Durante la prima ondata di contaminazioni che ha colpito il continente nel gennaio 2020, i più giovani (bambini e adolescenti) sono stati rapidamente identificati come i principali, spesso asintomatici, vettori della malattia. Questo legame tra i giovani e la diffusione del virus ha portato, in una volontà di sicurezza generale, alla chiusura massiccia delle scuole. Nella maggior parte dei Paesi l’anno scolastico è ripreso solamente alla porte dell’estate e, contemporaneamente i messaggi di avvertimento e di cautela in direzione di adolescenti e giovani adulti sono stati ripetuti costantemente negli ultimi mesi.
Tra coloro che non hanno smesso, dall’inizio della crisi sanitaria. di cercare di mettere in riga i giovani dall'inizio c’è la Spagna. La campagna , #EstoNoEsUnJuego (questo non è un gioco), lanciata all’inizio del mese di settembre dal Ministero della Salute, è stata diffusa in tutto il Paese e il video che la presenta ha fatto il giro dei social network (specialmente su TikTok). Il target è chiaro: i giovani tra i 15 e i 25 anni.
Ma la penisola iberica non è un caso isolato nell’indicare i giovani come i principali responsabili della ripresa della Pandemia. Ad inizio settembre Matt Hancock, segretario di Stato alla Salute e alla Protezione sociale nel Regno Unito, invitato al programma Newsbeat ha chiesto, senza peli sulla lingua, alla gioventù britannica di non “uccidere i propri nonni” ('Don’t kill your gran’).
Capri espiatori
Stessa cosa in Germania: il ministro della salute, Dilek Kalayci, a diverse riprese si è scagliato contro i giovani tedeschi, accusandoli di riunirsi per divertirsi e fare feste, oppure stigmatizzando altre attività legate alla loro età.
I giovani europei sono davvero responsabili della diffusione del virus? Veramente prendono volontariamente tutta una serie di rischi nel loro quotidiano, senza interessarsi al benessere o alla salute dei loro anziani? Stanno veramente violando le misure prese dai governi, come la maggioranza dei leader politici sostiene?
In un podcast diffuso lo scorso 27 ottobre sulla radio internazionale tedesca Deutsche Welle, Marcus Spittler, ricercatore presso il Centro di ricerca in Scienze sociali WZB (Wissenschaftszentrum Berlin für Sozialforschung) e specialista dei comportamenti dei giovani ha commentato i risultati di una ricerca dell’Istituto internazionale di sondaggi YouGov. Realizzata lo scorso settembre in collaborazione con la Fondazione TUI questa inchiesta racconta le attitudini e i comportamenti di 1011 giovani tedeschi di fronte alla pandemia di Covid19.
I giovani europei sono davvero responsabili della diffusione del virus? Veramente prendono volontariamente tutta una serie di rischi nel loro quotidiano, senza interessarsi al benessere o alla salute dei loro anziani?
I risultati dell’analisi vanno in direzione opposta ai pregiudizi diffusi, seppur così presenti nell'opinione pubblica, in Germania.
Il campione, compreso tra i 16-26 anni, nell’83 per cento dei casi ha dichiarato di rispettare "totalmente o in gran parte" le misure adottate dal governo, compresi i gesti di barriera. Solo il 2% ha detto di ignorare completamente le raccomandazioni. Tra i giovani intervistati che rispettano le regole, l'89% ha dichiarato di applicare misure per proteggere gli altri e il 79% per proteggere la propria salute.
Lungi dall'essere i principali responsabili della pandemia, i giovani europei sono soprattutto tra i grandi perdenti della crisi sanitaria. Secondo un rapporto pubblicato dal dipartimento Scienza e Conoscenza della Commissione europea la scorsa primavera, ben 58 milioni di alunni europei delle scuole primarie e secondarie sono stati privati dell'istruzione “dal vivo” per diverse settimane.
Fin dalla prima ondata sono stati implementati metodi di insegnamento a distanza, quasi ovunque in Europa. Questi nuovi metodi si sono rivelati complicati sotto diversi punti di vista, per la difficoltà di adattamento del sistema e del personale dell’educazione: tra i rischi maggiori per i bambini e studenti, figura l’abbandono scolastico.
Abbandono scolastico, precarietà
Secondo uno studio pubblicato nel giugno del 2020 dall’Ocse, dal 5 all’8% dei bambini francesi sono “persi”, ovvero gli insegnanti non sono stati in gradi di seguirli nel loro percorso formativo. In Germania il 37 per cento degli insegnanti dice di aver perso contatto con quasi la metà dei propri studenti (dati di un’inchiesta della Fondation Robert Bosch dell’aprile 2020).
Diversi fattori possono spiegare questo processo di abbandono scolastico: problemi tecnologici dovuti a materiale non adeguato, o a una connessione insufficiente o inesistente; abitazioni dove è impossibile isolarsi e ottenere condizioni favorevoli all’apprendimento. Un altro punto è stato evidenziato per spiegare le difficoltà legate alla formazione a distanza: la scarsità di accesso, o una conoscenza inadeguata rispetto agli strumenti o alle possibilità del digitale in tanti giovani, in diversi paesi Ue (Italia, Francia, Portogallo e Germania in particolare).
Se guardiamo agli studenti universitari, il quadro non è più confortante. Se le istituzioni hanno continuato a fornire corsi e tutorial a distanza, sono proprio questi giovani adulti ad essere tra le prime vittime delle conseguenze economiche della crisi sanitaria, come è evidente da questo grafico sviluppato dall'OCSE e da questa infografica basata su dati Eurostat:
Dipendenti soprattutto nei settori professionali più colpiti dalla pandemia (turismo, ristorazione, alberghi), i giovani europei hanno visto scomparire i loro redditi da un giorno all'altro, senza che i governi abbiano garantito aiuti.
L'immagine di una gioventù spensierata ed egoista non può che venir rimessa in causa di fronte a queste cifre, che suggeriscono che la vita quotidiana degli europei nati negli anni 2000 non ha di fronte a sé un orizzonte roseo.
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