Opinione Festival Lectorinfabula 2022

Crisi climatica: la fine dell’umanità?

"Il giudizio universale" è il tema della 18ª edizione del festival culturale internazionale Lectorinfabula, che si tiene a Conversano (Bari) dal 19 al 24 settembre e di cui Voxeurop è, come ogni anno, partner. Per l’occasione pubblichiamo un contributo di Thierry Vissol, direttore del centro Librexpression, membro dell'organizzazione del festival e del comitato scientifico di Voxeurop.

Pubblicato il 21 Settembre 2022 alle 18:30

Per la prima volta nella sua lunga storia, l'umanità corre davvero il pericolo di estinzione a causa delle attività sconsiderate dell'homo sapiens. La paura della fine del mondo fa parte del patrimonio culturale dell'umanità, fin dalla preistoria. Da Ippocrate in poi la relazione tra gli sviluppi climatici irregolari e i conseguenti disastri per le persone e i governi è stata oggetto di analisi e riflessione. La relazione univoca tra clima e attività umane è diventata una questione politica importante, oggetto di studi e dibattiti appassionati, molto prima della rivoluzione industriale. Sono sorte due domande: i cambiamenti climatici sono stati spontanei o sono il risultato degli effetti dell'azione umana?

Da alcuni decenni studi sistematici sul clima e sulla sua storia hanno permesso di rispondere affermativamente a entrambe le domande. L'aumento medio della temperatura (+1,2°C) dalla fine della "piccola era glaciale" intorno al 1850, i cui effetti sono sempre più devastanti, non può essere negato. Naturalmente, è difficile valutare l'esatta proporzione delle cause astronomiche, che sono indiscutibili, e distinguerle da quelle antropiche. Tuttavia, è innegabile che il progresso tecnico, l'urbanizzazione, l'agricoltura intensiva e la deforestazione, abbiano sempre avuto un impatto sul clima, ma non nella misura in cui lo hanno avuto a partire dal 1950, principalmente per tre motivi.

Il primo è che, nonostante le 26 COP – Conferenze dei 197 firmatari della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNCCC) del 1992, che non ha carattere vincolante - le temperature e le emissioni di gas serra continuano ad aumentare. Nessun paese sta rispettando gli impegni di riduzione delle emissioni di gas serra al di sotto dei 2°C e, se possibile (sic!), di 1,5°C, assunti a Parigi (2015) e riaffermati a Glasgow (2022). 

Le soluzioni proposte hanno e avranno solo un effetto marginale, che si tratti di "transizione energetica", "crescita sostenibile" (comprese le auto elettriche), oppure non sono altro che greenwashing, in quanto si basano su tecnologie non ancora esistenti o di difficile attuazione e pericolose, come la "carbon neutrality", proposta per il 2050 dalle multinazionali, responsabili del 70 per cento dei gas serra. L'ultimo rapporto dell'IPCC (febbraio 2022) prevede che le temperature aumenteranno di 1,5°C entro il 2030 e, se non si interviene, potrebbero aumentare di 3,5-5°C entro il 2100.

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La seconda ragione è duplice: l'esistenza di effetti e retroazioni a cascata e l'enorme inerzia dei processi climatici. Anche se oggi si prendessero le giuste decisioni sulle emissioni di gas serra, gli effetti si farebbero sentire, nella migliore delle ipotesi, solo tra un secolo. La relazione tra l'aumento delle temperature e gli eventi meteorologici estremi non è lineare, ma esponenziale.

La terza ragione è che l'umanità ha intrapreso – a occhi chiusi – il cammino verso una società totalmente digitale e interconnessa, ancora più interdipendente di quanto non sia diventata con lo sviluppo industriale e lo sviluppo della tecnosfera. Oltre all'impatto sulle libertà individuali e sulla libertà di espressione, questa involuzione presenta, nel peggiore dei casi, un rischio estremo di collasso di questa nuova civiltà o, nel migliore dei casi, quello di una spaccatura delle società tra chi controlla e chi è controllato.

La crisi del Covid, e poi la guerra in Ucraina, ci hanno permesso di renderci conto  delle conseguenze di questa interdipendenza e iperspecializzazione, quando queste vengono interrotte dall'interruzione degli scambi commerciali e dalla disorganizzazione delle catene del valore. Gli effetti a cascata che ne derivano dovrebbero renderci cauti nel procedere verso società ancor più interdipendenti e dipendenti da un'unica tecnologia tanto pervasiva quanto fragile.

Il cyberspazio si basa su infrastrutture fisiche: server DNS, router, cavi, satelliti, ecc. Queste infrastrutture sono molto complesse, difficili da gestire e proteggere, ad alta intensità energetica (7,3 per cento delle emissioni di gas serra) e richiedono una manutenzione costante. Sono quindi suscettibili di fallimenti sistemici o di attacchi distruttivi che porterebbero al collasso totale delle nostre società.

La voracità dei sistemi economici e l'avidità sono i fattori autodistruttivi delle nostre società coercitive e saccheggiatrici. Gli effetti dell'avidità, della violenza, dell'ignoranza, del fanatismo, della miopia politica, dello sfruttamento eccessivo di tutte le risorse disponibili e della competizione tra le grandi potenze e le multinazionali per accedervi sono i presupposti di una catastrofe annunciata.

Il fisico e filosofo Jean-Pierre Dupuy pone una domanda cruciale: "Siamo solo capaci di credere a ciò che sappiamo, di prevedere questa spirale di collasso e di agire per porvi fine? Una domanda alla quale, allo stato attuale delle cose, la risposta è ovviamente negativa. E Dupuy conclude: "L’infelicità è il nostro destino, ma un destino che è tale solo perché gli uomini non riconoscono le conseguenze delle loro azioni.

Anche quest'anno Voxeurop collabora con il festival culturale internazionale Lectorinfabula, che si svolge a Conversano (BA) dal 19 al 24 settembre.
Tra le altre cose organizziamo una tavola rontonda sulle conseguenze della guerra in Ucraina per l'Europa, con la scrittrice ucraina Kateryna Mischenko, il poeta bosniaco Faruk Sehic, la scrittrice estone Maarja Kangro e il giornalista svedese Carl Henrik Fredriksson. Animazione Marina Laovic (RaiNews24), in italiano e inglese. 👉 Iscriviti qui.

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