Il sindaco di Londra Boris Johnson (AFP)

Il potere? Cercatelo a Bruxelles

In un recente viaggio a Bruxelles, il sindaco di Londra Boris Johnson ha scoperto una città futuribile divenuta, secondo lui, il vero centro di potere d'Europa. A scapito di Westminster, soprattutto per quanto riguarda il controllo dei mercati finanziari.

Pubblicato il 8 Settembre 2009 alle 16:47
Il sindaco di Londra Boris Johnson (AFP)

È come al cinema: schiacci un pisolino di dieci minuti e quando ti risvegli sono passati duecento anni. Eravamo appena usciti fuori dalla Gare du Midi a Bruxelles e i cambiamenti erano già inimmaginabili. Venti anni prima ero stato inviato nella capitale belga del Daily Telegraph, come corrispondente per il mercato comune. A quei tempi la Gare du Midi era un luogo incredibilmente lercio, popolato da gatti feroci, con patatine calpestate ovunque e treni diretti verso le cittadine dove si era combattuta la Prima Guerra Mondiale, come Poperinge.

Davanti ai miei occhi, invece, in quel momento c’era il futuro. Un vasto terminal avveniristico per gli Eurostar si allungava al di sopra dell’antico quartiere, e mentre ci dirigevamo nel cuore di Euroville a stento potevo credere a quello che vedevo. A mano a mano che ci si avvicina alle sedi delle istituzioni europee in pieno sviluppo, si ha la sensazione che gigantesche astronavi aliene di vetro e acciaio siano atterrate sulla città, rendendo minuscole al confronto le circostanti stradine in ciottoli, schiacciando le pasticcerie e i baretti caliginosi che adoravo bazzicare.

Il bar del Parlamento è pieno di giovani rampanti

Prendiamo per esempio il Parlamento europeo, che ai miei tempi non era nulla più di un ufficietto gremito di persone in Rue Belliard. Guardatelo adesso: chiamarlo palazzo sarebbe sottovalutarlo in maniera plateale. Si tratta infatti di una serie di palazzi, di una città nella città, con tanto di bar e ristoranti e arcuate passerelle che collegano una meraviglia modernista all’altra. Ai miei tempi il Parlamento europeo era un piacevole mortorio, la suocera di tutti i parlamenti, la cui agenda si limitava a un calendario di pranzi a Strasburgo prima di rilasciare dichiarazioni formulate con termini altisonanti e denunce insignificanti a livello cosmico delle carestie in Africa e dei terremoti in America Latina.

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Tutto ciò, ormai, appartiene al passato. Se anche c’era un bar attiguo ai vecchi uffici del Parlamento europeo a Bruxelles, nemmeno il giornalista più disperato lo avrebbe frequentato a caccia di notizie. Oggi, invece, il bar del Parlamento pullula letteralmente di dinamici e scattanti giovani di entrambi i sessi, che sfoggiano scintillanti montature di occhiali Christian Dior e si aggirano con frenesia di… di che cosa? Potere! Ecco cosa. Per la prima volta nella storia trentennale di questa istituzione così a lungo dileggiata ho avuto la netta percezione del potere che trasuda dalle pareti color grigio talpa, e mentre osservavo l’andirivieni ovattato degli huissiers, ho contemplato un’assemblea sfolgorante di una ricca béarnaise fatta di fiducia in sé stessa.

Non ho potuto fare a meno di pensare, chiaramente, al pietoso confronto con i parlamentari di Westminster, tormentati dai media a tal punto che paiono soffrire tutti di esaurimento nervoso. Molti di loro sono sul punto di dimettersi e andare in pensione, sotto shock per il bombardamento subito per lo scandalo delle note spese gonfiate, con la fiducia in loro stessi e l’autostima mandate in frantumi per sempre dall’esplosione della collera popolare. I loro sostituti dovranno avere a che fare con un Parlamento poco amato, mai riformato, nel quale saranno tuttora obbligati a rivolgere i loro discorsi nell’arcaica terza persona, e a votare con procedure obsolete che comportano almeno un quarto d’ora di consultazioni strascicate e con l’alito pesante tra le varie sale e salette con boiseries.

