Dati alla mano Aumento dei prezzi

I paesi europei di fronte all’aumento dell’inflazione

Quali misure vengono prese in Europa per combattere l’aumento dell’inflazione? Se la media dell’Eurozona è intorno al 7,5 per cento, in alcuni paesi si arriva al 12. Aiuti ai nuclei familiari più vulnerabili, riduzione delle tasse, regolamentazione dei prezzi… L’analisi del mensile francese Alternatives Economiques.

Pubblicato il 15 Giugno 2022 alle 14:25

Ridurre le tasse sul carburante, distribuire sussidi ai più precari, regolamentare i prezzi…. come si può combattere l'inflazione? Nell'Unione europea nessun governo può più ignorare il problema, soprattutto perché a marzo i prezzi sono aumentati del 7,8 per cento su base annua. Alcuni Paesi sono maggiormente colpiti rispetto ad altri. I Paesi Bassi devono far fronte a un'inflazione di quasi il 12 per cento, la Spagna e la Slovacchia di circa il 10 per cento, mentre l'Italia e la Grecia si avvicinano alla media dell'eurozona (7,5 per cento) e la Francia e la Finlandia sono leggermente al di sotto (rispettivamente al 5,1 per cento e al 5,6 per cento).

In Francia, da novembre il governo ha introdotto diverse misure per preservare il potere d'acquisto delle famiglie. Il prezzo del gas e dell'elettricità è stato bloccato dallo scudo tariffario, un'indennità per l'inflazione di 100 euro è stata versata a tutti coloro con un reddito inferiore a 2.000 euro netti al mese e un buono energia di 100 euro è stato distribuito ai francesi con un reddito più modesto. Dal 1° aprile è entrato in vigore anche un sconto al distributore di 15 centesimi di euro al litro. Altri paesi hanno utilizzato a loro volta le stesse misure?

Le tre misure messe in atto

“Le misure non sono mai identiche da un paese all’altro, poiché i governi si confrontano con un contesto nazionale. Ma possiamo individuare tre principali tipi di politiche che sono state avviate in Europa dall'autunno del 2021 e più assiduamente dallo scoppio della guerra in Ucraina: aiuti ai più vulnerabili, sgravi fiscali temporanei o sconti sul prezzo del carburante e, in misura minore, la regolamentazione dei prezzi", descrive Nadia Gharbi, economista di Pictet Wealth Management.

Secondo l'Istituto Bruegel, che ha esaminato tutte le risposte nazionali all'inflazione, tutti i Paesi europei, tranne Bulgaria e Ungheria, hanno messo in atto misure per aiutare i più vulnerabili. Naturalmente, la tipologia e l'entità di questi bonifici sono diversi. In Belgio, alcune persone hanno avuto diritto a un voucher energetico di 80 euro (i nuclei familiari con un reddito annuo fino a 19.800 euro, più 3.600 euro per ogni persona in più nel nucleo familiare), nella Repubblica Ceca due prestazioni sociali minime sono state aumentate del 10 per cento, la Grecia ha pagato un assegno di 200 euro ai pensionati con una pensione minima e, per fare solo alcuni esempi, in Lituania è stato introdotto un pagamento da 15 a 20 euro al mese per 150.000 famiglie più vulnerabili fino alla fine del 2022.

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Gli strumenti di politica economica sono talvolta integrati tra loro. In Portogallo, ad esempio, le famiglie più modeste sono state esentate da due tasse per ridurre le bollette dell'elettricità. Cipro aveva adottato la stessa strategia a novembre, riducendo per sei mesi l'aliquota IVA dal 19 per cento al 5 per cento sulla bolletta elettrica delle persone più in difficoltà.

Tuttavia, la maggior parte degli sgravi fiscali decisi dalle capitali europee - sull'elettricità, sul carburante o su entrambi - non si sono rivolti soltanto ad una certa fascia della popolazione, ma sono andati a beneficio dell'intero Paese, a prescindere dal livello di reddito. "Il vantaggio di un taglio delle tasse è che è immediatamente visibile ai consumatori. Tuttavia, è costoso e non si rivolge esclusivamente alle famiglie più modeste", spiega Nadia Gharbi. “I trasferimenti di denaro, a differenza degli sgravi fiscali, non riducono il prezzo dei beni, ma hanno il vantaggio di rivolgersi alle famiglie più precarie.”

