Un autobus Karosa SD11. Foto: blog.galerie-autobusu.cz

I cechi alla scoperta del mondo

Nel 1989, dopo la caduta del comunismo, dalla Cecoslovacchia cominciarono a partire i bus alla conquista delle città europee e dei loro centri commerciali. Ven'anni dopo, Lidové Noviny ricorda quell'epoca avventurosa.

Pubblicato il 16 Luglio 2009 alle 15:34
Un autobus Karosa SD11. Foto: blog.galerie-autobusu.cz

Le piazze delle città risuonavano ancora dei tintinnii delle chiavi dei manifestanti. Pezzi di filo spinato, che erano stati solennemente tagliati, ondeggiavano ancora alla frontiera. Alle frontiere con l'occidente che i compagni del partito avevano appena aperto si allineavano già file di autobus pieni di curiosi. Vent'anni fa siamo partiti alla scoperta di un mondo che fino ad allora conoscevamo solo attraverso le fotografie.

Alla frontiera, durante i primi anni del “turismo libero”, si è potuto assistere a scene memorabili. Viaggiatori che masticavano una fettina di maiale impanata, nell'oscurità, in mezzo ai gas di scarico, e guardavano con la coda dell'occhio altri viaggiatori più fortunati, a cui l'agenzia di viaggio era riuscita a trovare un autobus Mercedes, per quanto vecchio. “Come si sta comodi in un Mercedes, eh!”, si sentiva spesso. Ma anche: “La penultima settimana era un alimentari ambulante. Ho messo il mio zaino sotto il sedile e adesso puzza che appesta”.

Ciò non toglie che questa libertà di viaggiare all'estero costituisse un lusso incredibile. Qualche mese più tardi un'intera famiglia doveva darsi il cambio in una coda interminabile, davanti all'agenzia di viaggio Čedok, per poter sperare, armandosi di pazienza e parecchia fortuna, di godersi un soggiorno turistico come “Nebbie a nord dei mulini olandesi”: la metà di un anno di salario. Ormai i posti strettissimi del Karosa (una marca d'autobus) o i venti centimetri di spazio disponibile per le gambe di un Mercedes erano un affare trascurabile, paragonato alla necessità di elemosinare le “condizioni di uscita dal territorio” e l'“erogazione di valute straniere”. Gli uffici rilasciavano il passaporto in ventiquattr'ore. Gli interrogatori umilianti di arroganti doganieri 18enni armate di mitra appartenevano al passato. Il vento era cambiato. Dopo anni deliziosi di ozio, passati a guardare una frontiera impenetrabile, adesso erano i doganieri a sudare.

Telefoni a tasti e detersivi profumati

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Con la stessa rapidità con cui hanno imparato a viaggiare, i cechi hanno imparato anche a vendere viaggi turistici. Nel 1990 la Repubblica Ceca contava seimila agenzie di viaggio; durante gli anni novanta ne sono nate altre cinquemila. Subito dopo la Rivoluzione ci fu una prima ondata di viaggi, classificabili in due categorie. Il primo era nello stile “L'Europa in quattro giorni”. Volevamo, in un tempo il più breve possibile, conoscere tutto quello che ci era sfuggito per cinquant'anni. Venivamo svegliati nel cuore della notte dalla voce della nostra guida turistica: “Eccoci arrivati in Svizzera. Alla vostra sinistra potete vedere le luci della città di Sion”.

Il secondo tipo di viaggi aveva per destinazione Venezia, Vienna, Monaco e le altre grandi città raggiungibili in autobus. I turisti avevano così l'occasione di vedere da vicino la cattedrale di Santo Stefano a Vienna o piazza San Marco a Venezia. Ma spesso non si prendevano il tempo di fermarsi. Il loro vero obiettivo erano i centri commerciali o i mercati con le merci più care. Gironzolavano nella Shopping City Süd di Vienna, con gli occhi spalancati, spingendo i loro carrelli che avrebbero abbandonato due ore dopo, vuoti, rispondendo agli sguardi perplessi delle cassiere con un'alzata di spalle. Che cosa abbiamo comprato qui? “Nichts”, niente. C'era anche la Mexiko Platz, dove si potevano comprare un pacchetto di caffè da tre chili, un telefono cinese a tasti, soda in lattina e detersivi che non solo lavavano, ma profumavano!

A cominciare dall'estate 1990 siamo partiti alla scoperta di altri territori ancora inesplorati. La Bulgaria era ancora la destinazione preferita dei cechi, ma già la cittadina di Bibione in Italia, la Costa Brava in Spagna e le coste greche cominciavano a guadagnare favori.

Pochi anni dopo l'entusiasmo degli inizi crollò. Nel 1997 l'agenzia di viaggio Travela fallì. Si mescolò allora alle impressioni inebrianti delle vacanze l'incertezza tra rientrare o restare bloccati in aeroporto. I croati, sempre sorridenti, cominciarono a lamentarsi di questi cechi mangiatori di pasticcio e, nei supermercati austriaci, le scritte “Parliamo ceco” lasciarono il posto ad altre, meno accoglienti: “Cechi, non rubate!”.

Per fortuna le compagnie aeree low cost sono venute in nostro soccorso, permettendoci di rivedere rapidamente al ribasso il budget delle nostre vacanze. Ci siamo anche resi conto che il prezzo del pane è più o meno lo stesso in tutto il mondo e che la verdura fresca è più saporita delle minestre in bustina. Ci sono ancora agenzie di viaggio che a volte falliscono ma, poiché sottoscrivono un'assicurazione obbligatoria, il rischio di dover prolungare le vacanze di una quindicina di giorni è diminuito. Se si paragona la situazione di oggi a quella di vent'anni fa, si può dire che se c'è avventura durante un viaggio è solo perché ce la siamo andati a cercare.

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