Da est a ovest

Pubblicato il 17 Luglio 2009 alle 22:39

Simboli, simboli. Il 14 luglio l'ex premier polacco Jerzy Buzek è diventato il primo presidente del Parlamento europeo proveniente da un paese dell'ex blocco sovietico. Un evento che trasforma in realtà le speranze nate trent'anni fa nei cantieri navali polacchi, ha gioito Gazeta Wyborcza. Ma, nota il quotidiano di Varsavia, "i membri più anziani dell'Unione giudicheranno dal suo comportamento se i nuovi entrati sono già abbastanza europei e se la pensano come loro".

Due giorni dopo, due ex presidenti polacchi – Lech Walesa e Aleksander Kwasniewski – un ex presidente ceco – Václav Havel – e altre personalità della regione hanno pubblicato una lettera aperta a Barack Obama. "Non dimenticarti di noi e non lasciarci soli davanti a Mosca", è il succo del messaggio, che rinnova il sostegno al progetto dello scudo antimissile statunitense in Europa orientale, approvato senza consultare l'Ue. Come se questi uomini e donne che hanno simboleggiato il percorso dei loro paesi verso la democrazia e l'Unione europea pensassero che Bruxelles e le capitali dell'Europa occidentale non condividano le loro preoccupazioni.

Vecchia Europa, nuova Europa. La distinzione tracciata dall'ex ministro della difesa statunitense Donald Rumsfeld continua a stare in piedi. Per cui ci si ritrova a sognare un'Europa in cui la nomina di un polacco a un posto chiave dell'Unione non susciti alcuna dietrologia. E che Praga, Parigi, Londra e Berlino vedano il mondo in termini abbastanza simili da non dare l'impressione che solo gli Stati Uniti sono capaci di prendere iniziative.

Dal momento che Javier Solana, capo di un'embrionale diplomazia europea, ha annunciato il suo ritiro, sarebbe forse il caso di cercare un sostituto capace di parlare a nome di tutti, da est a ovest.

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