La terza misura messa in atto è la regolamentazione dei prezzi. La Francia lo ha fatto con lo scudo tariffario. Anche Estonia e Romania, tra gli altri, hanno scelto questa opzione, decidendo di congelare i prezzi dell'elettricità e del gas rispettivamente a gennaio e a marzo. Spagna e Portogallo hanno fatto un ulteriore passo avanti per sottrarre il prezzo dell'elettricità ai meccanismi di mercato che lo facevano salire.

A causa delle loro scarse interconnessioni elettriche con il resto del continente europeo, alla fine di aprile Madrid e Lisbona hanno ottenuto dalle istituzioni europee il permesso di uscire dal meccanismo europeo di determinazione dei prezzi. In base a questo meccanismo, il prezzo dell'elettricità nel continente è calcolato sulla base del costo di produzione dell'ultimo megawatt orario immesso sulla rete per soddisfare la domanda. Nella fattispecie si tratta del prezzo del gas che spesso viene utilizzato per sostenere altre fonti di elettricità (nucleare, rinnovabili) durante i picchi di consumo.

"Il prezzo del gas, quintuplicato dall'estate scorsa [in tutta la penisola iberica ndr], ha portato a un aumento generale del prezzo delle bollette di elettricità in Spagna", sottolinea Ticiano Brunello, economista responsabile di Spagna e Portogallo presso Crédit Agricole. Il prezzo di un megawatt all’ora di gas sulle reti spagnole e portoghesi è stato fissato a 40 euro per le prime settimane di applicazione del piano e dovrà essere progressivamente aumentato a 50 euro. "Il risultato di questo meccanismo (...) si traduce in un prezzo medio giornaliero per un megawatt all’ora di elettricità di circa 130 euro o 140 euro", spiega l'economista, un prezzo notevolmente inferiore ai 283 euro del mercato iberico.

Tassazione gli extraprofitti

Circostanze eccezionali richiedono misure eccezionali. L'aumento dell'inflazione ha anche aperto un dibattito sulla tassazione degli utili delle aziende, e più in particolare delle aziende energetiche, che attualmente beneficiano degli elevati prezzi dei loro prodotti, al punto da realizzare profitti in eccesso stimati dall'Agenzia internazionale dell'energia a oltre 200 miliardi di euro a livello mondiale nel 2022. L'istituzione raccomanda ai governi di prendere in considerazione un aumento delle tasse su questi profitti imprevisti. In Europa, solo l'Italia e la Romania hanno finora compiuto questo passo. Roma ha adottato a marzo una tassa del 10 per cento sugli extraprofitti e ha aumentato l'aliquota al 25 per cento con un decreto pubblicato a maggio. Bucarest, da parte sua, ha annunciato nell'ottobre 2021 che avrebbe tassato all'80 per cento il reddito dei produttori di energia elettrica derivante dalla vendita di un megawatt orario superiore a 91 euro.

I Paesi europei al di fuori dell'Eurozona hanno le proprie banche centrali e quindi non sono sotto il controllo della Banca Centrale europea (BCE), il che dà loro un'ulteriore risorsa nazionale per gestire l'inflazione: i tassi di interesse. I tassi fissati dalle rispettive banche centrali determinano il prezzo al quale le banche prestano alle altre banche del Paese e quindi, indirettamente, il prezzo al quale le banche commerciali accetteranno di concedere prestiti alle famiglie e alle aziende del Paese. L'aumento dei tassi rallenta l'attività economica, mentre la loro riduzione la stimola. La BCE lo scorso 9 giugno ha annunciato che avrebbe aumentato i suoi tassi. 

Ma alcuni Paesi al di fuori della zona euro hanno già fatto il grande passo. È il caso della Polonia, ad esempio. In questo Paese, dove la maggior parte dei mutui per l'acquisto di abitazioni è a tasso variabile, la decisione della banca centrale rischia di pesare sui bilanci delle famiglie. Anche l'Ungheria, la Svezia e la Repubblica Ceca hanno recentemente deciso di aumentare i propri tassi di interesse.

