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Rabbia, identità e paura pesano nel voto romeno

Quest’anno i romeni voteranno per le elezioni legislative, presidenziali, amministrative ed europee. I partiti tradizionali tengono, ma l’elettorato ha voglia di cambiamento. E a guadagnarci potrebbero essere le due formazioni di estrema destra, Aur e Sos Romania.

Pubblicato il 3 Aprile 2024 alle 13:29
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Sotto diversi aspetti le elezioni europee in Romania del 2024 si annunciano come una replica dell’ultimo voto legislativo, quello del 2020. Ci sono però alcune differenze che riguardano gli attori politici coinvolti, a cominciare da quelli che sfidano lo status quo. In assenza di un grande tema che possa catalizzare l’attenzione dei romeni, la campagna elettorale è plasmata dalla rabbia e dalla paura, ma anche da un pizzico di speranza. Per comprendere meglio la situazione, ricapitoliamo brevemente quello che è successo nel paese negli ultimi quattro anni.

Alle ultime elezioni politiche il risentimento nei confronti del governo guidato dai socialdemocratici (Psd) è stato decisivo, producendo una crescita significativa dei partiti che avevano saputo approfittarne. I liberali di centro-destra dell’Usr (Unione salvate la Romania) hanno ottenuto il 15,5 per cento dei voti, mentre l’estrema destra di Alianța pentru unitatea românilor (Alleanza per l’unità dei romeni, Aur, che in romeno vuol dire oro) è schizzata dall’1 al 9 per cento nell’arco di pochi mesi.

Così, dopo 7 anni di dominio pressoché totale, alla fine del primo anno di pandemia il Psd ha perso il potere. 

All’epoca molti hanno parlato di un “trionfo dei riformisti” e di “un’occasione per ottenere finalmente quei cambiamenti di cui il paese aveva bisogno”. Ma quello del 2020 era stato essenzialmente un voto di protesta.

Dopo un breve intermezzo al governo di 9 mesi, insieme al centrodestra del Pnl (Partito nazional-liberale) e ai moderati dell’Udmr (Unione democratica magiara di Romania, il partito della minoranza ungherese), l’Usr è uscito dall’esecutivo alla fine del 2021, quando il presidente Klaus Iohannis ha deciso di sfruttare le tensioni interne alla coalizione al potere per costringere il suo partito, il Pnl, a governare con gli avversari del Psd. Un’alleanza che contrastava palesemente con il risultato delle urne.

La mossa di Iohannis si è rivelata decisiva: l’Usr, l’unica formazione europeista che aveva promesso riforme concrete, è stata presentata come incapace di governare ed è stata relegata all’opposizione. 

A quel punto la scena era pronta per un spostamento del voto di protesta verso il “nuovo” partito antisistema: Aur, estremista e nazionalista. Da allora la forza guidata da George Simon è cresciuta costantemente, passando dal 9 per cento del 2020 al 20 per cento degli ultimi sondaggi, condotti a marzo dalla società Inscop. Oggi il partito occupa il secondo posto dietro l’alleanza Psd-Pnl, ed è seguito da Urs, che però è in caduta libera: la piccola coalizione di partiti di centrodestra di cui fa parte si attesta intorno al 13,5 per cento.

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