La maschera di Beppe Grillo insieme a quelle di altri leader politici al carnevale di Viareggio, il 10 febbraio scorso

Grillo-Berlusconi, la maggioranza antieuro

A pochi giorni dalle elezioni del 24 e 25 febbraio i giornali italiani continuano a ignorare il Movimento 5 stelle, anche se l’ex comico e il Cavaliere insieme hanno quasi il 50 per cento dei voti.

Pubblicato il 18 Febbraio 2013 alle 16:40
La maschera di Beppe Grillo insieme a quelle di altri leader politici al carnevale di Viareggio, il 10 febbraio scorso

Faceva impressione la discrasia tra il glam degli studi televisivi, dove una pimpante Daria Bignardi regalava finalmente un po’ di effervescenza alla campagna elettorale di Mario Monti che però sembrava davvero un alieno. Non sa usare Twitter, non sa cosa siano le cinquanta sfumature, dribbla come fosse Garrincha la questione delle unioni civili, ignora di fatto Sanremo. È costretto a balbettare qualcosa, ricorrendo - su suggerimento del guru americano - alla moglie, quando la Bignardi gli piazza un cagnetto in braccio. Immagine che è piaciuta tanto alle star di Twitter (ancora stamattina si parla solo di quello, con battute che vanno dal “Yes we cane” all’hashtag #chiamailcanedimonti). Molto pittoresco, avrebbe commentato la vecchietta interpretata da Montesano, ma tutto questo molto difficilmente sposterà un voto.

Nello stesso momento bastava collegarsi al sito di Beppe Grillo per scoprire che nello stesso momento il leader politico genovese (ormai ex comico) arringava la folla a Marghera. Dopo aver riempito piazza Delle Erbe a Padova (le foto sono impressionanti, tutte le foto dello Tsunami Tour lo sono), è il turno di Marghera. Gente comune, avrebbe detto Robert Redford, che elencava i problemi e le angosce del vivere quotidiano. Il lavoro, gli asili nido, la maternità, le difficoltà dei piccoli imprenditori. Imbacuccati, col cappello e i cappotti, erano lì, al freddo, in tantissimi, di sera e di pomeriggio, ad ascoltare Grillo e ad alternarsi sul palco.

Di questo non c’è traccia sui giornali. Ed è preoccupante, oltre che grave. Sta accadendo qualcosa in Italia. Che sia giusto o sia sbagliato se ne può discutere, ci mancherebbe. Ma è un fenomeno ben più che rilevante. Il M5s nei sondaggi è accreditato almeno del 17%, una cifra che in Italia hanno superato solo pochissimi partiti: la Dc, il Pci, il Pd, Forza Italia e quindi il Pdl. Non ci è arrivato Craxi con la sua onda lunga, se lo sognava il 17%; non l’ha nemmeno presa in considerazione la Lega, figuriamoci Alleanza nazionale. Per Grillo adesso è una cifra alla portata.

“Apriremo il Parlamento come una scatola di tonno”, dice, urla. E la piazza si infiamma. “È finito il tempo della rappresentanza, non ci crediamo più. Faremo saltare il banco. Se non è adesso, sarà tra un anno. Ma è solo una questione di tempo. E comunque possiamo farcela anche ora”. Non si ferma mai Grillo. “Populisti? Sì, siamo populisti, fateglielo sentire”, e la folla esclama ad alta voce “po-pu-li-sti”.

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Lo tsunami tour richiama a una politica che noi definiamo vecchio stile, ma che poi è quella che anche un certo Barack Obama - che Twitter lo sa usare, eccome, e che le Cinquanta sfumature di sicuro le conosce se non le ha finanche lette - ha praticato. Perché, è ovvio, senza andare nelle piazze non esisti, non sei credibile. Negli Stati Uniti d’America, come abbiamo scritto, sarebbe impensabile.

Grillo nei suoi comizi cita spesso troupe televisive straniere che sono venute a seguirlo. Da tutto il mondo. Danesi come canadesi. Perché il giornalismo è racconto, descrizione, oltre ad analisi e interpretazione. Se uno straniero oggi aprisse Repubblica e Corriere non saprebbe nulla di quel che sta avvenendo in questa campagna elettorale. Non riuscirebbe a farsi un’idea del pensiero e dello stato d’animo degli italiani, della duplice inquietudine che pervade il Paese. Quella di chi andrà a mettere la ics sul M5s e quella di chi al solo pensiero rabbrividisce.

I media che si autodefiniscono autorevoli trattano Grillo alla stregua di un piccolo dittatore. Il Movimento fa notizia solo quando qualcuno si ribella al capo, quando c’è da scrivere del guru Casaleggio. Come se tutte quelle persone, quegli italiani che al freddo riempiono le piazze nei giorni feriali fossero cittadini di serie B, lobotomizzati. Ci si può interrogare sul perché un comico stia riscuotendo tanto successo. Anzi sarebbe un dovere dell’informazione. Di certo non lo si può ignorare. Se non altro per rispetto ai principi e alla passione che ci hanno condotto a scegliere questo mestiere.

Non è vero, come sembra leggendo i quotidiani, che in Italia si dibatte se Bersani debba o meno abbandonare Vendola. Del resto, basta dare una scorsa ai sondaggi. L’ultimo dell’Swg al Senato, di ieri, dà la coalizione del centrosinistra al 34,3% (col Pd al 29,6), la coalizione di Monti (compresa l’Udc!) all’11,5%: in teoria Monti e i suoi corrono il rischio di non superare lo sbarramento del 10. Insieme, fanno il 45. La stessa cifra che avrete sommando il 28,7% del centrodestra (col Pdl al 19) e il 17,5 di Grillo (accreditato alla Camera del 18). Anzi, se proprio vogliamo stare ai numeri, secondo la Swg oggi l’ipotetico e irrealizzabile tandem Grillo-Berlusconi (46,2) ha più consenso nel Paese di quello Bersani-Monti (45,8), l’unico di cui parlano i quotidiani.

Cioè, per esser chiari, se ipoteticamente Grillo e Berlusconi dovessero stringere un’alleanza, sarebbe arduo per il capo dello Stato non offrire l’incarico di formare il Governo a uno dei due.

Numeri da brividi e scenari fantasiosi. Ma i numeri sono quelli. E non sono solo numeri. Sono teste. Cuori. Persone. Famiglie. Questa è la fotografia. Ci sono due Italie. Una che per brevità potremmo definire europeista, se volete responabile, credibile, che però ancora cincischia e si attarda in liti e discussioni inutili. Un’altra che è difficile da sintetizzare. Perché Grillo e Berlusconi non sono la stessa cosa, anche se qualche punto in comune ce l’hanno.

Pensiamoci e pensateci. In una stanza, gli italiani che votano Bersani o Monti si equivalgono a quelli che voteranno Grillo o Berlusconi. E siamo ancora a diciassette giorni dal voto. Questa è la realtà. Prendiamone atto. Sta avvenendo qualcosa in Italia. Qualcosa di forte. Di intenso. E non è il cagnolino di Monti. Avvisate le tweet-star. E magari anche i leader politici che ancora possono rimediare.

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