Uno strumento efficace? Non è sicuro. "L'inflazione che stiamo vivendo non è di natura monetaria e quindi non ha una soluzione monetaria", afferma Olivier Passet, direttore della ricerca di Xerfi. "Per combattere alla radice l'inflazione contemporanea è necessario intervenire sulla struttura dell'offerta (...). Ciò significa sostegno all'isolamento termico, alla conversione elettrica dei trasporti e dell'industria, alla produzione di energia a basse emissioni di carbonio (...), alle infrastrutture per lo stoccaggio di materiali strategici, all'esplorazione mineraria, all'agricoltura, ecc.". Sarebbe quindi nell'interesse delle banche centrali mantenere bassi i tassi di interesse in modo che i governi possano spendere il più possibile per realizzare tutte queste trasformazioni che ridurranno gli squilibri tra domanda e offerta in alcuni settori e il conseguente aumento dei prezzi.

Nuove misure in arrivo

Il pacchetto di strumenti dei governi europei è destinato a crescere nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. "L'Italia e la Spagna, tra gli altri, stanno spingendo per un'azione europea congiunta per la creazione di scorte strategiche [di gas, ndr] e per l'acquisto congiunto di gas naturale. Altri, come l'Ungheria e la Repubblica Ceca, vogliono riesaminare il mercato del carbonio. E la Francia vuole cambiare le regole per la determinazione del prezzo dell'elettricità a livello europeo", ricordano Giovanni Sgaravatti, Simone Tagliapietra e Georg Zachmann dell'Istituto Bruegel.

Finora, tutte le misure di lotta all'inflazione erano rivolte principalmente ai prezzi dell'energia. Tuttavia, la guerra in Ucraina sta imponendo nuove misure, soprattutto nel settore agricolo. La Spagna, ad esempio, ha permesso ai supermercati di limitare il numero di prodotti acquistati da un consumatore per garantire la disponibilità per tutti. La Grecia ha ridotto dal 13 al 6 per cento  l'aliquota IVA sui fertilizzanti, di cui la Russia è uno dei principali esportatori.

Progressivamente dovrebbero essere coinvolti anche altri settori. "Quando i prezzi dell'energia rimangono elevati per troppo tempo, ciò finisce per riflettersi sui costi di produzione delle aziende, e quindi sui loro prezzi", spiega Nadia Gharbi. Questo significa che le misure di riduzione delle imposte o di regolamentazione dei prezzi sono destinate a diffondersi? Queste misure non possono rimanere le uniche messe in atto di fronte all'inflazione, perché non curano la radice della malattia. Ciò è dovuto a un contesto geopolitico che rischia di essere perturbato in modo permanente dalla guerra in Ucraina, alle dipendenze create dalla globalizzazione del commercio, ai grandi cambiamenti in corso e a quelli futuri nelle nostre economie, obbligate a rinunciare ai combustibili fossili e ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Da qui il paradosso evidenziato da Jonathan Marie e Virginie Monvoisin, dell’associazione francese Les Économistes Atterrés (Gli economisti sgomenti, ndt): "Se l'inflazione è indicativa di una significativa disfunzione economica, la priorità della politica economica non dovrebbe essere la lotta all'inflazione".


Combattere l'inflazione, anche a costo di dimenticare il clima?

Con la riduzione delle tasse sul carburante, la diminuzione delle tariffe di pagamento dei pedaggi e altri provvedimenti, non si corre il rischio che certe misure anti-inflazionistiche vadano a scapito della transizione ecologica? È possibile conciliare le due battaglie? "Proteggere le famiglie vulnerabili [dall'inflazione, ndr] è essenziale, ma è importante che le misure corrispondenti (...) non riducano gli incentivi allo sviluppo dell'energia pulita", insisteva già ad ottobre Laurence Boone, capo economista dell'OCSE. Alcuni esempi in Europa aiutano a conciliare questo duplice imperativo. In Germania, il governo federale ha annunciato l'introduzione di un abbonamento mensile per il trasporto pubblico regionale a 9 euro per tre mesi. La Svezia ha recentemente aumentato gli aiuti per l'acquisto di un veicolo elettrico. La Romania offre sussidi alle famiglie più povere per l'acquisto di apparecchiature ad alta efficienza energetica. E poiché l'energia più economica è sempre quella che non si consuma, l'Italia ha limitato l'aria condizionata a 25 gradi negli esercizi pubblici.

👉 Articolo originale su Alternatives Economiques
In collaborazione con European Data Journalism Network

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