Analisi Voices of Europe 2024 | Grecia

L’Europa che si nasconde dietro il voto greco

Negli ultimi anni la politica greca è stata dominata dalla destra di Nuova democrazia. Ma alla vigilia delle elezioni europee ci sono tre grandi questioni, legate in qualche modo all’Europa, che possono minacciare la supremazia del partito del primo ministro Kyriakos Mītsotakīs.

Pubblicato il 10 Aprile 2024 alle 21:03

Nei cinque anni trascorsi dalle ultime elezioni europee, i 27 paesi dell’Ue hanno vissuto tre traumi consecutivi e legati tra loro: la pandemia di Covid-19, la crisi energetica e l’invasione russa dell’Ucraina, diventata ormai una guerra prolungata nel cuore del continente. Le tre crisi hanno suscitato una risposta collettiva europea di portata mai vista. 

A prescindere dal giudizio sulla loro efficacia, è innegabile che queste misure abbiano portato la politica comunitaria nella quotidianità dei cittadini, seppur con enormi differenze e non sempre con conseguenze positive. I vaccini, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, l’acquisto comune di gas naturale liquefatto, i sussidi per l’elettricità e gli investimenti per la fornitura di armi all’Ucraina sono i segnali più evidenti di una tendenza che ha introdotto il concetto di “più Europa” nella vita di 450 milioni di persone. 

Tuttavia alcuni aspetti di questo approccio hanno generato nuove crisi e soprattutto hanno messo in avanti le contraddizioni istituzionali intrinseche dell’Unione europea. Nessuna delle misure innovative con cui l’Europa ha risposto alle tre grandi crisi degli ultimi cinque anni sarebbe stata possibile senza l’attivazione della Clausola di salvaguardia generale, lo strumento che ha permesso di allentare per un periodo di quattro anni la “camicia di forza” del patto di stabilità (che prevede, tra le altre cose, limiti precisi alla crescita della spesa).

Considerando tutti questi fattori, si potrebbe pensare che la maggior parte dei cittadini europei, tra cui i greci, il 9 giugno voterà basandosi su criteri puramente europei. E invece, ancora una volta, non sarà così, almeno in Grecia. 

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Anche se nei programmi dei partiti che si contenderanno il voto dei 9 milioni di elettori greci (o, meglio, della metà di questi nove milioni, dato che l’affluenza prevista è del 50 per cento) ci sono diversi accenni alla politica europea, la verità è che le elezioni si decideranno sui temi della politica interna.


Alla vigilia del voto, le dinamiche politiche sembrano del tutto slegate dalle questioni europee, ma è interessante che le difficoltà del partito di governo sono alimentate da tre vicende che invece hanno assunto una chiara dimensione europea


Per Nuova democrazia (Nd), il partito di destra guidato dal primo ministro Kyriakos Mitsotakis, si tratterà del primo banco di prova dopo il doppio trionfo elettorale di maggio e giugno 2023 che, oltre a sancire il dominio politico del suo partito, ha provocato una serie di spaccature nei ranghi dell’opposizione, soprattuto a sinistra. 

Il tracollo di Syriza, che fino all’estate del 2023 era il partito di sinistra più solido in Europa (anche grazie all’esperienza di governo tra il 2015 e il 2019), ha partorito tre formazioni che oggi si sfidano per conquistare il voto progressista: la stessa Syriza, con il nuovo leader Stefanos Kasselakis; la Nuova sinistra e, infine, il nuovo partito ambientalista Cosmos, guidato dall’eurodeputato Petros Kokkalis. I socialisti del Pasok, un tempo forza dominante del centrosinistra, stanno cercando di strappare il secondo posto a Syriza, mentre il partito comunista (Kke) punta ad accaparrarsi gran parte del voto antieuropeo. 

All’estrema destra la competizione sembra favorire la formazione più reazionaria, Soluzione greca.

In sostanza le elezioni europee di giugno faranno capire ai greci se il dominio di Mitsotakis sarà interrotto e se il previsto arretramento di Nuova democrazia favorirà la destra o la sinistra.

Alla vigilia del voto, insomma, le dinamiche politiche sembrano del tutto slegate dalle questioni europee, ma è interessante notare che le difficoltà del partito di governo sono alimentate da tre vicende che invece hanno assunto una chiara dimensione europea.

La prima riguarda lo scandalo delle intercettazioni di diversi giornalisti e oppositori politici di Mitsotakis attraverso il software illegale Predator, una vicenda venuta alla luce anche grazie al lavoro del nostro giornale, Efimerida ton Syntakton. L’episodio segna l’apice di una serie di abusi compiuti dal governo, che hanno spinto il Parlamento Ue ad approvare una risoluzione che mette sullo stesso piano la Grecia e l’Ungheria di Viktor Orbán

Secondo le valutazioni delle istituzioni europee e di diverse ong, in Grecia la libertà di stampa è sempre più a rischio: succede sempre più spesso che alcuni funzionari del governo intentino cause strategiche contro i giornalisti semplicemente per metterli a tacere o attaccarli sul piano economico. Stando alle analisi del Parlamento Ue, il rapido deterioramento dell’immagine della democrazia greca è coinciso con i cinque anni del governo di Mitsotakis. Resta da capire quale impatto avrà tutto questo sul voto degli elettori.

La seconda vicenda riguarda il “crimine di Tempe”, il tragico incidente ferroviario che nel marzo del 2023 ha provocato la morte di 57 persone (soprattutto giovani), suscitando la rabbia e l’indignazione dell’opinione pubblica. Dalla dinamica dell’incidente si è capito che per anni il governo aveva gestito in modo del tutto scriteriato gli ingenti fondi, europei e nazionali, destinati alla modernizzazione della rete ferroviaria, mantenendola in condizioni arretrate e pericolose per i passeggeri.

Mentre il governo e la maggioranza parlamentare cercavano in ogni modo di nascondere le proprie responsabilità, la Procura europea ha aperto un procedimento contro i vertici delle ferrovie per lo scandaloso ritardo nell’implementazione dei contratti per l’ammodernamento delle infrastrutture (finanziati anche da fondi europei), che avrebbero senz’altro impedito una collisione frontale tra due treni, inimmaginabile per gli standard europei odierni. 

Infine, c’è da considerare la rivolta del settore agricolo, che negli ultimi anni ha votato in massa per Nuova democrazia. Il malcontento, che si ritrova anche in altri paesi europei, riguarda una delle questioni più importanti per Bruxelles, cioè la Politica agricola comune (Pac) e il suo rapporto con il Green deal europeo. Ma per quanto le proteste degli agricoltori greci (e di altri paesi) abbiano spaventato i vertici di Bruxelles, non è chiaro se il governo di Atene (come gli altri governi europei) sia disposto a rinegoziare gli aspetti più discussi della nuova Pac per accogliere le richieste degli agricoltori. 

In ogni caso, ormai è chiaro a tutti che gli agricoltori rappresentano un bacino elettorale imprevedibile, impaziente, diffidente e instabile.

Traduzione a cura di Internazionale
Questo articolo fa parte del progetto Voices of Europe 2024, che coinvolge 27 mezzi d’informazione in tutta Europa, coordinati da Voxeurop.

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