L'equilibrio dei poteri è cambiato

Che contrasto con Bruxelles e Strasburgo, dove i parlamentari si presentano e votano semplicemente premendo un pulsante, circondati da ogni comfort possibile, con un’interazione minima con i loro elettori! Mentre qui il Parlamento cresce in splendore materiale e in dimensioni, e vi si aggirano circa 750 europarlamentari, a Londra si va nella direzione opposta. Non soltanto c’è il progetto di ridurre il Parlamento dai suoi attuali 659 membri a 400, ma oltretutto i parlamentari britannici devono sobbarcarsi un’umiliazione che si protrarrà nel tempo, e saranno costretti sotto la minaccia della frusta a riempire astrusi e complessi moduli da scuola preparatoria per dare un resoconto accurato di come trascorrono ogni singola ora della giornata.

Il clou dell’intera faccenda è che questo cambiamento non è soltanto simbolico, ma riflette la realtà che le sta dietro: lo spostamento dell’equilibrio del potere, il fatto che le leggi di questo paese non sono più determinate dal parlamento di Westminster. Non è necessario comprendere nei dettagli la direttiva per l’Alternative Investment Fund Management (Aifm), per esempio, per rendersi conto che è mirata alle aziende londinesi e che rischia di infliggere loro danni considerevoli, e che in ogni caso il nostro Parlamento londinese è del tutto irrilevante. Naturalmente ci sono ottimi motivi per introdurre regolamenti e normative serie e ben studiate, e c’è ancora tempo per migliorare quelle messe a punto finora. Ma chi si occuperà di questo?

Non ha senso che i capitalisti che finanziano nuove iniziative o i gli hedge fund esercitino pressioni su un ministro britannico: in base ai nuovi poteri codecisionali dell’Europarlamento, questi emendamenti di vitale importanza saranno decisi a Bruxelles, dagli europarlamentari. Anzi: a mano a mano che arrivano altre direttive, è plausibile che il futuro dell’intero settore britannico dei servizi finanziari sia sempre più nelle loro mani. Ecco perché è stato così significativo e illuminante osservare il contrasto tra l’arida e smorta Westminster e la dinamica e fiduciosa Bruxelles. Il potere è passato di mano e con il trattato di Lisbona passerà ancor più all’Europarlamento.

VISTO DALL'AUSTRIA

Cameron allontanerà Londra dall'Europa

Un governo conservatore in Gran Bretagna provocherà una crisi in Europa e l'isolamento di Londra, prevede Die Presse, nella sua analisi delle disastrose conseguenze del probabile arrivo di David Cameron al numero 10 di Downing Street. I tories hanno infatti "già diviso il Parlamento europeo", preferendo gli euroscettici cechi e polacchi ai conservatori europei, constata il quotidiano viennese. Anche in Consiglio "soffierà un vento diverso", poiché Cameron punta al "rafforzamento degli stati", rendendo quindi i compromessi con gli inglesi "difficili, se non impossibili". Allo stesso modo, sarebbe utopico pensare a una regolamentazione dei mercati finanziari. Per tutti questi motivi un alto responsabile dell'Ue confida al giornale austriaco di aspettarsi sul medio periodo un isolamento del Regno Unito, con la sola eccezione del settore della sicurezza, "perché nulla può essere fatto in questo campo senza Londra". Die Presse osserva anche che "se i tories riuscissero a convincere il presidente ceco Vaclav Klaus a rinviare la firma del trattato di Lisbona fino al 2010, esso sarebbe spacciato". Infatti Cameron, una volta al governo, potrebbe organizzare un referendum e il trattato sarebbe definitivamente sepolto.

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