente o parzialmente, di etnia rom. La verità però è che quando i rom si inseriscono nella società "normale", fatta salva qualche eccezione, rinnegano le loro origini. Gli "assimilati" dimostrano che tutti i rom potrebbero vivere in modo diverso.

Tra noi vivono "gitani" musicisti ben accetti, ma anche i sottoproletari che fanno tremare l'occidente, i bambini mendicanti, e anche i bulibaşi, reucci locali proprietari ville arricchite da rubinetti dorati. Alla periferia di Bucarest i gitani vanno in giro con le loro Audi e la loro servitù di cittadini romeni. Gestiscono le loro reti come amministratori di una giustizia parallela allo stato romeno, che applica un suo proprio codice civile fatto di matrimoni tra bambini e tutto il resto.

In Romania come in Europa coesistono due sistemi sociali differenti, che non dovrebbero nemmeno convivere nello stesso periodo storico: quello della civiltà rom, tribale e feudale, e quello dello stato, basato su un'organizzazione di tipo diverso.

E dunque, che fare? Lo stato romeno (come fece il governo di Atatürk, che negli anni venti tolse i fez dalla testa dei turchi) potrebbe interdire i tribunali gitani. La polizia romena potrebbe impegnarsi a smantellare la criminalità che organizza l'attività dei bambini mendicanti. Il nomadismo potrebbe essere vietato per legge. Ma esiste una volontà simile da parte del governo?

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Qui ci si scontra contro un principio sacrosanto dell'Europa e degli Stati Uniti: il multiculturalismo. I rom vivono secondo una concezione diversa della società, in cui il nomadismo, il mendicare e la micro delinquenza sono accettati. Chi ha il coraggio di combattere il multiculturalismo?

Al giorno d'oggi in Romania non esiste una persecuzione dei gitani, quanto piuttosto una guerra civile sotterranea e inutile tra romeni e rom, Nessuno può vincerla e nessuno può perderla. Le sovvenzioni statali del governo di Bucarest e dell'Unione europea non sono sufficienti a trasformare la vita dei gitani. La verità è che il cambiamento decisivo, quello del rispetto totale del multiculturalismo, deve scaturire necessariamente dall'interno della stessa comunità rom, dalla sua classe media in via di formazione. Un giorno una massa critica di rom si renderà conto di essere sfruttata, e di pagare le conseguenze della feudalità parassita.

La casta di capi tribù e di bulibaşi – onorata dalle autorità romene, invitata ai ricevimenti di stato e abituata a fare shopping a Parigi – comanda un sistema parallelo basato sulla ripartizione arbitraria della ricchezza. Sono loro a impedire che i rom possano avere accesso a condizioni di vita migliori. Il giorno in cui i rom vivranno un reale risveglio etnico potranno abbandonare la loro condizione miserabile, che per ora vedono come una inevitabile fatalità. Quel giorno risolveranno il loro problema, che è anche un problema dell'Europa. (traduzione di Andrea Sparacino)

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